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Campagna contro i caccia F-35: i dati del Ministero non sono trasparenti

In audizione alla Commissione Difesa i rappresentanti di “Taglia le ali alle armi” chiedono un’indagine conoscitiva sul programma d'acquisto dei caccia F35


8 Marzo 2012Notizie

 

Caccia f35Un’indagine conoscitiva delle competenti Commissioni parlamentari per stabilire i reali costi – e la consistenza dei problemi tecnici del velivolo – relativi alla partecipazione italiana al progetto Joint Strike Fighter per il caccia d’attacco F-35. E’ quanto hanno chiesto Martedì 6 marzo alla Camera dei Deputati, in un’audizione presso la IV Commissione Difesa, il portavoce di Sbilanciamoci! e di Rete Italiana per il Disarmo, tra le organizzazioni promotrici della mobilitazione “Taglia le ali alle armi” insieme alla Tavola della Pace.

«Dopo le recenti comunicazioni del Ministero della Difesa che sostengono che il costo di acquisto sarà molto minore rispetto a quanto dicono i dati ufficiali USA – afferma Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – crediamo che non sia opportuno che il Parlamento e il Governo procedano ad una scelta sul caccia F-35 basandosi su dati e numeri poco chiari e non dettagliati».

«Tutte le analisi effettuate da “Taglia le ali alle armi!” (consegnate alla Commissione e disponibili sul sito della Campagna www.disarmo.org/nof35) ci portano ad un costo del prossimo lotto (quello di cui l’Italia dovrebbe acquistare tre esemplari nel corso del 2012) di almeno 140 milioni di euro ad aereo – scrive in una nota la Rete italiana per il Disarmo – Quantomeno tale cifra é il costo ricavabile dai dati statunitensi recentemente pubblicati».

«Non ci sembra quindi possibile, e lo abbiamo sottolineato nell’incontro con i Parlamentari, credere fino a dimostrazione contraria agli 80 milioni citati in audizione sia dal Ministro Di Paola che dal Segretario Generale della Difesa De Bertolis – conclude Vignarca – nemmeno prendendo in considerazione il solo costo di produzione avionica (il cosiddetto “flyaway cost”)».

«La Campagna ha inoltre illustrato alla Commissione, in una riunione che ha visto una buona partecipazione di deputati e diversi interventi e domande, i veri dati sull’impatto industriale ed occupazionale che il JSF porterà nel nostro paese – continua la nota – questi ultimi risultano essere assai minori (sia in termini di posti di lavoro che di lavorazioni e tecnologie trasferite) rispetto a quanto prospettato dalla Difesa. Anche per questo occorre prendersi un periodo di ulteriore approfondimento e chiedere l’esplicitazione dei documenti e contratti ufficiali».

«Senza considerare quanto potremmo fare investendo questi soldi in altri comparti della spesa pubblica – ha aggiunto alla discussione Giulio Marcon portavoce di Sbilanciamoci! – che potrebbe trarre un grosso beneficio economico e colmare lacune sociali importanti utilizzando in altra maniera gli almeno 10 miliardi (circa 1 all’anno con le previsioni attuali) di costo di acquisto dei caccia».

«Un costo che sarà poi da moltiplicare per tre se si considera tutta la vita e tutta la gestione degli aerei», sottolinea la Rete italiana per il Disarmo.

«Noi non siamo venuti qui solo come esponenti del mondo del disarmo e della Pace – conclude Marcon – ma anche come rappresentanti dei contribuenti che non vedono di buon occhio questa enorme spesa per un programma aeronautico che ha inoltre dimostrato le proprie debolezze tecnologiche ed economiche. Siamo consci che si debba realizzare una politica di difesa per l’Italia, solo ci domandiamo perché debba essere prevalentemente militare e non possa invece essere costruita sulla tutela della vita dei cittadini italiani»

«Anche per il nostro ruolo internazionale nei conflitti l’investimento sugli F-35 appare spropositato e insensato», ribadisce il comunicato. «Per fare interposizione in aeree di conflitto e ricostruzione non servono certo i cacciabombardieri”, conclude il coordinatore della Rete Disarmo, Francesco Vignarca.


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