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Marc Luyckx Ghisi: la società della conoscenza, l’Europa del futuro

Il 7 maggio alle 20:30 l'autore belga Marc Luyckx Ghisi, ex-membro della Commissione Europea, sarà a Genova per la conferenza dal titolo “La società della conoscenza: sostenibilità e nuovi posti di lavoro”, organizzata su iniziativa spontanea di tre giovani genovesi


30 Aprile 2013Interviste

marc-luyckx-ghisi“Stiamo vivendo uno dei cambiamenti più significativi della storia: la trasformazione delle strutture di credenze della società occidentale. Nessun potere politico, economico o militare può competere con la potenza di un cambiamento della mente. Modificando la loro immagine della realtà, gli uomini stanno cambiando il mondo.” 

Inizia così, citando il pensatore americano Willis Harman, la prima parte del libro elettronico “La società della conoscenza”, scritto da Marc Luyckx Ghisi, autore belga ed ex-membro della Cellule de Prospective della Commissione Europea, l’équipe di intellettuali creata oltre vent’anni fa con lo scopo di immaginare il futuro dell’Europa. Nel suo libro, Luyckx Ghisi analizza in modo chiaro e accessibile la fase di transizione attraversata dalla nostra società, stretta tra due epoche caratterizzate da valori e modelli molto diversi tra loro.

Il 7 maggio alle 20:30 l’autore sarà a Genova ospite nell’Aula San Salvatore in piazza Sarzano, 9 per la conferenza dal titolo: “La società della conoscenza: sostenibilità e nuovi posti di lavoro”, organizzata su iniziativa spontanea di tre giovani genovesi. Interamente in italiano, con un leggero accento belga che ne renderà ancora più piacevole l’ascolto, alla conferenza interverrà anche il Professor Francesco Villano, giornalista pubblicista e curatore della traduzione italiana del libro “La società della conoscenza”.

Prof. Luyckx Ghisi, lei afferma che siamo nel mezzo di un cambiamento epocale. Potrebbe spiegare qual è l’epoca che ci stiamo lasciando alle spalle?

«Inizierò raccontando una storia. Circa 30 anni fa lavoravo alla Cellule per Jacques Delors (Presidente della Commissione Europea nel periodo 1985-95, ndr), il quale ci chiese uno studio sulle prospettive dell’economia europea fino al 2030. Giungemmo al risultato che la società industriale era al capolinea. Per capirne le ragioni fu sufficiente porsi la seguente domanda: quando sarà costruita una nuova fabbrica, si assumeranno diecimila operai oppure si propenderà per una squadra ristretta di ingegneri che controllino un gruppo di robot progettati per la produzione? La risposta era chiara, così come era evidente già allora che in Europa, nel giro di pochi anni, si sarebbero persi circa venti milioni di posti di lavoro nel settore industriale».

Il che ci porta dritti verso una nuova epoca …

«Esattamente. L’unica via percorribile è quella di entrare nella società della conoscenza, post-capitalista e post-industriale. Nella società della conoscenza, lo strumento di produzione non è più rappresentato dalla macchina, ma dalla mente umana, la quale condivide in rete il proprio sapere, creando, appunto, conoscenza secondo una logica win-win, nella quale tutti traggono un beneficio scambiandosi esperienze condivise. Con il termine “rete” non mi riferisco soltanto alla Rete – Internet – che pure ha una sua rilevanza in questo passaggio, ma intendo affermare che il lavoro non sarà più organizzato secondo le rigide strutture piramidali tipiche della società industriale. In questo modo le aziende saranno molto più human-centred, ossia metteranno al centro la persona e le sue competenze.
Nella società della conoscenza, un manager intelligente dovrà avere come prima preoccupazione che il suo “capitale umano” sia abbastanza soddisfatto da tornare a lavorare nella sua azienda il giorno dopo».

Mi sembra di intuire che il passaggio alla società della conoscenza implicherà una trasformazione che andrà ben aldilà del semplice cambiamento degli strumenti di produzione.

«Si tratta senza dubbio di un mutamento molto più profondo. In generale, stiamo cambiando paradigma, ovvero il modo in cui ci relazioniamo con la realtà circostante.
Veniamo da un sistema di valori della civiltà moderna industriale di tipo patriarcale, basato sulle tre “C” di Conquista, Comando e Controllo e fondato sulla sofferenza, sulla morte violenta, sulla disparità tra i sessi e sullo sfruttamento del pianeta. La civiltà industriale ci ha condotti a spolpare le risorse della Terra ed è evidente che non può funzionare, in quanto mette a repentaglio il futuro delle prossime generazioni. Al contrario, l’unica via di salvezza consiste nell’andare incontro al valore della Vita, mettendone al centro la sacralità e concretizzando un nuovo paradigma sociale ed economico. E’ un ragionamento pratico, ne va della nostra stessa sopravvivenza!»

A tale riguardo, può dirci se già esistono nel mondo delle donne e degli uomini che stanno portando avanti questo cambiamento di valori?

«Esistono e hanno anche un nome. In inglese si chiamano cultural creatives, che in italiano si traduce come “creatori di cultura” o “creativi culturali”. Su queste figure sono stati condotti diversi studi, uno in particolare a opera del Prof. Cheli dell’Università di Siena. Si tratta di persone che nella loro quotidianità, senza ricoprire ruoli altisonanti nella società, hanno già fatto propri i valori della Vita. Per entrare nella società della conoscenza non c’è bisogno di avere chissà quali titoli: è sufficiente creare attraverso le proprie intuizioni, ma anche con il proprio corpo e la propria anima, un po’ come fanno gli artisti. Alcuni dati riguardo ai cultural creatives sono abbastanza stupefacenti. Prima di tutto, si tratta di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo: solo in Cina ce ne sono probabilmente circa 200 milioni.
Il secondo aspetto è che per la maggior parte sono le donne a portare avanti un cambiamento di paradigma che mette al centro la vita. Per esempio, il fatto che l’India è il paese più all’avanguardia nella società della conoscenza è anche una conseguenza della reazione all’odioso fenomeno (anche italiano, ndr) del femminicidio, tipico della società patriarcale. Infine, un altro elemento sorprendente è che i cultural creatives sono così numerosi eppure nessuno o quasi ne parla, i media in primo luogo. Ma forse non c’è troppo da stupirsi: i mezzi d’informazione sono in mano a poche persone, le quali hanno tutto l’interesse a far passare sotto silenzio il cambiamento per mantenere lo status quo».

I creatori di cultura sono anche in Italia? E a proposito del nostro paese, che rapporto ha lei con la nostra penisola?

«Eccome se ce ne sono in Italia! Stiamo parlando di milioni di persone, il che è in linea con una mia teoria. Per quanto possa sembrare strano, vista la situazione politica, io sono infatti dell’idea che in Europa l’Italia è sempre annunciatrice e anticipatrice di grandi cambiamenti. Gli italiani, con la loro cultura e le loro conoscenze implicite, hanno le qualità per creare una marea di nuovi posti di lavoro nella società della conoscenza.
Riguardo al mio rapporto con l’Italia, io non ho solo origini belghe, ma anche greche e italiane, come si intuisce dal nome di mia nonna, Anastasia Ghisi. Forse anche per questo ogni volta che vengo in Italia sento un legame davvero molto forte con questo paese».

Daniele Canepa

Per informazioni sulla conferenza: creatoricultura@gmail.com oppure la pagina facebook Marc Luyckx Ghisi Conferenza


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