Per avviare la riqualificazione i proprietari - privati e Comune - devono donare la Torre al Fondo Ambiente Italiano. Il problema è che finora la disponibilità è stata espressa solo a parole
Un gioiello del centro storico che in altre realtà sarebbe valorizzato a dovere, nella nostra città rimane colpevolmente escluso dai circuiti turistici nonostante esista, ormai da anni, un ambizioso progetto di riqualificazione. Parliamo dell’ultima torre medioevale di Genova, Torre degli Embriaci che sovrasta la chiesa di Santa Maria di Castello dall’alto dei suoi 43 metri, costruita a metà del XII secolo, avrebbe tutte le carte in regola per diventare un simbolo della città, invece, da lungo tempo, è abbandonata al suo destino. Eppure sarebbe sufficiente un’adeguata ristrutturazione per restituire questo patrimonio comune ai cittadini genovesi e consentire ai visitatori foresti l’opportunità di ammirare la città vecchia dalla sommità dell’edifico.
«La costruzione della torre è legata al nome del celebre Guglielmo Embriaco che, assieme alla flotta di Primo di Castello, si distinse nella conquista cristiana di Gerusalemme del 1099 – spiega il sito www.fosca.unige.it (fonti per la storia della critica d’arte) – Originariamente identificato come domus con torre della famiglia Embriaci, il palazzo venne ceduto ai Cattaneo (1514) quando il ceppo originario, mitico erede delle imprese crociate, non aveva più l’autorevolezza di Guglielmo Embriaci conquistatore di Gerusalemme. Nel 1583 fu acquistato da Giulio Sale che lo ristrutturò due anni dopo, secondo i canoni contemporanei (rolli del 1588/2 e 1599/3). Dopo il 1607 il palazzo passò a Gio. Francesco Brignole I (doge nel 1635 – 1637) che vi apportò le trasformazioni leggibili nella fisionomia attuale. Oltre ad una quadratura esterna, di cui rimangono pochi segni, vi sarebbero ancora affreschi attribuiti ad Andrea Ansaldo. Nel 1616 si verificò il primo intervento di sopraelevazione, a partire dal 1680 inizia il progressivo declino della costruzione che rimase proprietà dei Brignole Sale fino al 1869, anno in cui passò ai Melzi d’Eril».
Dell’intero complesso, la cui leggibilità architettonica fu compromessa alla fine del XIX secolo con la suddivisione in unità abitative indipendenti, l’elemento più monumentale rimane la torre «La massiccia struttura in grossi blocchi di pietra bugnata, alta 41 metri, presenta sottili feritoie nelle cortine murarie per l’illuminazione e alla sommità è coronata da una triplice cornice di archetti pensili sempre più aggettanti».
Torre Embriaci è l’unica sopravvissuta ad un’ordinanza del 1196 che impose la riduzione dell’altezza di tutte le torri cittadine. Il podestà Drudo Marcellino, infatti, ordinò che nessuna torre potesse superare l’altezza di 80 palmi (circa 20 metri) «Mentre le altre torri (ben 66 in tutta Genova fino al XIII secolo, 33 alla fine del XV secolo) vennero mozzate, una lapide posta alla sua base ricorda che la Torre degli Embriaci, alta 165 palmi, fu risparmiata, forse in ricordo delle gloriose imprese di Guglielmo Embriaco in Terrasanta».
Il Fai (Fondo Ambiente Italiano) in tempi recenti ha manifestato il suo interesse ad investire nel recupero di un monumento che, senza i necessari interventi di ristrutturazione, rischia di scivolare nell’incuria, ma si è dovuto arrestare di fronte ad insormontabili intoppi burocratici e contenziosi tra i vari proprietari.
Il problema principale è rappresentato dall’eccessiva frammentazione: la torre, infatti, è parte integrante del Palazzo Brignole Sale (al civico 5 di piazza degli Embriaci), suddiviso tra tanti inquilini privati ed una piccola porzione di proprietà comunale. Di conseguenza per salvarla, occorre che i proprietari – privati e Comune di Genova – decidano di donare la torre al Fondo Ambiente Italiano.
«Purtroppo la situazione rimane in una fase di stallo e tuttora non sussistono le condizioni per poter intervenire – spiega il capo della delegazione genovese del Fai, Sonia Cevasco Asaro – Noi siamo sempre disponibili a portare avanti il progetto di riqualificazione a fini turistici di Torre degli Embriaci , un luogo storico, a pochi passi dall’area del Porto Antico e del Museo del Mare, che potrebbe essere aperto al pubblico diventando un museo fruibile a tutti».
Il progetto del Fai parte da molto lontano, come ricorda Cevasco «A distanza di anni dalla presentazione della nostra proposta nessuno è stato in grado di fornirci delle risposte concrete. All’epoca avevamo calcolato anche un’ipotesi di spesa ma oggi, a distanza di tempo, le condizioni sono mutate».
Nel 2008 si parlava di un investimento di circa 700 mila euro per affrontare il restauro e la messa a norma dell’immobile ai fini della sua fruibilità. Il progetto prevede il recupero delle parti degradate – soprattutto i conci delle facciate, in parte compromessi – l’allestimento di nuovi accessi diretti alla struttura, l’installazione di un ascensore, l’adeguamento degli impianti, la realizzazione di un’illuminazione esterna ed interna.
Purtroppo non è stato possibile avviare nessuno di questi interventi a causa di un imbarazzante silenzio – da parte dell’amministrazione comunale e dei proprietari privati, i quali più volte, almeno a parole, hanno manifestato la loro disponibilità a donare la torre al Fai, ma non sono mai passati ai fatti – intorno all’unica opportunità per restituire alla città uno dei suoi monumenti più significativi. Attualmente è stato paventato il rischio di un ripensamento definitivo da parte del Fai, stufo di non trovare collaborazione, ma il Fondo Ambiente Italiano smentisce «Non abbiamo intenzione di rinunciare al progetto – conclude Sonia Cevasco – siamo infatti convinti si tratti di un investimento intelligente, in grado di generare un non trascurabile indotto per la città».
Matteo Quadrone