Solo una parte di traffico petrolifero sarà trasferito sulla piattaforma al largo della costa. Rimane la convivenza forzata con pontili e depositi a terra, senza dimenticare il polo petrolchimico in mezzo alle case
Innanzitutto partiamo da un dato di fatto: la società moderna non intende rinunciare al petrolio. Dunque occorre approntare soluzioni lungimiranti per migliorare la convivenza della città con il suo porto, in questo caso il terminale petrolifero di Multedo. A fine giugno è stata avviata la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) di un’opera in tal senso strategica – sempre se a questo primo passo ne seguiranno altri – ovvero la realizzazione di una nuova boa off-shore a tre km al largo dalla costa per il trasferimento del greggio dalle petroliere a terra. Un passaggio fondamentale che consentirà di movimentare al largo una parte del traffico, consentendo al cantiere Fincantieri di Sestri Ponente di “ribaltarsi”, ampliando così i suoi spazi.
Il Porto Petroli di Genova Multedo movimenta petrolio grezzo e prodotti finiti (benzina, gasolio, olio combustibile, semilavorati e prodotti petrolchimici di base). «Considerando che il terminale petrolifero risulta ubicato ad una distanza minima di circa 200 metri dalle abitazioni e che, in un raggio inferiore a 500 metri di un’area densamente urbanizzata, strettamente mescolati a civili abitazioni, scuole, asili e attività commerciali, sono localizzati altri impianti a rischio come i depositi costieri di Carmagnani e Superba (stoccaggio e distribuzione di prodotti petrolchimici), è facile pensare a questa zona come ad una polveriera», si legge sulla pagina web del Comitato di Multedo. Numerosi studi eseguiti nel corso degli anni hanno evidenziato i pericoli per la salute umana causati dalla vicinanza a tali fonti di inquinamento. «Gli abitanti di Multedo, Pegli e Sestri – sottolinea il Comitato – sono costretti a convivere ogni giorno con l’inquinamento atmosferico e marino da idrocarburi e da sostanze derivate dalle lavorazioni petrolchimiche, quali l’alcol isopropilico, stirene, toluene, xileni, acetato di vinile, che provocano concentrazioni preoccupanti di sostanze cancerogene sull’abitato e conseguenti esposizioni tossiche. Mentre, gli idrocarburi aromatici aggravano lo smog fotochimico (sforamenti dei limiti per l’ozono), soprattutto nel periodo estivo». Senza dimenticare che in questa area si sono succeduti gravissimi incidenti, legati al ciclo del petrolio, tra i quali il Comitato menziona solo quelli più disastrosi: «L’esplosione della superpetroliera Hakuoyoh Maru del 1981 (6 morti fra membri dell’equipaggio e soccorritori), l’esplosione dei serbatoi della Carmagnani del 1987 (4 morti fra gli operai); l’affondamento della superpetroliera Haven del 1991 (5 morti fra l’equipaggio)».
«Abbiamo sempre pensato che un’isola off-shore avrebbe potuto allontanare i pericoli del Porto Petroli dal nostro quartiere – racconta Ferruccio Jochler, portavoce del Comitato di Multedo, ex consigliere di circoscrizione (Pegli) negli anni ’90 – Sappiamo, infatti, che è molto difficile se non impossibile, ipotizzare un totale spostamento del terminale petrolifero. Con la diminuzione dei pontili dedicati all’accosto delle petroliere almeno si potrebbe alleggerire il carico gravante su Multedo».
Tra l’altro, il Porto Petroli oggi sembra essere strutturalmente inadeguato per accogliere navi di un certo tonnellaggio. «Gli stessi comandanti delle unità navali hanno evidenziato alcune criticità – ricorda Jochler – Quando entrano in porto, infatti, le petroliere sono sempre accompagnate da 3-4 rimorchiatori e devono eseguire delle manovre particolarmente complesse».
Comunque sia, agli occhi degli abitanti della zona la nuova boa non rappresenta una soluzione salvifica. «Anche perché questa piattaforma off-shore riguarda solo il trasferimento del greggio dalle petroliere a terra e non il trasferimento delle altre sostanze pericolose – continua Jochler – Quindi il problema persiste. Noi continuiamo a sentire sempre i medesimi discorsi ormai da troppi anni. Il pericolo maggiore rimane la convivenza con il polo petrolchimico: le merci particolari scaricate dalle navi e depositate nei serbatoi di Carmagnani e Superba vengono movimentate tramite ferrovia sui binari che passano vicino alle nostre case».
«Il Porto Petroli è un “cancro” inserito nel territorio genovese per esigenze esclusivamente economiche – afferma Andrea Agostini di Legambiente – È una situazione assolutamente incompatibile con qualunque salvaguardia del territorio e della salute dei cittadini». L’ipotesi di realizzare una piattaforma soddisfa parzialmente l’esigenza di allontanare dalla costa i pericoli legati all’inquinamento e all’eventuale rischio di incidenti rilevanti. Tuttavia, potrebbe assumere un suo significato più profondo «Se contemporaneamente fosse attuato il risanamento completo delle aree retrostanti dove si trovano i depositi petroliferi ed il polo petrolchimico, in particolare Carmagnani e Superba, che sono i principali ricevitori dei prodotti chimici di base sbarcati nel terminal di Multedo – aggiunge Agostini – In altri termini, la delocalizzazione del polo petrolchimico è una questione pregiudiziale: o si attua effettivamente una politica di risanamento del territorio e la boa è un primo passo di un generale risistemazione delle aree di Multedo, oppure siamo di fronte ad un semplice palliativo». Insomma, anche per le altre materie prime pericolose occorre studiare una modalità di trasferimento in depositi ubicati lontano dalle abitazioni. «Allo stato attuale la realizzazione di una piattaforma off-shore è solo un alibi – conclude Agostini – A questo primo passo, infatti, consegue un preliminare di Piano Urbanistico che per quelle aree prevede, in caso di smantellamento del polo petrolchimico, la possibilità di realizzare nuove residenze. L’amministrazione comunale, invece, dovrebbe pensare a restituire al quartiere la sua vivibilità. Ma non c’è la volontà politica per spingere concretamente in questa direzione».
«I depositi petroliferi così come sono stati concepiti nel Ponente genovese, vicino alle case, non possono più stare – spiega Giovanni Spalla, noto architetto e urbanista che insieme ad altri docenti dell’Università di Genova, tra 2010 e 2011, ha realizzato degli studi di fattibilità, schemi urbanistici, infrastrutturali, tecnologici e ambientali per il nuovo Piano Regolatore Portuale di Genova – Ma la questione petrolifera va vista insieme a quella degli altri settori merceologici che per loro natura si pongono in contrasto con i luoghi di lavoro e residenza. Il petrolio è soltanto uno degli aspetti, forse il più rilevante, del tema delle sostanze pericolose (petrolio, gas, oli minerali, ecc.) movimentate nelle aree portuali e sul territorio cittadino. Per affrontarlo occorre una pianificazione complessiva. Purtroppo, però, in Italia da troppi anni è stata dimenticata l’importanza di un simile approccio ai problemi».
Il progetto presentato dalla Porto Petroli Genova SpA, per il quale si attende la Valutazione di Impatto Ambientale, prevede la realizzazione di una boa monormeggio ancorata al fondo del mare a largo della diga foranea antistante l’aeroporto di Genova (a circa 3 km di distanza dal Porto Petroli), un PLEM sottomarino per l’alloggiamento delle valvole di sezionamento del sistema, due condotte sottomarine di lunghezza pari a circa 3.3 km ed un terminale a terra localizzato all’interno del Porto Petroli di Multedo.
Il piano, inserito in uno specifico Accordo di Programma, parla di una riduzione dello spazio in banchina dedicato al Porto Petroli, per il potenziamento produttivo delle attività cantieristiche e l’espansione a mare dello stabilimento Fincantieri, con contestuale salvaguardia dei livelli di attività e delle funzionalità operative del Porto petroli, da assicurarsi attraverso la realizzazione e l’utilizzo di un nuovo impianto off‐shore. Contestualmente, si prevede la dismissione dell’accosto di levante del pontile “Delta” del Porto Petroli e dell’attuale boa, distrutta nel 2008 da una violenta mareggiata.
Il costo dell’intervento è di 50 milioni di euro a carico della società Porto Petroli Genova SpA che dovrà occuparsi anche delle infrastrutture a terra e della riorganizzazione complessiva dell’area.
«In linea di principio, se la piattaforma off-shore è effettivamente in grado di iniziare a fornire delle risposte concrete alle problematiche della zona, è un’ipotesi da prendere in considerazione», afferma l’architetto Spalla. Nel progetto, però, si parla di parziale trasferimento dei traffici petroliferi al largo. «Questo è il limite principale dell’intervento – sottolinea Spalla – Così Multedo continuerà a convivere con la presenza di alcuni attracchi per le petroliere e dei depositi a terra. Per liberare il quartiere dai pericoli per la salute pubblica e dal rischio di incidenti, invece, occorre riqualificare completamente l’area del Porto Petroli».
E qui entra in gioco il ribaltamento della Fincantieri con le ulteriori opportunità che un suo ampliamento – ed una riconversione di parte dell’area liberata dal terminale petrolifero da destinare ad esempio alla cantieristica – potrebbe portare a favore dell’economia della città, sotto forma di nuovi posti di lavoro in un ambiente più sano, senza pericoli per lavoratori e abitanti.
La domanda da porsi dunque è la seguente: qual è la quota di traffico petrolifero che la nuova piattaforma sarà capace di assorbire rispetto alla movimentazione totale? La risposta, leggibile nel progetto della Porto Petroli SpA, non è delle più incoraggianti: «La costruzione del nuovo sistema di scarico del greggio comporta una aspettativa di “delocalizzazione” degli sbarchi dal bacino interno alla monoboa stimata in oltre 20% del traffico navi annuo».
Negli studi di fattibilità realizzati dal professor Spalla insieme ad altri docenti universitari «Noi proponiamo di eliminare completamente il terminale petrolifero di Multedo. Così la Fincantieri potrebbe allargarsi sull’intera superficie attualmente occupata dai moli del Porto Petroli. Ma è ipotizzabile anche una strutturazione diversa degli spazi: destinandoli in parte al “ribaltamento” Fincantieri, in parte ad un nuovo polo della cantieristica. Inoltre, in una logica di scambio reciproco città-porto, una porzione potrebbe essere dedicata a spazi verdi per la popolazione».
In questo disegno il Porto Petroli sarebbe completamente spostato sulla piattaforma a largo della costa. «È una soluzione che esiste e funziona anche in altri porti – continua Spalla – Oltre al terminale petrolifero, però, sarà necessario eliminare i depositi da terra, trasferendoli in zone compatibili con l’abitato esistente e futuro».
Per quanto riguarda la presenza di altre sostanze pericolose nel più ampio contesto del porto genovese, i depositi di oli minerali situati nell’area di Calata Bettolo rappresentano un’emergenza alla quale dare al più presto risposta. «Come per il Porto Petroli, anche in questo caso, abbiamo proposto lo spostamento dei depositi di oli minerali su una piattaforma attaccata alla prevista nuova diga foranea a mare nell’ambito di Sampierdarena», racconta Spalla.
Un’ipotesi recepita negli scenari contemplati dal nuovo Piano Regolatore Portuale attualmente in gestazione: «La previsione dello spostamento delle funzioni petrolifere, di bunkeraggio e movimentazione rinfuse liquide a ridosso della diga di protezione suggeriscono un nuovo assetto all’interno del bacino di Sestri-Multedo che può consolidarsi come polo legato alla cantieristica navale mediante la ricollocazione di un nuovo bacino di carenaggio e l’aumento dello specchio acqueo protetto così da facilitare le manovre e l’accessibilità nautica».
L’Autorità Portuale ha deciso di puntare sull’ampliamento di Calata Bettolo per accogliere le grandi navi portacontainer. «La realizzazione di una nuova banchina a sud dell’esistente Calata Bettolo costituirà il Nuovo Terminal Contenitori in grado di operare su navi portacontainer di ultima generazione con portata fino a 15 mila teu – si legge sul sito dell’AP di Genova – Una volta completata, l’infrastruttura sarà in grado d’arricchire di almeno 500 mila teu/anno l’attività dello scalo».
Quindi è inevitabile che i depositi di oli minerali debbano spostarsi altrove. E contestualmente «Nell’ambito del bacino storico si prevede un incremento degli attracchi destinati al traffico passeggeri in corrispondenza di Calata Sanità in una prospettiva di valorizzazione urbana anche connessa al settore croceristico».
Matteo Quadrone