Quattro italiani su cinque non hanno mai sentito parlare di Città Intelligente, eppure la partecipazione della cittadinanza è un elemento fondamentale del processo Smart City. A Genova i cittadini non sono adeguamente informati e coinvolti
L’ultima notizia è la firma di un protocollo d’intesa, sottoscritto la settimana scorsa dai rappresentanti istituzionali di tre Comuni: Genova, Milano e Torino, che si sono alleate per un processo condiviso di trasformazione verso la Smart City-Città Intelligente. «L’obiettivo è lavorare insieme alle diverse opportunità offerte dalla nuova programmazione dei Fondi europei per il settennato 2014 – 2020 – spiega l’assessore allo Sviluppo economico del capoluogo ligure, Francesco Oddone – Genova, Milano e Torino intendono sostenere il coordinamento tra le città per promuovere il processo a livello nazionale ed internazionale. La collaborazione consentirà di promuovere in maniera concordata ed attiva le iniziative adatte ad ogni realtà, guidando il dialogo con imprese, ricerca, cittadini, in modo tale che possa nel contempo sostenere lo sviluppo economico e rispondere ai bisogni della popolazione».
Smart city è una sfida che l’Unione Europea ha lanciato alle città proponendo loro di attuare un percorso il cui scopo primario è la diffusione di buone pratiche e la disseminazione sul territorio di tecnologie innovative. «Non parlerei di “progetto”, bensì di un “processo” che si pone l’obiettivo di trasformare la città – spiegava l’anno scorso ad Era Superba, Gloria Piaggio, coordinatrice di Genova Smart City – Per raggiungerlo esistono i progetti europei ma non solo. Occorre anche stimolare i cittadini a modificare i propri comportamenti attraverso attività di formazione, sensibilizzazione e comunicazione».
Un work in progress avviato a Genova durante l’era dell’ex Sindaco Marta Vincenzi e confermato dall’attuale Giunta di Palazzo Tursi. Proprio in questi mesi dovrebbero partire le attività iniziali relative ad alcuni progetti risultati vincitori del bando europeo “Smart Cities and Communities 2011” (qui illustrati nel dettaglio).
Lo sviluppo delle Smart Cities è una grande opportunità per il sistema Italia, tuttavia, come afferma una ricerca del 2012 condotta da The European House-Ambrosetti «Affinché possa essere colta appieno, sembra essere indispensabile una significativa opera di sensibilizzazione e di comunicazione alla “pancia” del Paese».
In questo senso, ci siamo posti due domande fondamentali: quanto è effettivamente conosciuto il “processo” Smart City dalla popolazione? In quale misura i cittadini sono coinvolti in questo work in progress?
Da un sondaggio del gruppo professionale The European House-Ambrosetti (che supporta e fornisce consulenza alle aziende) emergono dati sconfortanti: 4 italiani su 5 non hanno mai sentito parlare di Smart City (il 78% degli intervistati).
«La popolazione ignora completamente caratteristiche e benefici del modello. Solo la fascia di popolazione più giovane (25-34 anni) e più istruita (laureati) possiede delle cognizioni sul tema».
Premesso che con Smart City si intende un modello urbano capace di garantire un’elevata qualità della vita ed una crescita personale e sociale «Il 56% degli intervistati ritiene utili i progetti e si dichiara favorevole al modello urbano di Città Intelligente. Maggiore propensione viene espressa dai giovanissimi (14-24 anni) e da coloro che sono già a conoscenza del concetto, a riprova della validità dello stesso. Il 44%, invece, li ritiene poco concreti perché ci sono problemi più urgenti da risolvere, oppure li considera una perdita di tempo e denaro».
Il sondaggio conferma l’idea che occorre comunicare agli italiani il tema Città Intelligente e soprattutto i benefici ad esso connessi. «Oggi questi aspetti sono dominio di pochi – sottolinea la ricerca – Urgente e fondamentale è, dunque, pianificare e porre in essere una campagna di informazione nazionale sulle Smart City, che: qualifichi il concetto, veicolando la visione del futuro per il Paese; generi consapevolezza dei benefici; gestisca il consenso dell’opinione pubblica, superando l’eventuale percezione “elitaria” del tema; diffonda tra i cittadini un senso diffuso di partecipazione e una cultura del nuovo vivere urbano».
Insomma, la campagna di informazione deve veicolare in modo forte il concetto di inclusione. «Il Governo in primis deve dare prova di inclusività, attraverso le sue scelte – continua la ricerca – Occorre coinvolgimento (partecipazione e “inclusività”) della popolazione sin da subito: i progetti calati dall’alto difficilmente riscuotono successo».
Per facilitare il processo di trasformazione in Smart City, nel novembre 2010 il Comune ha costituito – insieme a Enel Distribuzione e all’Università di Genova – l’Associazione Genova Smart City, al fine di «Coinvolgere i partner fondamentali per intraprendere il percorso virtuoso: ricerca, imprese, istituzioni, finanza e cittadini», così si legge sul sito web dedicato.
Il concetto di Città Intelligente proposto dall’Unione Europea e dall’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) parla espressamente di significativa apertura alla partecipazione della cittadinanza.
Secondo alcuni, però, il modello disegnato da Palazzo Tursi non si muove in questa direzione. Stefano De Pietro, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, considera Genova Smart City «Una struttura tecno-oligarchica dove le aziende propongono progetti ad un’associazione della quale fanno parte insieme al Comune. Il processo decisionale si svolge all’insaputa dei diretti interessati, i cittadini, che si vedono volare sopra la testa le risorse economiche destinate ad alimentare un mercato “smart” ben distante da loro. La cosa drammatica è che la presunta correttezza di questa impostazione è stata ribadita dall’attuale Giunta che, al massimo, disporrà un aumento, o meglio l’inizio, di una fase di informazione alla popolazione, che nulla ha a che fare con la partecipazione. L’ennesima confusione di significati da parte dell’amministrazione comunale, come nel caso del PUC».
Così si rischia di tradire l’autentica filosofia alla base di Smart City: «Abbiamo analizzato lo Statuto dell’associazione e ci siamo accorti che a Genova, come probabilmente in altre realtà, i cittadini sono letteralmente spariti – sottolinea De Pietro – E neppure hanno la minima idea di che cosa sia il processo verso la Città Intelligente».
Al contrario «I progetti Smart sono diventati dei serbatoi economici dove attingono direttamente alcune aziende – continua il consigliere comunale – Una pioggia di soldi europei destinati ad attività di ricerca e studi di fattibilità che, nel malaugurato caso dovessero rivelarsi inutili, troveranno nella parola “ricerca” la giustificazione di qualunque sperpero di risorse».
Prendiamo ad esempio il progetto “Celsius” (uno dei tre vincitori del bando Smart Cities and Communities 2011), poco meno di 2 milioni e mezzo di euro per «Verificare la fattibilità tecnico-economica e, se sostenibile, progettare e realizzare una rete energetica locale nell’ambito del Distretto delle Gavette (Val Bisagno) con recupero del salto di pressione disponibile nella stazione di arrivo del metano all’impianto Re.Mi. esercito da Genova Reti Gas – si legge sul sito web dell’Associazione Genova Smart City – Il progetto consiste nella realizzazione di un impianto di turbo-espansione e di una centrale di cogenerazione nel sito costituito dall’Officina Gas di Gavette, gestita da IREN. Inoltre, sarà realizzata una nuova rete di tele-riscaldamento e tele-raffrescamento che dovrebbe servire diverse utenze industriali, commerciali e residenziali presenti nell’area».
Un progetto difficilmente realizzabile, secondo i tecnici del Movimento 5 Stelle «Perché stiamo parlando di una struttura che necessita di molta manutenzione con costi significativi – spiega De Pietro – Simili interventi in altre parti d’Italia non sono andati a buon fine. La quantità di energia prodotta, infatti, non vale la spesa. Così impegniamo importanti risorse allo scopo di fornire energia alle imprese private, in particolare al Centro Coop della Val Bisagno. Qual è la ricaduta positiva per la cittadinanza?».
Il gruppo consiliare del M5S ha presentato una mozione in Consiglio Comunale per chiedere di modificare lo Statuto dell’Associazione Genova Smart City, includendo all’Art. 3, comma g) «La partecipazione della cittadinanza nello sviluppo dei progetti: il fine è quello di riorganizzare e orientare gli obiettivi dell’Associazione Genova Smart City verso la cittadinanza e il sociale per una reale partecipazione inclusiva della cittadinanza stessa».
In pratica «Vogliamo che i cittadini godano di pari dignità rispetto agli altri stakeholders, imprese private, istituzioni pubbliche, ecc. – sottolinea De Pietro – i genovesi potrebbero proporre i loro progetti; realizzarli concretamente, in collaborazione con il tessuto delle piccole imprese locali; valutare le soluzioni che ritengono migliori per le esigenze della popolazione».
Inoltre, il documento chiede di «Riformulare procedure e criteri di valutazione e sorveglianza sull’attività dei Soci e Partner, sulla base di chiari requisiti di responsabilità sociale e di sostenibilità energetica e ambientale; verificare l’impegno dei Soci e Partner nel mantenere fede allo statuto dell’Associazione Genova Smart City, come ad esempio la crescita occupazionale; assicurare il mantenimento dei protocolli di intesa da parte dei Partner, come ad esempio lo sviluppo gratuito di progetti e piani di fattibilità».
La mozione, recentemente discussa in Sala Rossa, è stata bocciata per una manciata di voti. «Avrebbe dovuto rispondere il Sindaco, che si era riservato la delega dell’argomento, ma ha risposto l’assessore allo Sviluppo economico (Francesco Oddone, ndr) – continua il consigliere De Pietro – Come dargli torto, visto che stiamo parlando esclusivamente di soldi da dare alle imprese. Il vero spirito di Smart City, invece, è ben diverso: le risorse economiche, infatti, dovrebbero servire per realizzare una progettazione partecipata».
A Genova lo schema organizzativo resterà pressoché lo stesso dell’ex Giunta Vincenzi «Con un po’ di lavoro di maquillage sul sito web e qualche riunione in più in Commissione Comunale», aggiunge De Pietro.
«L’amministrazione, rispondendo alla nostra richiesta di inserire la cittadinanza nello statuto dell’associazione Smart City genovese, ha affermato che “L’interlocutore della Giunta non sono i cittadini, bensì il Consiglio comunale che li rappresenta” – conclude il consigliere a 5 Stelle – Altro che smart, altro che partecipazione attiva! La partecipazione si risolve, ancora una volta, in una delega al buio che i cittadini hanno pochi secondi per approvare all’interno della cabina elettorale».
Matteo Quadrone
[foto di Daniele Orlandi]