Un labirinto di regole e norme che complicano la vita a chi cerca ma anche a chi offre lavoro
E poi dicono che siamo un Paese dove la flessibilità non è ancora un concetto entrato a pieno titolo nella mente dei lavoratori e delle imprese.
Sono ben 46 i contratti diversi che permettono l’accesso al mondo del lavoro. Così emerge da una ricerca condotta da ItaliaOggi e dall’ufficio studi della Cgil.
Numerose modalità di rapporti di lavoro, un labirinto di regole e norme che complicano la vita a chi cerca ma anche a chi offre lavoro.
6 tipologie di rapporti part-time, da quello orizzontale (riduzione dell’orario organizzata su tutti i giorni), a quello verticale (riduzione orario organizzata su alcuni giorni della settimana/mese), passando per il misto (entrambe le modalità). Ma in sostanza poco cambia perchè si tratta sempre di un rapporto di lavoro a tempo parziale.
Lo stesso vale per il contratto di lavoro a chiamata indicato in 5 tipi: che preveda o meno l’obbligo di dare risposta alla chiamata, che sia a tempo determinato o indeterminato. Ma in tutti i casi resta un rapporto in cui la prestazione lavorativa ci sarà esclusivamente se il datore di lavoro effettuerà la chiamata.
E nella medesima situazione ci troviamo nel caso dei contratti di apprendistato (3 percorsi), per i co.co.co. (3 tipi), per i tirocini (4 forme).
Invece per quanto riguarda le tipologie di prestazioni lavorative i numeri sono decisamente inferiori e le principali sono: subordinato, parasubordinato, autonomo, rapporti speciali (voucher, tirocini, stage).
Il risultato è un’eccessiva flessibilità in entrata che consente – o meglio dovrebbe consentire – maggiori opportunità d’impiego di manodopera, per il tempo e quantità necessari, senza obbligare al tradizionale rapporto di lavoro.
I lavoratori italiani ormai hanno abbandonato il sogno del posto fisso ma purtroppo, almeno fino ad oggi, non sono stati ricambiati con la possibilità di trovare più velocemente un nuovo impiego.
Matteo Quadrone