Intervista ai tre "preti di confine" genovesi: viene percepita dai giovani la presenza di Dio? Manca da parte della Chiesa una proposta valida per un cammino di fede?
Quando un credente e uno scettico si confrontano sul tema della fede, le risposte sono vaghe e, spesso, poco convincenti, da ambo i lati. Abbiamo pensato di rivolgere alcune domande sulla religione a tre preti “di confine”, Prospero Bonzani (parroco del Lagaccio, già più volte agli onori della cronaca la sua posizione favorevole in merito alla costruzione della moschea), Alberto Reimondini (responsabile della comunità S.Marcellino e dei Gesuiti di Genova) e Andrea Gallo, (sacerdote genovese conosciuto in tutta Italia, responsabile della comunità di San Benedetto), sperando che ci potessero spiegare quali risposte un ragazzo, oggi, possa trovare nella fede. Ve le proponiamo.
In questo momento storicamente complesso di rivalutazione dei valori quale può essere il senso di una proposta della fede ai giovani? Cosa può trovare in Dio un giovane oggi?
Prospero Bonzani: Io credo che oggi sia, oggettivamente, molto difficile e quasi respingente cercare il senso della vita in una religione istituzionale così come essa viene presentata; soltanto l’incontro personale con realtà alternative potrebbe suggerire ad un giovane di cercare risposte anche in una fede. Vedo più facili le fedi orientali, anche se, a mio avviso, meno ricche, perché più che religioni sono filosofie, per quanto anche la filosofia si pone di cercare il senso della vita. D’impatto, vedrei repellente l’incontro di un giovane con “l’istituzione Chiesa”. Un giovane un po’ sveglio però! Perché se un giovane vive solo di pallone, può vivere tranquillamente di pallone e di fede mescolati insieme. Un giovane un po’ intelligente si troverebbe di fronte a delle difficoltà.
Alberto Reimondini: Sicuramente questo è un tempo di grande trasformazione, non so se di altrettanta riflessione. La paura del nostro tempo, come in tutti i tempi, è la paura della morte. Tendiamo ad esorcizzare ed allontanare la diversità, la sofferenza, le persone che ci ricordano che ci sono interrogativi nella storia dell’uomo e del mondo. Per questo ci costruiamo un sistema di idoli indotto, nel quale speriamo di trovare la risposta alle nostre domande di fondo. Tutto fuori. Il punto chiave è avere il coraggio e la voglia di guardare dentro di sé, all’interno anziché all’esterno. Il rischio è che la quantità di proposte che ci spingono all’esterno, che di per sé rappresentano una ricchezza, ci faccia perdere il senso profondo che è dentro di noi. Qualunque senso che possiamo dare, lo possiamo dare partendo dal nostro interno. Guardare dentro significa andare in controtendenza, e questo ci spaventa.
Andrea Gallo: La grande Madre Natura concede, dona a tutti gli esseri umani questa energia, il dono dell’intelligenza, della creatività e della spiritualità. Partirei di qui prima di parlare di fede; la spiritualità in partenza non ha nessun riferimento alla religione, che viene dopo. Questa ci richiama ad entrare nelle nostre profondità dell’anima. Sono le religioni poi che non rispettano la spiritualità di ciascuno. Cosa può proporre oggi la Chiesa cattolica, che amo e di cui mi sento parte, se non rispetta questa spiritualità personale? Una religione soprattutto, fedele all’ispirazione della propria fede, quindi per quanto riguarda la Chiesa cattolica la fede in Gesù (come incontro, come dono, come persona), dovrebbe riuscire a proporre ma sempre senza arroganza né intolleranza. Le religioni devono riconoscere che chiunque incontrano ha già un’etica personale, credente o non credente.
Qual è il passaggio dalla spiritualità alla fede in Dio?
Prospero Bonzani: Prima c’è il passo di un dio, cioè un essere trascendente ed eterno rispetto al temporaneo di tutto ciò che esiste e che noi vediamo; vuol dire credere che c’è qualcuno che ha dato un senso al cosmo, dal Big Bang all’atomo. Credere in un dio coincide con il credere in un senso della vita dato da un altro che non è la vita stessa. Se io penso che qualcuno abbia creato, penso che abbia creato per un fine positivo, definitivo attraverso tanti capitoli della storia dell’umanità. Penso che la fede in Dio non sia necessaria, ma sia equivalente a chi crede che la vita abbia un senso e non sia un casino completo. E questo per me è già moltissimo; sarebbe già moltissimo che un giovane credesse in questo, perché io ho l’impressione che la maggior parte dei giovani creda che l’importante sia mangiare, bere, dormire e scopare, in generale, poi trovare un lavoro, per qualcuno trovare una casa, un po’ meno trovare un partner fisso, e divertirsi finché si può, poi mettere un po’ la testa a posto e tirare avanti; direi che è un po’ questa la media. Non ci rimane altro che scommettere! Se scommettessi per il “sì”…il mondo ha un senso e potrebbe anche esserci una vita dopo la morte. Se scommettessi per il “no”…cerchi di vivere come puoi. Se alla fine della mia vita, dopo aver scommesso per il “sì”, scoprissi che sto sprofondando nell’abisso del nulla, in un attimo penserei: “Cara vita, ti sputo in faccia perché sono contento di poter dire che ho pensato che tu fossi meglio di quello che eri, e mi vanto di me che mi sono illuso di te.”
Alberto Reimondini: Guardare all’interno è la chiave: la fede poi è vicina. Siamo stati pensati per essere felici, parlando in termini evangelici. Scoprire quindi la bellezza che c’è in noi, la profondità, la delicatezza. Domandarsi, o percepire, se sono dati di fatto o se qualcuno le ha pensate per noi. Questa è la traccia della fede, dare un valore aggiunto a qualcosa che ha già valore di per sé. Niente di più.
Andrea Gallo: E’ chiaro che il passaggio è il Vangelo. Come immagine ti proporrei quella di un Gesù che cammina su un manto di neve, lasciando delle impronte. La fede è proprio mettere il piede dove Gesù ha lasciato l’impronta; con una propria originalità, quindi ciascuno a modo suo. Gesù infatti non crea una religione, una cultura, un’organizzazione, ma parla all’uomo amando l’uomo.
Manca una proposta valida per un cammino di fede o i giovani non la colgono?
Prospero Bonzani: I giovani non peccano di superficialità ma sono vittime della pressione mediatica, attraverso la quale passa il messaggio della facile felicità; a questo si aggiunge la difficoltà creata dall’immagine che la Chiesa ufficiale vuole veramente dare di sé.
Alberto Reimondini: Sì, manca una proposta in grado di intervenire nel mondo di oggi, che è più complesso, ad esempio, di quello di cinquant’anni fa. Ma è anche vero che i giovani sono sovraoccupati, e fanno fatica a trovare mezz’ora libera durante la settimana; questo è un dato che va tenuto in considerazione.
Andrea Gallo: A chi vuole proporre una fede io dico questo: non è vero che i giovani non hanno valori, ma il punto è che i giovani di oggi hanno una forte esigenza di autenticità. Chi vuole diffondere la buona novella deve mettere l’altro in condizione di accettare questo dono di fede. Quando la religione è una scelta imposta diventa un totalitarismo religioso; invece, per annunciare la fede, la prima cosa è rispettare la libertà di tutti, poi ascoltare, accogliere e non giudicare, usare quindi un linguaggio mai discriminatorio né dispregiativo. La grande domanda dei giovani davanti a chi annuncia loro la fede è “sei un testimone autentico?”. E’ responsabilità degli adulti, ormai da parecchi anni i giovani hanno una percezione di assenza di futuro. Proprio perché ricercano ed esigono autenticità percepiscono che i testimoni, gli annunciatori, gli educatori non sono credibili. Tant’è vero che si accorgono di essere in un mare dal quale emerge – altro che la fede! – la proposta delle tre A: Avere, Apparire, Appropriarsi.
Ma in concreto, come viene percepita la presenza di un dio nella vita?
Alberto Reimondini: Ognuno ha il suo personale rapporto, cioè la possibilità di confronto ma non di insegnamento, si può insegnare la religione ma certo non la fede. E’ un’esperienza interiore, un abito su misura che ciascuno deve indossare. Sant’Ignazio ci ha lasciato lo strumento degli esercizi spirituali; non delineiamo un obiettivo a priori a coloro che ci chiedono di accompagnarli in questa ricerca, ma lo scopo è guidarli verso una decisione autonoma e matura. Spesso non ci si arriva, spesso non ci si prova neanche; quante vite vissute ma mai sentite proprie? Certo l’esperienza forte di altri aiuta. Questo è il senso della comunità. La comunità cristiana nasce dalla comunicazione della fede e della non fede, senza imporre proprie idee o sicurezze.
Andrea Gallo: Qui arriviamo, e bisogna ammetterlo con sincerità, arriviamo di fronte agli enigmi. Non è un enigma la morte? Enigma vuol dire che non si capirà mai fino in fondo.
Servizio a cura di Marco Topini e Sara Ottolenghi
Prospero Bonzani, parroco chiesa Ns. Signora della Provvidenza; ha preso una forte posizione a favore della costruzione della moschea nella zona del Lagaccio.
Alberto Reimondini, responsabile della comunità dei Gesuiti di Genova – è responsabile della comunità “S. Marcellino”, a servizio dei senza fissa dimora.
Andrea Gallo, della parrocchia di s. Benedetto al Porto – responsabile della comunità di s. Benedetto.
Commento su “Dio e i giovani: intervista a Andrea Gallo, Prospero Bonzani, Alberto Reimondini”