L'ampio fronte di critica alla società dei consumi ha le sue origini già nel pensiero di Epicuro, per poi evolversi negli scritti contemporanei di Pasolini e Terzani
Downshifting e decrescita rappresentano solo una parte di un movimento più ampio di critica alla società contemporanea le cui radici possono essere fatte risalire addirittura al IV secolo a.C.. Già nel pensiero del filosofo greco Epicuro ritroviamo il concetto di frugalità ripreso dalla teoria della decrescita. Nella lettera a Meneceo sulla felicità Epicuro scrive: «Consideriamo inoltre una gran cosa l’indipendenza dai bisogni non perché sempre ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita di non avere molto, convinti come siamo che l’abbondanza si gode con più dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è difficile a trovarsi, l’inutile è difficile. I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l’acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa privi d’apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli ci capita di menare un’esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quando aiuta il corpo a non soffrire e l’animo a essere sereno. Perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l’animo causa di immensa sofferenza.»
Non vi sembra un manifesto della decrescita ante litteram? Avvicinandoci un po’ più ai giorni nostri ritroviamo nel pensiero di uno dei più grandi intellettuali del novecento, Pier Paolo Pasolini, un’aspra critica nei confronti della società dei consumi che era appena nata in Italia. Pasolini sosteneva che l’acculturazione e l’omologazione che il fascismo non era riuscito a ottenere erano state ottenute con una rapidità impressionante dalla società dei consumi il cui avvento aveva causato un vero e proprio genocidio culturale.
Un altro grande intellettuale italiano, Tiziano Terzani, definiva così il capitalismo: «Oggi l’economia è fatta, per costringere tanta gente, a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili, che altri lavorano a ritmi spaventosi, per poter comprare, perché questo è ciò che dà soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente. Io trovo che c’è una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola felice, ed è contento, accontentarsi, uno che si accontenta è un uomo felice».
Tra i pensatori contemporanei uno dei più attenti osservatori dei meccanismi del consumismo è sicuramente il sociologo polacco Zygmunt Bauman. Nelle sue opere Bauman analizza la società contemporanea usando le metafore di modernità liquida e solida. L’incertezza che attanaglia la società moderna, che lui definisce “modernità liquida”, deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. Nella nostra società l’esclusione sociale non si basa più sull’estraneità al sistema produttivo o sul non poter comprare l’essenziale, ma sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità.
Il sociologo polacco si sofferma ad analizzare la condizione di chi non ha un’occupazione. Si è passati dal concetto di disoccupazione nel quale il prefisso “dis-” indicava un distacco dalla norma, al concetto di esubero nel quale non vi è nessun accenno all’anormalità, all’anomalia. Esubero suggerisce un’idea di permanenza, una forma nuova di normalità dove le cose sono destinate a restare come sono. Essere in esubero significa essere in soprannumero, non necessari, inutili, addirittura paragonabili a dei rifiuti. La destinazione dei disoccupati, cioè l’esercito di riserva del lavoro, era quello di venire richiamati in servizio attivo. La destinazione dei rifiuti è invece la discarica. Addirittura le persone in esubero sono un problema finanziario e, osserva Bauman, c’è chi si interroga: «Possiamo permetterceli?».
Il fronte di critica alla nostra società è quindi piuttosto ampio e quelli che vi ho illustrato sono solo alcuni esempi. La politica, appiattita sull’accettazione incondizionata del modello esistente, ha ignorato per troppo tempo queste istanze, ma forse questa crisi può rappresentare finalmente un’occasione per riformare la nostra società e uscire da un meccanismo che appare ormai definitivamente guasto.
Giorgio Avanzino
[foto di Daniele Orlandi]