Un Patto rimasto in sospeso. Facciamo il punto con un membro dell'associazione "Via Pré - Orgoglio di Genova": «...pochi dei 24 punti del Patto sono stati rispettati, ma bisogna anche ammettere che in questa zona oggi come oggi non ci sono gravi problematiche»
Ci eravamo lasciati a gennaio 2012 con la notizia della firma appena avvenuta del Patto per Prè da parte dei quattro comitati di quartiere Vivi Gramsci, La voce di Pré, Via di Pré l’orgoglio di Genova, La coscienza di Zena, con l’ex sindaco Marta Vincenzi e l’allora Assessore Francesco Scidone. Ma ad un anno e mezzo esatto dalla firma, che ne è stato del Patto? Le proposte presentate sono state realizzate e lo spirito con cui è stata sottoscritta la convenzione è stato rispettato? Su suggerimento di un nostro lettore, siamo andati in Via Pré per parlare con Armando Gallone, membro del comitato di quartiere Via di Pré, orgoglio di Genova.
All’epoca della firma dell’accordo (diventato poi effettivamente operativo nel marzo 2012), i presupposti erano buoni: da un lato, l’amministrazione comunale si impegnava per il rilancio del quartiere, coinvolgendo i cittadini in varie iniziative ed eventi pubblici, ed incentivando gli esercizi commerciali mediante sgravi fiscali e vantaggi economici a trasferirsi in zona, dando vita anche in questo quartiere al cosiddetto Incubatore di Imprese. Dall’altro lato, le associazioni si sarebbero dovute impegnare a preservare in buono stato e in sicurezza (prevista, ad esempio, anche la presenza di un presidio di polizia fisso) il quartiere e organizzare iniziative per incentivare la partecipazione da parte anche di quei genovesi che non frequentavano abitualmente la zona. Tra le altre cose, era prevista l’apertura su Via Pré dell’ingresso di Palazzo Reale e degli altri edifici storici, con un accordo con l’Università di Genova. E poi, i controlli nelle abitazioni per sconfiggere la piaga dell’abusivismo e per aiutare chi è costretto a vivere in condizioni di disagio. Addirittura erano stati messi nero su bianco 24 punti essenziali, parte integrante del programma dell’amministrazione.
Una cosa è certa, è fallita l’iniziativa dell’incubatore di imprese (in poco più di un anno abbiamo visto scappare da via Pré dopo una strenua resistenza diversi presidi commerciali che negli ultimi anni si erano distinti e avevano svolto attività importante per il quartiere); e qual’è la situazione per quanto riguarda i restanti punti sottoscritti nel Patto? All’epoca della firma, Marie Noelle Vardi, portavoce del comitato Via di Pré l’orgoglio di Genova commentava la sottoscrizione con entusiasmo ma con altrettanta esasperazione: dal 2004 chi vive nel quartiere si batte per raggiungere uno stato più dignitoso, senza essere ascoltato.
Vardi metteva la pulce nell’orecchio, facendo notare che la firma, dopo anni di battaglie, arrivava proprio a ridosso delle elezioni. Ed è la stessa Vardi che, interpellata oggi, preferisce non rilasciare dichiarazioni, sostenendo di essere “fuori dalla faccenda”. Strano: sembra che la delusione per l’esito del Patto per Pré sia tale che anche le associazioni all’epoca più attive si siano ritratte (come Via Prè – Orgoglio di Genova) e abbiano preferito piuttosto dedicarsi ad altre attività –culturali, sociali, ecc.-, allentando i rapporti con il mondo politico.
Armando Gallone, membro della stessa associazione di Vardi, ce lo conferma, ma ci tiene anche a sottolineare quanto in realtà la situazione del quartiere non sia più così grave come anni fa: «Nel corso del tempo, dopo la firma del Patto, abbiamo perso un po’ di entusiasmo e ci siamo staccati, scegliendo di occuparci di arte, organizzazione di mostre, manifestazioni, cultura. Per quanto mi riguarda, faccio parte dell’associazione di quartiere da quando mi sono trasferito ad abitare nei pressi di Via Pré: in quanto membro delle forze dell’ordine, sono arrivato a Pré nel 2004, all’epoca in cui alcuni alloggi erano stati assegnati a polizia e carabinieri, con il compito di presidiare la zona. Risiedendo nel sestiere, compreso tra la Commenda e Piazza dello Statuto, posso parlare con maggior cognizione di causa per quello di cui faccio esperienza quotidianamente: a mio avviso, in questa zona oggi come oggi non ci sono gravi problematiche.
La situazione è cambiata molto rispetto al 2004, quando sono arrivato qui. Tra 2004 e 2009, infatti, la criminalità era alta e la situazione piuttosto invivibile. Un vero disastro: le diverse etnie “in lotta” tra loro, il degrado urbano, la delinquenza, la circolazione di droghe erano alcuni dei problemi più gravi. Poi, dal 2010 –fino alla firma del Patto nel 2012- la situazione si è appianata e c’è stato un cambiamento: certo, il degrado persiste, in parte, ma Via Pré è ben vivibile e accogliente. Raramente si legge di fatti di cronaca come furti, scippi, omicidi, risse che si verificano in zona (e quando se ne legge sui giornali non bisogna dimenticare che in parte si tratta anche di “montature” mediatiche ed esagerazioni folkloristiche, per far leva sul cliché popolare che vuole il quartiere come criminale e pericoloso). La maggior parte delle volte, ad esempio, i fatti criminosi sono compiuti in Via Balbi, ma per estensione si attribuiscono all’adiacente Pré».
«Oggi, dunque, la situazione appare abbastanza tranquilla e, se ci sono ancora problematiche, si tratta di elementi comuni al 90% delle città italiane e che rientrano nelle difficoltà di gestione proprie delle grandi città. Se la situazione sia migliorata proprio grazie alla firma del Patto, non saprei dirlo. Di certo è stato un segno di svolta importante per la zona, e anche l’impegno bilaterale di amministrazioni e associazioni è stato di sicuro di giovamento. A ben vedere, tuttavia, non sembra che il Patto in sé sia stato un fattore così altamente discriminante per la ripresa della zona: pochi dei punti previsti sono stati toccati ed attuati, e per lo più non in toto ma solo parzialmente. Ad esempio, il caso dell’apertura degli ingressi dei palazzi storici di Via Balbi: non c’è, se non saltuariamente, in occasione di mostre o eventi specifici. Il presidio militare: non c’è, e non potrebbe nemmeno esserci. Non avrebbe senso impiegare forze militari per presidiare una zona (a bassa densità criminale) in cui i crimini che si riscontrano sono di lieve entità. Il presidio era stato richiesto, all’epoca, dalle associazioni di quartiere, ma si capiva da subito che questa non era una strada praticabile: anche qualora le amministrazioni avessero accolto la richiesta, si sarebbero soltanto acuite le tensioni in zona».
«Altro problema, il più importante, quello dell’abusivismo che, lungi dall’essere sconfitto, rappresenta una piaga per Pré. I controlli non vengono effettuati, se non su segnalazione da parte di privati, anche se tutti sono ormai a conoscenza della situazione. Qui si vive ancora nel degrado, con oltre 30 persone in appartamenti miseri e piccolissimi, ma nessuno sembra avere interesse a combattere questa pratica, perché farlo vorrebbe dire dover smuovere molte altre questioni di carattere sociale, ma anche economico e politico. Infine, oltre all’abusivismo abitativo, anche quello commerciale: molti locali che si presentano come –ad esempio- lavanderie o esercizi di altro tipo, celano retrobottega pieni di alcolici e generi alimentari, venduti di contrabbando, a danneggiare l’economia degli altri commercianti della zona. E soprattutto, da poco si è aperta una nuova questione: dopo la chiusura da parte del Comune del campo nomadi di Bolzaneto, si è deciso che alle persone di etnia rom saranno assegnati nuovi alloggi tra quelli comunali, nel centro storico. In Via Pré ci sono una serie di alloggi destinati a questo scopo, che saranno occupati dai rom già a partire dal mese di agosto. E questo, è un mio personale parere, non potrà che accrescere lo scompiglio».
Elettra Antognetti