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Carlo Besana: intervista con l’attivista del Cep che minaccia le dimissioni

Uno dei protagonisti del rilancio del quartiere, oggi si dichiara deluso e per proseguire il suo impegno chiede un segnale di condivisione d'intenti da parte degli abitanti del Cep


25 Maggio 2012Interviste

Carlo BesanaCarlo Besana, anima dell’Associazione Consorzio Sportivo Pianacci del Cep, sulle alture di Prà e Voltri, un contenitore socio-culturale capace, grazie all’attività di volontariato di alcuni residenti, di rilanciare un intero quartiere conosciuto ai più come un luogo periferico foriero di degrado ed emarginazione, cambiandone profondamente il volto nel giro di una quindicina di anni. Oggi però il protagonista principale, stanco e deluso dalla piega che stanno prendendo le cose, ha annunciato di voler fare un passo indietro e rassegnare le dimissioni da presidente del Consorzio.

Quali sono i motivi che l’hanno spinta a fare questa scelta?

«Si sono verificati una serie di episodi che sommati tra loro contribuiscono a maturare determinate decisioni. Uno dei motivi principali sono le denunce che abbiamo ricevuto per disturbo della quiete pubblica in merito alle serate musicali che ormai abitualmente organizziamo ogni estate (“Che estate alla Pianacci”, la rassegna che, ogni anno, porta al Cep circa 8000 spettatori). Nonostante il Consorzio sia in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie sono emerse alcune criticità nei rapporti con una parte minoritaria dei residenti nelle vicinanze del Palacep (una struttura aperta tutto l’anno in cui si svolgono svariate attività, sportive, ricreative, sociali, ecc.). Ovviamente è giusto che anch’essi manifestino il loro dissenso. Quello che mi aspettavo è una maggiore collaborazione per salvaguardare tutto l’impegno profuso in questi anni a favore del quartiere».

Lei lamenta una mancanza di aiuto da parte delle istituzioni locali…

«È fondamentale che le istituzioni, ai diversi livelli, si assumano le proprie responsabilità, se necessario anche assumendo posizioni impopolari. Abbiamo invitato il Municipio Ponente, che dovrebbe essere l’istituzione più vicina ai cittadini, ad organizzare una riunione pubblica per spiegare la legittimità delle nostre attività ed individuare alcuni percorsi comuni con i residenti per superare le incomprensioni. Il Municipio ha sottolineato la liceità dei comportamenti del Consorzio ma ha lasciato a noi la patata bollente, ovvero l’onere di decidere se fare o meno le manifestazioni estive musicali. Noi ci auspicavamo, da parte del Municipio, una chiara assunzione di responsabilità che invece non c’è stata. La sera del concerto di Ky-Mani Marley (24 aprile scorso) l’amministrazione municipale si era impegnata a fare un sopralluogo nelle abitazioni dei residenti che lamentavano problemi legati al rumore, per verificare la situazione. Ma purtroppo non ha mantenuto l’impegno. Nel frattempo il sopralluogo l’abbiamo eseguito noi autonomamente e quello che ha evidenziato è una situazione di disagio superabile, senza mobili che traballano né bicchieri che si spaccano in mille pezzi, insomma una criticità minima e sopportabile per il bene del quartiere».

Ma quali sono le principali problematiche che complicano il vostro rapporto con le istituzioni locali?

«Noi gestiamo oltre 13 mila metri quadrati di area Pianacci in concessione dal Comune di Genova. Sarebbe normale, in un rapporto tra proprietario e concessionario, avere dei chiari punti di riferimento a cui rivolgersi anche nel caso di semplici problemi burocratici. Al contrario, ci siamo trovati più volte di fronte al caos totale: la macchina comunale è contorta, i diversi uffici neppure si parlano tra di loro, non c’è il necessario scambio di informazioni. Noi svolgiamo una funzione come volontari e non possiamo impiegare le nostre energie per star dietro alle colpevoli carenze della burocrazia cittadina. Certo esistono alcune rare eccezioni, che mi fa piacere sottolineare, come quella dell’assessore Margini, sempre disponibile a darsi da fare, oppure l’assessore Vassallo che per la questione del supermercato è andato anche al di là delle sue competenze».

Con la nuova Giunta pensa che potrebbe cambiare qualcosa?

«La macchina comunale è sempre quella ed i funzionari restano al loro posto. Non credo che il nuovo Sindaco, senza nulla togliere alla persona di Marco Doria, possa concretamente mutare le cose. Io ormai sono fortemente disilluso».

Quindi quest’estate al Cep regnerà il silenzio, senza nessuna manifestazione musicale?

«Non faremo le manifestazioni estive finché non ci sarà totale condivisione d’intenti. Insomma, fin quando non sarà tutto il quartiere, in modo concreto, a chiedercelo. Intendo dire che vorrei vedere maggiore partecipazione attiva dei cittadini. Purtroppo, per la nostra come per altre associazioni, il problema è sempre quello: sono poche le persone che volontariamente si mettono a disposizione per far sì che sia possibile la realizzazione di svariate attività. Ora però la dimensione che abbiamo raggiunto al Cep è divenuta tale per cui, se non c’è una consapevole presa di coscienza dei residenti, è impossibile andare avanti. Le persone si devono rendere conto che il Consorzio Pianacci è un patrimonio del quartiere e non una mia creatura».

Qual è il bilancio dopo così tanti anni di attività sul territorio?

«I 15 anni che abbiamo dedicato al Cep oggi sembrano non contare nulla. Il mio è un forte stato di delusione, che mi fa pensare di dire “Adesso fate voi”. È anche una sorta di provocazione per risvegliare le coscienze. Un altro segnale che ha influito sulla mia decisione di abbandonare la presidenza del Consorzio, lo abbiamo avuto in occasione del compleanno per i 15 anni del Circolo Arci Pianacci. Ebbene, nonostante non capiti tutti i giorni che una ricorrenza di un’associazione sia festeggiata nella cornice di Palazzo Ducale, grazie all’invito della Fondazione Cultura guidata da Luca Borzani, tutti gli altri soggetti della “città che conta” erano assenti: un vuoto assoluto anche a livello istituzionale, da parte di Comune, Provincia, Regione, solo la Fondazione Cultura si è accorta di noi e ha voluto premiare il lavoro che svolgiamo ormai da tanto tempo. Questo è un grave segnale di scollamento tra il quartiere e la città. Eppure grazie a notevoli sforzi siamo riusciti a modificare il significato del nome Cep. Non è stato necessario cambiare nome bensì intervenire sulla mentalità delle persone, cercando il loro coinvolgimento».

Quali sono le prospettive per il futuro?

«Il quartiere deve decidere, una volta per tutte, se intende conservare il patrimonio di un Consorzio aperto 365 giorni all’anno che, solo nel 2011, ha svolto 5500 ore di attività a cui hanno preso parte migliaia di fruitori. Se il quartiere non dà un preciso segnale significa che, al di là dei numeri, abbiamo sbagliato tutto. Altre due volte ero arrivato sul punto di non rinnovare il mio impegno, poi sono stato convinto a ripensarci. Chi assume questo ruolo, mettendoci la faccia, si deve scontrare con numerosi ostacoli e se non c’è la necessaria condivisione d’intenti tra residenti, volontari, istituzioni, è inutile proseguire».

 

Matteo Quadrone


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