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Cornigliano, ospedale a Villa Bombrini: i dubbi del Movimento Difesa del Cittadino

Innanzitutto c'è il problema del terreno fortemente inquinato dall'Ilva durante tanti anni di lavoro; e poi l'inquinamento dell'aria in una zona, a due passi dal parco e dalla villa, soggetta a forte traffico veicolare


11 Giugno 2012Notizie

Il progetto del mega ospedale a Villa Bombrini, quartiere Cornigliano, un’opera finalizzata a migliorare l’offerta sanitaria in zone come quelle del Ponente e della Val Polcevera, private nel corso degli anni di numerosi presidi ospedalieri, fa discutere cittadini e associazioni, in particolare in merito alla collocazione prevista a Villa Bombrini.

A sollevare alcuni dubbi è il Movimento Difesa del Cittadino che spiega «Certamente la zona strategica tra Ponente genovese, Val Polcevera e Sampierdarena sarebbe l’ideale considerando la chiusura di ospedali molto vicini alla popolazione, specie nel ponente genovese. Stesso discorso per la Val Polcevera, tenendo conto anche dei comuni extraurbani, oltre la valle».
Ma il MDC si domanda se la sede di Villa Bombrini «È proprio così “ideale” da altri punti di vista?». Innanzitutto c’è «La questione dell’inquinamento: del terreno che non è stato disinquinato (o almeno non in modo adeguato); dell’aria a causa delle polveri da traffico (e non solo); da rumore del traffico e, soprattutto, dall’industria (laminatoio ILVA); e, forse, da un mega depuratore».

«Ci risulta che il terreno (e la stessa villa) sia stato fortemente inquinato dall’acciaieria durante tanti anni di lavoro – sottolinea il Movimento Difesa del Cittadino – Si è affermato che sotto quel terreno sono state sotterrate tonnellate di scorie ed altro materiale dovuto alle lavorazioni. E’ vero? Se è vero, e si sostiene che il terreno contaminato non sia stato rimosso, se non superficialmente, come si può pensare di mettere lì un ospedale? Non è che spalmando cemento e asfalto si blocca il danno fatto negli anni precedenti. Del resto, il terreno ed il verde dovranno rimanere per buona parte».

E poi c’è il problema legato al traffico veicolare, proprio a due passi dal parco e dalla villa «Possibile che non influisca sull’inquinamento dell’aria, sulla respirazione dei cittadini e sui polmoni dei malati? Ed ora sorgerà un’altra strada parallela a via Cornigliano. Bene per lo smaltimento del traffico di Cornigliano, ma è possibile considerarla zona acustica n. 5? Zona costruita, “inventata”, perché era stata dimenticata. Si trattava di inserire una zona “cuscinetto” tra la zona acustica 6 (caratteristica per la presenza di industrie fortemente inquinanti con decibel 65, al massimo anche di notte per il ciclo continuo delle lavorazioni) e la zona 4 di Cornigliano (zona mista, con presenza di abitazioni civili vicino ad industrie rumorose (e non solo). Per ben che vada Cornigliano potrebbe diventare zona acustica 3. E un ospedale deve essere in una zona acustica n.1.».
Se a tutto questo si aggiunge il mega depuratore «Previsto in quella zona per prendere gli scarichi delle zone circostanti, guardando l’esperienza degli altri depuratori, si può pensare che non incida sull’ambiente e l’eventuale ospedale?».

Il dubbio principale, dunque, riguarda la collocazione nei pressi di Villa Bombrini, villa di pregio inserita nel territorio produttivo dell’ILVA, oggi nella parte dismessa, pare in via di bonifica.
«Qui sta per essere costruita una bretella stradale, atta a sgravare il carico viabilistico, spesso parossistico di Via Cornigliano – sottolinea l’architetto Paolo Gastaldo – Un’opera importante, ma foriera di maggiore quantità di CO2, benzene e polveri fini, in un luogo che dovrebbe essere rivalutato dal punto di vista urbanistico, inserendo, se mai, la riqualificazione della villa Bombrini come verde urbano per “ossigenare” una zona gravata da decenni di polveri di lavorazione siderurgica».

Il secondo dubbio chiama in causa costi e tempi di realizzazione di un simile ospedale perché, in tempi di crisi «Sarebbe meglio, se mai, razionalizzare e strutturare l’offerta sanitaria, già in essere sul territorio – spiega Gastaldo – anche a fronte dell’invecchiamento della popolazione, come screening preventivo e supporto delle urgenze, nelle strutture già esistenti come Sampierdarena, Sestri Ponente, Voltri, Bolzaneto che verrebbero chiuse o vendute tramite cartolarizzazione».
E l’architetto ricorda le polemiche e le opposizioni al nuovo Galliera «Un progetto che prevedeva il parziale sventramento del parco, box interrati e persino, pare, una galleria con negozi. Tendenze architettoniche qui importate direttamente dagli USA, ove esiste il concept del “COMMERCIAL HOSPITAL”, mega strutture private detenute da compagnie d’assicurazione ultra potenti, tanto da bloccare ed inceppare le volontà del presidente Obama circa una riforma sanitaria sul modello europeo. In queste strutture USA vengono costruiti modernissimi complessi avveniristici con parcheggi multipiano sotterranei e persino gallerie con negozi, ristoranti e servizi di ogni tipo».

Ma siamo in Italia e, nonostante la carenza di liquidità pubblica, la sanità deve rimanere pubblica «Pertanto, anche se a qualcuno attrae l’onda americanizzante del “COMMERCIAL HOSPITAL”, è meglio preservare e razionalizzare i presidi territoriali esistenti – continua l’architetto Gastaldo – Del resto, l’ Italia è piena zeppa di mega super ospedali non finiti! Come quello di Agrigento, ad esempio, realizzato, inaugurato e poi chiuso perché costruito con cemento depotenziato! La politica è usata nel nostro paese a livello elettoralistico per vendere agli elettori il “nuovismo”. Che poi va ad alimentare super costi di progettazione, iter burocratici e, spessissimo, mancanza di trasparenza nel conferimento degli appalti, i quali causano l’ aumento dei costi. C’è la crisi, ed allora si propone la razionalizzazione, spendendo su nuove strutture che durano anni ed anni di cantierizzazione, costano centinaia di milioni e poi, come a Napoli, è successo che, ad opera conclusa, non ci sono più le risorse per far partire un ospedale. E questo è pagato dai contribuenti, crea danno ambientale come consumo del suolo, satura ambienti preziosi, da destinare ad altri scopi».
Quando si parla di “super appalti” «La storia ci insegna a diffidare e a rifletterci sopra – conclude Gastaldo – preferendo strade meno costose ed impattanti, semplicemente suggerendo di razionalizzare l’esistente, operazione sicuramente meno onerosa che dare seguito ad un super appalto, come il nuovo ospedale del ponente».

 

Matteo Quadrone


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