Il primo progetto è stato bocciato dal Tar ma attualmente il procedimento è pendente al Consiglio di Stato; la nuova soluzione progettuale prevede un intervento meno invasivo
Una scuola abbandonata a se stessa per un quarto di secolo, giace sul fondo di una valletta nel quartiere di Sturla, in attesa di un intervento di riqualificazione in grado di recuperare un’area immersa nel verde, stretta tra diversi palazzi edificati a partire da metà degli anni ’50.
Stiamo parlando dell’ex scuola elementare Collodi di via Marras civico n. 32, con accesso dall’omonima creuza, ma ben visibile da via Sibilla Mertens, oggi strada privata, un tempo antico ponte che collegava via Sturla (già denominata “Route Imperiale” Napoleonica nel 1820 circa) con quella che era una zona di aperta campagna caratterizzata dalla presenza di ville (tra le quali Villa Bernabò Brea che diede il nome al futuro quartiere), case signorili e terreni coltivati.
LA STORIA
Nel 1950-52, all’epoca del sindaco Gelasio Adamoli, il Comune di Genova decise di costruire, in questa porzione di territorio, un complesso di case popolari. Il nuovo quartiere INA-Casa Bernabò Brea sorse tra il 1950 e il ’53 – su progetto urbanistico di Luigi Carlo Daneri, citato quale scuola di architettura – in un contesto tranquillo, circondato da vialetti, creuze e spazi verdi che si mantenne tale fino a quando la successiva cementificazione, con il conseguente aumento di automobili circolanti, lo deturpò irrimediabilmente.
Il 23/05/ 1956 l’amministrazione comunale allo scopo di dotare il nuovo quartiere di un edificio scolastico, come recita l’atto ufficiale, acquistò dal privato proprietario un terreno attiguo, quello dove attualmente si trova l’ex scuola Collodi.
La scuola, luminosa e dotata di un bel giardino, ha svolto al meglio la sua funzione per circa una trentina d’anni, dai primi anni ’60 a metà anni ‘80, poi è stata dismessa e lasciata degradare senza una spiegazione plausibile.
Purtroppo la nostra città è piena di ex aree industriali o produttive, rimaste buchi neri per decine e decine di anni, ma in questo caso si tratta di un edificio scolastico pubblico che ancora avrebbe potuto essere utilizzato a questo fine, vista anche la carenza di spazi in alcune scuole genovesi, oppure, al limite, adibito ad un’altra tipologia di servizi per il quartiere.
In questo senso alcuni tentativi sono stati fatti ma senza successo. Il problema principale è rappresentato dalla critica mobilità della zona. La scuola, infatti, ha un accesso pedonale dalla creuza di via Marras mentre l’unico accesso carrabile è da viale Bernabò Brea.
In seguito l’amministrazione, quale soluzione definitiva, decise di mettere in vendita il sito che fu acquisito prima da Spim, società per la promozione del patrimonio immobiliare partecipata al 100% dal Comune di Genova, poi da Tono Due (appartenente al 100% alla capogruppo Spim), con il compito di valorizzarlo.
La proprietà viene messa all’asta il 29/06/2007: la base di partenza è 1 milione e 400 mila euro. Nel 2008 viene aggiudicata alla società Selfimm S.p.A. per 3 milioni e 650 mila euro.
IL PRIMO PROGETTO CONTESTATO DAI RESIDENTI
La Selfimm nello stesso anno (2008) presenta un progetto che prevede la demolizione dell’ex scuola Collodi e la successiva ricostruzione di un edificio residenziale con 13 appartamenti collocati sopra a 76 box, cosiddetti interrati, distribuiti su tre piani.
I proponenti partono dal presupposto che per costruire la scuola sia stata alterata la quota di livello. In altri termini, disconoscono la storica presenza di un avvallamento (confermato dalle fotografie d’epoca che mostriamo in queste pagine) delimitato da via Marras a nord e via Sibilla Mertens a sud.
Nell’800 la zona era aperta campagna e nel fondovalle si coltivava la terra. Inoltre in carte napoleoniche è stata accertata la presenza di un rivo, il Rio Saietto (che diede il nome a tutti i vicoli di via alla Costa di Serretto), che scorreva attraverso i terreni e probabilmente, ancora oggi, si nasconde nelle viscere dell’avvallamento (anticamente chiamato “Fosse de Saietto”).
Il progetto della Selfimm contempla il totale riempimento della valle, al fine di ripristinare la presunta quota di livello originaria. Una colata di cemento che sarebbe giunta all’altezza del ponte di via Sibilla Mertens, inglobando i box interrati, mentre al di sopra di essi avrebbero trovato spazio i nuovi appartamenti. Se l’intervento venisse portato a compimento, gli abitanti di via Marras e viale Bernabò Brea, si troverebbero di fronte un muraglione alto 25 metri.
Per quanto riguarda il problema della viabilità, i proponenti ipotizzano un ingresso carrabile da via Mertens. Tra l’altro la licenza a costruire è subordinata al permesso di accesso che dovrebbe essere concesso dai privati. Parliamo di una via stretta e poco agevole che non potrebbe reggere l’urto del passaggio quotidiano di decine di automobili.
E così la Selfimm per superare queste criticità acquista da Arte (Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia) una porzione di terreno all’angolo tra via Sturla e viale Bernabò Brea (confinante con i civici n. 25 e 27 di quest’ultima) e progetta una rampa asfaltata dall’impatto devastante, una sorta di tunnel che dovrebbe passare sotto la creuza di via Marras per sbucare in una curva di via Sturla.
Il Progetto è il numero 3602/2008 con permesso di costruire n. 792/2009 rilasciato dal Comune di Genova il 9/11/2009.
I proponenti dunque ottengono tutte le autorizzazioni e, come recita il cartello ancora appeso all’ingresso della scuola, la data di inizio lavori è il 28 giugno 2010. Giusto il tempo di entrare nell’area di cantiere perché l’operazione, dopo pochi mesi, viene bloccata.
Alcuni residenti, infatti, considerano l’intervento troppo invasivo e presentano ricorso al Tar della Liguria. Il Tribunale Amministrativo Regionale dà loro ragione con la sentenza numero 11704 del 31/12/2010. La licenza a costruire decade per effetto della decisione del Tar, il quale ha evidenziato alcuni vizi di forma che hanno accelerato la concessione dei permessi. Inoltre la sentenza del Tar ha annullato la Norma speciale (53) del PUC (Piano Urbanistico Comunale) vigente che recita «Area posta in fregio a via Marras: sull’area indicata con apposito perimetro nella cartografia del PUC., foglio n. 45, sono confermate le superfici, le destinazioni d’uso, il dimensionamento e la configurazione planivolumetrica della nuova costruzione di cui al progetto n. 3602/2008, così come approvato con il permesso di costruire n. 792/2009, che assume pertanto valore di disciplina urbanistica di riferimento». La predetta sentenza è stata impugnata dai proponenti ed attualmente il procedimento è pendente al Consiglio di Stato.
IL NUOVO PROGETTO MENO INVASIVO
Nelle more del procedimento la società Selfimm ha presentato un nuovo progetto. Una sorta di “piano B”, nel caso il controricorso al Consiglio di Stato non dovesse andare a buon fine.
L’attuale progetto prevede la demolizione dell’ex edificio scolastico – realizzato in pannelli prefabbricati che potrebbero contenere fibre d’amianto, di conseguenza le operazioni di smantellamento dovrebbero prevedere le opportune cautele – e la ricostruzione di un edificio residenziale a 5 piani con 4 appartamenti ciascuno (per un totale di 20) che si sviluppa, in parte, al di sopra di un’autorimessa interrata monopiano (per 20 box) che insiste su un sedime di maggiori dimensioni. L’intervento è conforme al Piano Casa ed in questa area è ammessa la sostituzione edilizia prevedente un aumento volumetrico del 35%.
Quindi nuove residenze ma un numero limitato di posti auto e soprattutto un progetto che nel complesso appare ridimensionato e decisamente meno impattante, senza l’inquietante “riempimento” della valle. Tuttavia, l’altezza dell’edificio dovrebbe superare di circa due piani la quota del ponte di via Sibilla Mertens e permarrebbe il nodo della viabilità, comunque di difficile risoluzione.
L’area interessata dalla trasformazione si trova al confine tra i municipi Medio-Levante e Levante. Per questo entrambi gli enti sono stati chiamati a fornire un parere, per altro non vincolante, in merito al nuovo progetto e agli oneri di urbanizzazione.
«Una riqualificazione è necessaria – spiega Paola Borghini consigliere (Federazione della Sinistra) del Municipio Levante – Oggi questo luogo è completamente abbandonato a se stesso e non può essere lasciato in tali condizioni. Il precedente progetto, però, era troppo invasivo ed il Tar ha accolto il ricorso presentato da alcuni cittadini. Il nuovo intervento, invece, appare accettabile e probabilmente incontrerà minori contestazioni da parte dei residenti».
Detto ciò, aggiunge Borghini «Ai fini di una maggiore tutela, sarebbe utile condizionare il parere favorevole dei municipi alla certezza che il primo progetto sia stato definitivamente accantonato da parte della società proponente, perché, in caso di accoglimento dell’appello proposto, il soggetto attuatore potrebbe riconsiderare la prima ipotesi progettuale».
Per quanto riguarda gli oneri di urbanizzazione che dovrebbero ricadere sul territorio, ancora non si conosce l’importo a disposizione e sono in campo due ipotesi: la realizzazione di alcuni orti urbani in una fascia verde oggi degradata e la sistemazione di un tratto stradale.
Ma occorre non dimenticare, come sottolineano alcuni abitanti, che il primo progetto è ancora vivo, “congelato” in attesa della risoluzione del contenzioso legale. Dietro l’angolo, dunque, permane il rischio di una beffa, nel malaugurato caso il Consiglio di Stato dovesse ribaltare la sentenza del Tar e concedere il via libera all’intervento tanto contestato.
Matteo Quadrone