Senza un processo di rinnovamento interno che passi per la critica a certi capisaldi – sempre ammesso che sia possibile – ad oggi il M5S può contare su un solo vero punto di forza: continuare a fare opposizione. E anche il M5S, in mancanza di una visione ideologica di riferimento, può diventare preda del ricettario politico pret-a-porter: il "luogocomunismo"
Quasi ogni giorno arrivano conferme del fatto che il Movimento 5 Stelle è un progetto politico deficitario. Un episodio rivelatore è proprio quello recente della “non-consultazione” in streaming con Renzi: ma a questo riguardo occorre subito precisare per quali aspetti questa “scenetta” non è rilevante.
Ovviamente non ci interessa il “fascismo verbale” e le altre amenità che piacciono tanto alla maggioranza dei detrattori: quello è solo folklore. Neppure si può sostenere, come ho già avuto occasione di dire, che al M5S manchi coerenza.
Sappiamo già che i nuovi arrivati in Parlamento si propongono innanzitutto di mandare a casa la vecchia politica, identificata nella forma-partito tradizionale fatta di dirigenti autoreferenziali e accordi presi alle spalle degli elettori: e dunque era piuttosto prevedibile che non si potesse fare eccezione per un Renzi qualsiasi solo perché all’anagrafe conta 39 anni. Né si può dire che Grillo avesse ricevuto un mandato preciso per cercare il dialogo. La votazione on-line promossa tra gli iscritti doveva decidere sull’opportunità o meno di partecipare – cito letteralmente – a “una farsa”: per cui non si può concludere che la consultazione sia stata un’occasione sprecata, dato che l’utilità della cosa era evidentemente esclusa sin dal principio. E non si tratta certo di un’idea personale di Grillo calato dall’alto: al contrario, stiamo parlando di quella che da sempre è la linea ufficiale del movimento.
Ovviamente si può essere in disaccordo; e ci si può anche chiedere che senso abbia partecipare a una votazione in cui decidere, sostanzialmente, se insultare Renzi di persona o spedendogli una cartolina. Ma un iscritto al movimento non si può lamentare con Grillo perché fa quello che ha sempre sostenuto e praticato. La realtà è che probabilmente molti si sono avvicinati alla nuova forza politica senza capire bene di cosa si trattasse: e ora cominciano a rendersi conto di tutti quei limiti che forse si intuivano da subito e che ad oggi ancora non sono stati affrontati.
Sembra dimostrarsi corretto, ad esempio, quello che avevo scritto due anni fa: ossia che l’idea di sfruttare la verve comunicativa di Grillo, alla lunga, si sarebbe rivelata un’arma a doppio taglio; perché, se da un lato porta consensi, dall’altro impedisce la formazione di una leadership interna con una visione politica e un programma alternativo, e con ciò messa in grado di rispondere all’elettorato e di confrontarsi con le altre forze politiche.
L’idea stessa che si possa rinunciare a una leadership e ad una visione politica semplicemente ricorrendo a consultazioni sulla rete (anche questo lo avevo scritto) alla prova dei fatti non sta funzionando. Ogni volta che c’è da decidere qualcosa Grillo deve trovare degli esperti fidati, metterli sul web, avviare una discussione e indire una votazione: il che è tutto molto bello, se non fosse che, nel mentre, le altre forze politiche hanno già trovato un accordo per votare quello che piace a loro. E non è solo un problema pratico: è anche un problema ideologico.
Le votazioni on-line finiscono spesso in sostanziale parità, col risultato che pochi voti possono ribaltare completamente la linea di tutto il movimento. Cosa succederebbe se la votazione venisse ripetuta e il risultato fosse diverso? Di Maio e Di Battista si dovrebbero mettere a difendere di colpo la tesi contraria? È evidente, insomma, che una proposta politica si riconosce soprattutto dalle idee; che è con il merito dei contenuti, e non solo per un metodo, che si può chiedere il voto agli elettori; e infine che non si può rinunciare ad avere un’anima in cambio di un sondaggio su internet.
La scenetta del “colloquio” con Renzi dovrebbe far venire qualche perplessità anche per quello che riguarda il merito delle proposte. Ad esempio: com’è che il Partito Democratico (Grillo dixit) fa “copia e incolla di metà del programma” del movimento? Se da iscritto del M5S mi accorgo che quello che faccio viene replicato dal premier in pectore di un partito “morto”, che difende “banche, poteri forti e De Benedetti” e che non vale nemmeno la pena stare a sentire, come minimo devo cominciare a preoccuparmi. E forse dovrei anche chiedermi cosa ci sia nel mio programma che piace così tanto a quelle stesse “banche, poteri forti e industriali”.
La risposta è che, purtroppo, anche il M5S, in mancanza di una visione ideologica di riferimento, può diventare preda del conformismo del ricettario politico pret-a-porter; vale a dire un miscuglio improbabile di “tagli agli sprechi”, “diminuzione delle tasse”, “investimenti produttivi”, “riforme strutturali”, “riduzione dei costi della politica”, “lotta alla corruzione”, “grinnecconomi”, “niutecnologgi” e “bisogna-sbattere-i-pugni-sul-tavolo-in-Europa” che l’economista Alberto Bagnai, con felice espressione, ha ribattezzato “luogocomunismo”.
Questa definizione coglie bene il senso di una politica che trasversalmente è tutta dedita alla ripetizione di un mantra, cioè una formuletta che sta a metà tra la buona intenzione e l’inutile tautologia, che è svincolata da ogni seria riflessione scientifica e che chiunque può far sua per dare l’impressione di avere capito cosa vada fatto. Ma dietro al luogocomunismo, in realtà, si nasconde un pauroso vuoto culturale che è la cifra vera della inadeguatezza della nostra classe dirigente e che è invece funzionale agli interessi dell’establishment, ben contento del fatto che la gente non sappia più distinguere tra politiche di destra e politiche di sinistra.
A fronte di questo scenario sconfortante la giovane età e la dimestichezza nell’uso di internet servono a poco, se non a buttare nello stesso calderone Renzi e Grillo.
Ciò non toglie che alcune intuizioni e alcuni esiti del M5S restino positivi: il problema sta nell’avere declinato coerenza e democrazia in senso ottusamente radicale. Pertanto senza un processo di rinnovamento interno che passi per la critica a certi capisaldi – sempre ammesso che sia possibile –, ad oggi il M5S può contare su un solo vero punto di forza: quello di continuare a fare opposizione. Checché se ne dica, infatti, non è l’accordo a tutti i costi, ma il confronto che fa la democrazia. E la virtù di Grillo è proprio quella di opporsi a partiti che, dal canto loro, continuano a sbagliare tutto.
Andrea Giannini