Nonostante il ticket d'ingresso le condizioni del parco non sono ottimali: i restauri degli edifici devono ancora concludersi e alcuni percorsi sono inaccessibili
Due anni fa, l’ultima volta che ho avuto occasione di visitare Villa Pallavicini – lo splendido parco romantico ottocentesco di Pegli che, insieme a Villa Duchessa di Galliera di Voltri, dovrebbe essere un fiore all’occhiello del Ponente – la situazione del complesso era a dir poco disastrosa: vittima di atti vandalici e furti a danno del patrimonio (in particolare antichi reperti appartenenti all’arredo originario della villa), ma anche di un’attività di manutenzione assai carente, mentre gli interventi di ristrutturazione erano ancora completamente assenti.
All’epoca, la Giunta guidata dall’ex sindaco Marta Vincenzi, discuteva della possibile sperimentazione di nuovi modelli di gestione dei parchi storici cittadini, ad esempio prevedendone l’affidamento ad associazioni di cittadini, in grado di tutelare e gestire responsabilmente le preziose aree verdi genovesi, valorizzandone al contempo le notevoli potenzialità a fini turistici, anche attraverso il coinvolgimento di sponsor privati. L’idea è rimasta tale senza mai tradursi in realtà, anche se tuttora sono diverse le associazioni che si prendono cura di ville e parchi da Ponente a Levante. Recentemente la sezione genovese di Italia Nostra ha denunciato quella che definisce una «Disastrosa gestione del verde pubblico» e ha proposto, come prima azione da intraprendere «La nomina di curatori dei parchi come già avviene per i musei» e «L’istituzione di specifiche fondazioni che si occupino della gestione economica dei parchi».
Poco più di un mese fa sono tornato nella villa di Pegli – l’unica nel Comune di Genova con ingresso a pagamento – per constatare, a due anni di distanza, com’è la situazione. Ad una prima occhiata indubbiamente la situazione appare in netto miglioramento, ma le cose da fare sono ancora molte, soprattutto sul piano della manutenzione ordinaria del verde, in modo tale da non essere costretti ad intervenire una volta raggiunte le criticità, di conseguenza spendendo maggiori risorse economiche.
Innanzitutto per giustificare un ticket d’ingresso – come avviene a Villa Serra di Comago (gestita dai Comuni di Genova, Sant’Olcese e Serra Riccò, tramite il Consorzio Villa Serra ) che ai visitatori si mostra in splendida forma sotto tutti i punti di vista – sono necessari alcuni interventi: in primis il rafforzamento della sorveglianza, se davvero vogliamo salvaguardare il patrimonio storico-ambientale del complesso, poi l’intensificazione delle attività di cura del verde, oggi, come negli altri parchi cittadini, affidate ad Aster, società partecipata dal Comune che probabilmente non dispone delle necessarie competenze per gestire un bene così articolato; il medesimo discorso vale per l’antico orto botanico (fondato nel 1794), parzialmente recuperato dopo anni di incuria, ma che avrebbe bisogno del lavoro di giardinieri specializzati per tornare al suo antico splendore.
Inoltre occorre completare il restauro dei manufatti artistico-architettoni originali e ripristinare l’accessibilità di alcune aree (a dire il vero qualche percorso, rispetto a due anni fa, è stato riaperto, ma rimane ancora inaccessibile la parte del Castello, chiusa al pubblico ormai da decenni).
I lavori avviati dalla precedente amministrazione comunale procedono ormai da tempo e si sono concentrati sulla parte monumentale. E se la ristrutturazione della Tribuna gotica è conclusa, il cosiddetto Coffe House, un elegante edificio in stile neoclassico, versa nelle medesime condizioni del 2010 e necessita anch’esso di urgenti interventi di recupero.
Due anni fa la situazione più critica era quella del Tempio di Flora. All’epoca la costruzione si trovava in una situazione di estrema precarietà: le decorazioni scultoree apparivano ampiamente rovinate, così come gli affreschi che coprivano il soffitto, le nicchie del tempietto erano state trasformate in ripostigli, mentre i giardini di Flora, una piccola serra adiacente al tempio, erano desolatamente vuoti.
Oggi il cantiere si è spostato proprio in quest’area. Secondo il cartello di autorizzazione dei lavori l’intervento di ristrutturazione doveva essere concluso nella primavera del 2011 ma evidentemente, come di consueto, si sono verificati dei ritardi.
E così nell’estate 2012 il Tempio di Flora rimane ancora inaccessibile, circondato da impalcature e transenne che nascondono gli operai dalla vista dei visitatori.
Matteo Quadrone
[Foto di Daniele Orlandi]