La Giunta di Palazzo Tursi ha approvato le controdeduzioni alle osservazioni presentate al progetto preliminare di Puc, ora la discussione nelle Commissioni e poi nei primi mesi del 2015 la votazione in aula. Rimangono tuttavia aspetti contradditori per quanto riguarda la salvaguardia del territorio. Necessario che la pianificazione locale sia realmente integrata con i piani di bacino
L’ultima fase di discussione sul nuovo Puc (Piano urbanistico comunale), che andrà in scena prossimamente nelle aule del consiglio di Palazzo Tursi, è anche l’ultima occasione per porre al centro del dibattito sul futuro assetto del territorio l’attenzione prioritaria agli aspetti idraulici ed idrogeologici. Scopo della pianificazione locale, infatti, dovrebbe essere quello di ridurre il livello di rischio della popolazione, tramite la messa in sicurezza dell’abitato esistente, proposte di delocalizzazione di abitazioni ed altri fabbricati dalle aree considerate pericolose, il coerente adeguamento alle norme di salvaguardia dettate dalla pianificazione di bacino. Eppure – come rimarcato più volte dal Dipartimento Ambiente della Regione Liguria nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica (“Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente naturale”, introdotta nella Comunità europea dalla Direttiva 2001/42/CE – detta Direttiva Vas) – le scelte urbanistiche alla base del progetto di Puc del Comune di Genova non contemplano sufficienti riflessioni in tal senso, anche per quanto riguarda gli effetti negativi conseguenti a nuove impermeabilizzazioni del suolo nelle zone in cui, pur non vigendo un vincolo di inedificabilità, susssite già un pesante carico insediativo.
La Giunta di Palazzo Tursi lunedì 6 ottobre ha approvato le controdeduzioni alle osservazioni presentate al progetto preliminare di Puc negli anni e nei mesi scorsi. «Adesso si aprirà il confronto all’interno delle commissioni consiliari – spiega Enrico Pignone, consigliere comunale di maggioranza (Lista Doria) – che porterà all’approvazione del progetto definitivo da parte del Consiglio comunale. L’obiettivo era chiudere il Puc definitivo entro l’anno, ma probabilmente sarà necessario arrivare ai primi giorni del 2015».
Ma facciamo un passo indietro. La Regione aveva chiesto al Comune di adeguare il Piano urbanistico alla Vas (Valutazione Ambientale Strategica), in pratica ponendo all’amministrazione comunale una serie di prescrizioni. «Qualche mese fa si è sviluppato un proficuo dibattito tra sensibilità diverse – sottolinea Pignone – Grazie all’ascolto delle istanze della cittadinanza, espresse in sede di commissione da una rete di comitati e associazioni, a parer mio abbiamo raggiunto buoni risultati in merito ad una maggiore attenzione all’ambiente, alla difesa del suolo, al rischio idrogeologico».
Il 4 marzo scorso il Consiglio comunale ha approvato la delibera di indirizzo modificata per ottemperare alle richieste avanzate dalla Regione attraverso la Vas. «Avremmo desiderato delle modifiche più incisive, capaci di condizionare in modo chiaro e definitivo lo sviluppo di Genova dei prossimi anni nel senso della messa in sicurezza del territorio, della salute dei cittadini, della valorizzazione delle aree agricole come risorsa pregiata per il rilancio del lavoro e di produzioni locali di qualità – così commentava allora la rete genovese del movimento “Salviamo il paesaggio” – Apprezziamo il cambiamento di consapevolezza che ha accompagnato il dibattito, così come la disponibilità del Consiglio a confrontarsi con il Coordinamento di reti e comitati contro il consumo di suolo sui contenuti puntuali degli emendamenti. Li avremmo voluti più coraggiosi, pur riconoscendo che alcune richieste sono state recepite. Vigileremo territorio per territorio perché i principi apparentemente condivisi non vengano traditi»
Con deliberazione n. 689 del 6 giugno la Giunta regionale ligure, però, ha sottolineato di “non ritenere atto di ottemperanza al parere motivato di Vas sul progetto preliminare del Puc di Genova” il documento “verifiche/ottemperanze” del Comune, delibera del Consiglio comunale n. 6 del 4 marzo scorso, di fatto rinviando all’approvazione definitiva del Puc anche il suo verdetto di ottemperanza alla Vas.
Come spiega l’architetto e urbanista Giovanni Spalla «Ogni volta che si redige un piano/programma che prevede la trasformazione del territorio occorre valutare i possibili effetti sull’ambiente (inteso l’insieme di vari elementi quali suolo, sottosuolo, corsi d’acqua, ed altri fattori di rischio) diretta conseguenza degli interventi previsti, cercando di eliminare tali rapporti di causa-effetto, e predisponendo misure di attenuazione degli impatti contemplati. La Regione non ha ancora dato il suo via libera al Puc proprio perchè lo considera reticente su questi aspetti».
Il consigliere Pignone, tuttavia, precisa «La Vas regionale è stata interpretata da più parti come una “bocciatura” del Comune. In realtà si tratta di un processo circolare che dovrebbe servire a migliorare, con il contributo di differenti competenze, l’analisi di un territorio ai fini della pianificazione. Il problema è che la redazione di Puc e Vas doveva procedere in parallelo, invece è stato realizzato prima il preliminare di Puc e solo successivamente è partito il procedimento Vas. In questi ultimi mesi gli uffici comunali della Direzione Urbanistica si sono mossi per adeguare il piano alle modifiche da noi apportate in seguito alla Vas, quindi con un aggiornamento puntuale di documenti e mappe. Ora si aprirà di nuovo il dibattito in commissione. Poi la Regione darà il suo parere, e noi in Consiglio andremo a configurare il piano definitivo pezzo per pezzo».
Ma la pianificazione comunale – domandiamo all’urbanista Spalla – è lo strumento consono per ipotizzare interventi quali demolizioni e delocalizzazioni di manufatti ubicati in aree a rischio? «Sicuramente mettere in sicurezza è una delle prerogative del piano regolatore. All’interno del quale si può prevedere la demolizione di un edificio, l’eventuale ricostruzione da un’altra parte, oppure la sua sostituzione con spazi verdi. Il Puc potrebbe specificare nel dettaglio come intervenire attraverso dei piani particolareggiati. Ad esempio per la zona del Fereggiano, dove si sono commessi dei veri e propri crimini, sono presenti edifici nel letto del torrente, e si è costruito tutto intorno, comprese le coperture del corso d’acqua con annessi parcheggi. Il Puc lo può fare, indicando demolizioni ed eventuali ricostruzioni, predisponendo anche norme cautelative a protezione del patrimonio edilizio attiguo alle aree di intervento». E poi prevedendo la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua «Iniziando finalmente a “stappare” i torrenti genovesi – continua Spalla – La rinaturalizzazione sarà l’azione di risanamento ambientale più importante nei prossimi anni. Ebbene, nel Puc di Genova non c’è nulla di tutto ciò. Spiace dirlo, ma la concezione di sviluppo del Sindaco Doria e della sua Giunta, purtroppo, sembra essere la stessa delle amministrazioni precedenti».
Il piano urbanistico, insomma, non si concentra abbastanza sull’obiettivo di diminuire la popolazione esposta a rischio, in primis attraverso la demolizione delle costruzioni che tuttoggi insistono sui greti dei torrenti. D’altronde, l’unica azione concreta in tal senso è rappresentata dal recente abbattimento del palazzo di via Giotto, le cui fondamenta da mezzo secolo poggiavano tranquillamente nell’alveo del Chiaravagna, demolizione eseguita soltanto dopo l’alluvione di Sestri Ponente del 2010.
Secondo Spalla non bisogna mai dimenticare che la pianificazione locale deve integrarsi puntualmente con la pianificazione di bacino: «I piani di bacino, che hanno una loro autonomia, sono prevalenti sui piani regolatori. Se il piano di bacino afferma che un’area è esondabile, il piano urbanistico ne deve tenere conto. Pensiamo all’ex mercato di Corso Sardegna, che si trova esattamente sull’area inondabile dal Bisagno. Qui addirittura erano previsti dei box sotterranei (poi cancellati dopo l’alluvione del 2011, nda). Adesso si prevede di realizzare un piazzale asfaltato, tramite la distruzione della recinzione storica dell’ex mercato. Insomma, nuovo cemento, nuova impermeabilizzazione, invece di risistemare il suolo trasformandolo a verde».
Altro nodo intricato è la prevista trasformazione in funzione residenziale della rimessa Amt della Foce, progetto non attuabile secondo i livelli di rischio evidenziati dal piano di bacino. «Se il Puc di Genova fosse veramente integrato con la pianificazione di bacino queste contraddizioni non esisterebbero – conclude l’architetto Giovanni Spalla – Il Puc semplicemente nomina i piani di pacino, sottolineandone il loro valore prevalente. Ma una reale integrazione significa che se un edificio è considerato incompatibile dal piano di bacino, allora il piano urbanistico ne deve prevedere l’eliminazione».
Le criticità sopracitate sono le medesime evidenziate dalla Regione nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica del progetto preliminare del Puc: “… l’approccio adottato per la definizione della struttura del Puc, che assume dai piani di bacino il solo quadro vincolistico, e non utilizza il quadro delle propensioni d’uso del territorio definito dagli studi geologici allegati al piano per la definizione delle scelte urbanistiche, non è condivisibile. Tali strumenti, dovrebbero infatti, più propriamente, “essere integrati” come elemento fondativo delle scelte urbanistiche […] Tra le scelte strategiche proposte non compaiono effettivi interventi di messa in sicurezza dell’abitato in aree caratterizzate da alti livelli di pericolosità, o proposte di rilocazione di elementi a rischio in aree più sicure. […] è opportuno che il Puc preveda l’assunzione di tutte le misure per ridurre il rischio per la pubblica incolumità, da promuovere anche attraverso incentivi e da attivare prioritariamente per le strutture altamente vulnerabili, come, ad esempio, i locali interrati. […] è necessario almeno stabilire modalità costruttive compatibili con la condizione di inondabilità (assenza di volumi interrati, limitazioni di utilizzo del piano terra)”.
Per il consigliere comunale Pignone il Puc di Genova rappresenta un tassello della strategia complessiva di mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico da attuare su scala regionale. «Per delocalizzare case o attività commerciali occorrono adeguate risorse economiche. A livello europeo c’è la possibilità di accedere a fondi destinati a tali azioni. Ma ancor prima va superato un deficit culturale. Oggi quasi nessuno è disponibile a ragionare seriamente su questi aspetti. La politica, e quindi tutti gli strumenti tecnici come i piani urbanistici, hanno accumulato pesanti ritardi nell’approccio al problema. Stesso discorso vale per la demolizione degli edifici ubicati nei letti dei torrenti. Parliamo di interventi già previsti nella pianificazione di bacino. Nonostante ciò ci sono voluti vent’anni per abbattere il palazzo di via Giotto a Sestri Ponente. E la situazione è effettivamente migliorata, anche se rimangono altri edifici che insistono sul Chiaravagna».
Matteo Quadrone