Secondo il piano di riorganizzazione aziendale che dovrà essere approvato dalla Regione Liguria. Il direttore del Centro Trapianti, il prof. Umberto Valente, in un corposo dossier manifesta tutti i suoi dubbi sull'effettiva utilità dell'operazione
Sei grandi aree di intervento, 16 strutture complesse declassate a semplici, lo smembramento del Centro Trapianti in due strutture più “leggere”, una per l’attività del rene e l’altra per quella del fegato.
Sono questi i punti principali del piano di riorganizzazione che l’azienda San Martino–IST, di concerto con l’Università, ha presentato la settimana scorsa alla Regione Liguria. Una proposta che l’ente guidato dal Presidente Claudio Burlando dovrà approvare in 40 giorni.
Uno dei nodi più “caldi” e che già fa discutere è quello del Centro Trapianti.
Il Centro Trapianti ligure ha avviato la sua attività all’inizio degli anni ’80 maturando una consolidata esperienza nel trapianto degli organi solidi addominali (fegato, rene, pancreas) su pazienti adulti e pediatrici. Presso il Centro di Genova sono stati effettuati 683 trapianti di fegato e 1560 trapianti di rene.
Alcuni mesi fa – quando presunte criticità organizzative imposero la sospensione del trapianto di fegato – contro la ventilata ipotesi di smantellamento del Centro Trapianti, comuni cittadini raccolsero in breve tempo oltre 20 mila firme.
Ma torniamo ad oggi. La divisione del Centro prevista nel piano di riorganizzazione aziendale prende le mosse da un ordine del giorno approvato all’unanimità nella seduta del Consiglio regionale del 22 dicembre scorso.
“Visto che i conti del Centro, nell’attuale strutturazione, non sono più sostenibili alla luce dell’attuale quadro economico e comunque sovradimensionati rispetto all’attività svolta – si legge nell’o.d.g n. 320 – valutato che Centri internazionali di eccellenza nell’attività trapiantologica da tempo seguono modelli organizzativi ed economici diversi; considerato infine che per problematicità correlate all’attuale organizzazione si è dovuto sospendere da tempo l’attività di trapianto epatico; (l’o.d.g.) impegna il presidente della giunta regionale ad attivarsi affinché si segua un modello organizzativo e gestionale basato sulla separazione dell’attività trapiantologica epatica e renale, mediante l’attivazione di due separate strutture semplici dipartimentali ospedaliere in quanto modello organizzativo caratterizzato da economicità ed efficienza”.
La decisione di rimodellare il Centro Trapianti unico in due strutture semplici, trova il plauso del Presidente della Commissione Sanità della Regione Liguria, Stefano Quaini “L’assetto futuro del Centro così come previsto da un recente ordine del giorno regionale è ovviamente condiviso in quanto consentirebbe un’azione di risparmio molto importante, pur mantenendo un alto standard di qualità all’assistenza dei pazienti liguri e non che afferiscono al Centro”. Il consigliere regionale Idv sottolinea “Non si tratta di uno smantellamento e neppure di una penalizzazione dell’attività del Centro ma è invece la messa in campo di strategie che consentiranno alla Regione di recuperare quasi dieci milioni di euro”.
Non è d’accordo il professore Umberto Valente, da oltre vent’anni alla guida del Centro del San Martino “Spetta ai soggetti istituzionalmente preposti (Assessore alla Salute, Rettore, Direttore generale IRCSS San Martino-IST) decidere l’organizzazione di un Centro Trapianti come quello ligure? – si domanda il professore in un circostanziato dossier inviato al Presidente della Regione, a tutti gli Assessori e Consiglieri regionali – Oppure è compito di una votazione a maggioranza, espressa da Consiglieri regionali certamente non adeguatamente informati in una materia così delicata e specialistica?”.
La creazione di due UOS dipartimentali una per il trapianto di fegato, l’altra per il trapianto di reni non comporterà una riduzione dei costi – secondo Valente – bensì al contrario potrebbe generare l’impressione di perseguire l’obiettivo di creare strutture “ad personam”. Anche perché “Le UOS dipartimentali altro non sono che entità autonome, esattamente come le UOC. Nel caso in questione da una preesistente struttura verrebbero a costituirsene due (UOS Trapianto di fegato, UOS Trapianto di rene), peraltro private dei fondamentali supporti dedicati (in particolare dell’UOS Anestesia e Rianimazione dei Trapianti)”.
Per quanto riguarda il primo punto dell’odg del 22 dicembre scorso, vale a dire la sostenibilità dei conti del Centro Trapianti, il prof. Valente osserva come “Il livello organizzativo di una struttura autorizzata allo svolgimento del trapianto di organi solidi deve necessariamente avvalersi di strutture e turnazione del personale tali da assicurare la pronta operatività 24/h”. Poi aggiunge “Al di là della considerazione essenziale che primariamente in sanità si deve valutare il costo rispetto al beneficio ottenuto in termini di qualità e risultati, si concorda che in tutti i settori della sanità pubblica, compreso quindi il comparto del prelievo e trapianto di organi solidi, è indispensabile attivare processi virtuosi finalizzati al contenimento della spesa”.
Ed è proprio per questo che “A partire dal 20 ottobre 2010, a seguito di deliberazioni attuate dall’allora Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino, la UOC di Chirurgia Generale ad Indirizzo Epatobiliopancreatico è stata accorpata all’UOC Chirurgia Generale e Trapianti d’organo, consentendo la soppressione di 20 posti letto, il recupero del relativo personale infermieristico, mentre 3 unità del personale medico sono state trasferite presso il Centro Trapianti”. Un accorpamento che ha permesso all’azienda di risparmiare ben 4,5 milioni di Euro (questo il conto economico complessivo, per l’anno precedente, della singola UOC di Chirurgia Generale ad indirizzo Epatobiliopancreatico).
“Limitando la valutazione alle strutture principali coinvolte nell’attività di trapianto di organi solidi (UOC Chirurgia Generale e Trapianti d’Organo e Unità operativa semplice Anestesia e Rianimazione dei trapianti) il totale dei costi per il 2010 ammontava a 17.342.021,03 Euro comprensivo dei costi indiretti e generali dell’azienda (ammontanti a 3.555.274,38 euro), sui quali le singole strutture non possono esercitare alcuna forma di risparmio – scrive Umberto Valente nel dossier – A tal fine presso il Centro Trapianti è stato avviato un programma di razionalizzazione dell’impiego delle risorse umane, il quale una volta giunto a compimento porterà un ulteriore risparmio di circa 2 milioni all’anno”. Ma non solo “Si prevede inoltre di ottenere un risparmio di altri 2 milioni all’anno agendo sulle modalità di utilizzo delle strutture”, ad esempio attivando a tempo pieno le due sale operatorie a disposizione delle altre UO chirurgiche aziendali, accorpando alcune attività ambulatoriali con altri servizi aziendali, diminuendo ricoveri impropri, tempi di degenza, spesa farmaceutica e “valorizzando al più possibile la chirurgia ad alta complessità correlata all’attività del trapianto”.
Per quanto concerne invece il secondo punto dell’odg, secondo il quale i centri internazionali dell’attività trapiantologica seguirebbero modelli organizzativi ed economici diversi, “L’affermazione appare in controtendenza rispetto agli indirizzi di contenimento della spesa in atto sia nella nostra regione e nello stesso IRCSS San Martino–IST, sia sul territorio nazionale, volti alle riduzione delle Unità Operative attraverso il loro accorpamento”, spiega il prof. Valente.
“Il Centro Trapianti di Genova dispone di un organizzazione consolidata sulla falsariga dei principali Centri Trapianti degli Stati Uniti d’America, finalizzata all’interscambiabilità degli operatori, alla condivisione delle strutture, delle attrezzature e del supporto multimediale, con la coesistenza di componenti universitarie ed ospedaliere – si legge nel dossier – Anche in Italia, dove possibile per motivi di razionalizzazione e di costi, viene attuato come modello organizzativo prevalente l’accorpamento delle attività trapiantologiche (Udine, Bologna, Milano Niguarda, Verona, Roma Policlinico, Roma Tor Vergata, Roma Cattolica, Bari, ISMETT-Palermo)”.
Infine in merito all’ultimo punto dell’odg, relativo alla forzata sospensione dell’attività di trapianto epatico a causa di problematicità correlate all’attuale organizzazione, Valente precisa “Contrariamente a quanto affermato l’organizzazione propria del centro trapianti e dell’intero sistema operante all’interno dell’azienda ospedaliera, è perfettamente funzionante, peraltro come prima dell’interruzione, in grado di disporre nel caso di trapianto di fegato sia di più equipe di prelievo e trapianto sia di un pool di anestesisti, rivelandosi pienamente rispondente ai requisiti richiesti dalle norme di legge”.
“L’interruzione dell’attività di trapianto di fegato è stata conseguente ad una lettera inviata nell’aprile 2011 al Direttore generale del San Martino, sottoscritta da numerosi operatori del Centro Trapianti, in cui si chiedeva che venissero rimosse le ripetutamente segnalate difficoltà interne, conseguenti a comportamenti individuali inappropriati riconducibili ad un singolo dirigente medico – scrive Valente – A seguito di tale lettera la Direzione generale disponeva la sospensione temporanea dell’attività di trapianto di fegato mantenendo le sole procedure di emergenza”.
“Una scelta gravemente penalizzante per i pazienti in lista d’attesa o prossimi all’inserimento in lista, da allora costretti a rivolgersi presso centri situati al di fuori della regione Liguria”, sottolinea il professore.
La sospensione dell’attività di trapianto di fegato infatti, contrariamente alle iniziali e formali deliberazioni che ne attestavano la natura transitoria, si è prolungata nel tempo.
Oggi tale situazione, “nonostante il dirigente medico abbia mantenuto gli stessi comportamenti di reiterato rifiuto all’osservanza delle direttive proprie dell’azienda, si deve considerare superabile grazie alla rigorosa applicazione delle norme che regolano le attività assistenziali a livello aziendale ed all’impegno degli altri operatori della struttura – continua Valente – In ogni caso comportamenti inappropriati di un singolo operatore non possono rappresentare un giustificato motivo per una così prolungata sospensione di un pubblico servizio assistenziale e salvavita, non essendo tale sospensione motivata da ragioni tecniche ed organizzative”.
L’ingiustificata interruzione del programma di trapianto di fegato, “oltre a causare un grave danno per i pazienti liguri in attesa di trapianto, comporta il concreto rischio di una penalizzazione degli operatori medici ed infermieristici che con il prolungarsi del periodo di sospensione rischiano di compromettere il know-how acquisito in anni di attività dedicata e certificata”, sottolinea Valente.
E non dovrebbe essere trascurato neppure il danno di immagine per la stessa azienda ospedaliera “con il rischio di perdita di fiducia da parte delle strutture sanitarie regionali e nazionali che da sempre hanno indirizzato i pazienti presso il nostro Centro”, conclude il professore.
Matteo Quadrone