Un'opera imprescindibile per le istituzioni locali ma fortemente contrastata dagli abitanti delle zone interessate dalla cantierizzazione
I lavori per le infrastrutture preparatorie – il cosiddetto primo lotto dei sei complessivi – stanno per partire. Parliamo del famoso Terzo valico dei Giovi, un’opera fortemente voluta dalle istituzioni locali che la ritengono essenziale per aprire Genova alla Pianura Padana e all’Europa ma fortemente contrastata da alcuni abitanti delle zone interessate tra Liguria e Basso Piemonte.
Il 6 dicembre scorso il Cipe – il Comitato Interministeriale Programmazione Economica – ha sbloccato 1,2 miliardi di euro per la seconda tranche dei lavori di realizzazione della tratta ad alta velocità ed alta capacità Genova – Milano che si sono andati ad aggiungere ai 500 milioni già assegnati nel 2009. Oggi quindi il totale dei finanziamenti disponibili è di circa 1 miliardo e 700 milioni di euro sui 6,2 complessivi .
Il cantiere del primo lotto comprende per il 90% interventi per la viabilità funzionale ai cantieri, di interconnessione e di accesso ai siti di conferimento dello smarino (il materiale di risulta proveniente dagli scavi). In pratica opere funzionali all’attività di scavo della galleria principale. Si partirà dalla apertura degli uffici e dei campi base. I primi interventi riguarderanno la messa in sicurezza ed il monitoraggio ambientale delle opere di cantiere. Quindi la bonifica da possibili ordigni bellici, siti inquinati, demolizioni per eliminare le interferenze, ovvero quelle barriere che sono all’interno delle aree di cantiere, ma anche indagini storico – archeologiche. Attività particolarmente delicate che prevedono una serie di espropri – oltre una cinquantina nei comuni di Genova, Campomorone e Ceranesi – di abitazioni ed attività commerciali, industriali ed agricole (Il Programma Regionale Intervento Strategico stabilisce un indennizzo per ogni nucleo sfrattato pari a 40 mila euro).
L’elemento cruciale è la realizzazione delle strade per raggiungere i vari cantieri. Alcuni di questi verranno predisposti in particolare in Val Polcevera, in Val Lemme, a Serravalle (zona di Libarna) ed in adiacenza agli ingressi ed uscite del tunnel, comprese le finestre di Arquata, Voltaggio e Fraconalto. Per quanto riguarda la Liguria le strade per far viaggiare camion e ruspe saranno le seguenti: innanzitutto la galleria che collegherà lo svincolo dell’aeroporto con Borzoli e uscirà in corrispondenza della galleria di Scarpino con deviazione dei mezzi fino al raggiungimento di Fegino dove avrà sede il cantiere dal quale inizieranno gli scavi, bypass di Pontedecimo, adeguamento strada provinciale 6 Comune di Ceranesi, bypass Isoverde Comune di Campomorone, adeguamenti strada di Castagnola Comune di Ronco Scrivia.
In Val Polcevera sono ben 7 i cantieri previsti: 2 a Fegino (cantiere di servizio e cantiere operativo), Trasta (campo base con dormitorio), Bolzaneto (campo base con dormitorio), San Quirico (cantiere operativo), infine altri 2 a Cravasco (campo base con dormitorio e cantiere di servizio).
E sette sono anche gli anni di lavoro – termine previsto nel 2019 – per la realizzazione dell’opera, una galleria che forerà gli Appennini per uscire nella piana di Libarna fra Serra Valle Scrivia e Tortona, 53 km in totale di cui 39 in galleria.
Un’opera che fa discutere gli abitanti delle zone interessate dalla cantierizzazione (sono recenti le polemiche relative al cantiere di Trasta con il previsto “sfratto” della scuola Villa Sanguineti).
Ma vediamo quali sono i nodi principali del contendere tra favorevoli e contrari. Sostanzialmente le ragioni dei contrari sono tre: le ripercussioni sull’ambiente, l’effettiva utilità dell’opera, i costi eccessivi.
AMBIENTE
In primis l’impatto ambientale: il fatto che la linea sia in gran parte in galleria creerà numerose conseguenze. «Oltre al tunnel principale infatti ci saranno tante gallerie minori di servizio, trasversali a quella principale con altrettanti cantieri a ridosso dei centri abitati – spiegano i No Terzo valico – Quindi deforestazioni, rumore, polveri ed inquinamento con il passaggio di centinaia di camion, giorno e notte. Con pericolo di prosciugamento di molte falde acquifere come peraltro avvenuto per le gallerie tav nel Mugello».
E poi il pericolo amianto: è infatti accertata la presenza di rocce amiantifere nel tratto Voltri – Val Lemme. Nel corso di una conferenza dei servizi in merito ad impianti fra la Val Lemme e Ronco Scrivia, la Provincia di Alessandria ha effettuato dodici campionamenti. Nel novembre 2011 ne ha reso noti i risultati: «Le analisi, con una sola eccezione, hanno evidenziato concentrazioni di amianto tra i 1430 e 250.000 mg/kg, non conformi ai limiti tabellari. Ulteriori analisi hanno appurato che in nove pozzi su dieci i valori di amianto sono superiori al limite massimo nell’ordine di decine o addirittura di centinaia di volte».
La presenza di amianto è accertata anche sui versanti montuosi della Val Polcevera. Autostrade per l’Italia in merito al progetto Gronda ha dovuto riconoscere le problematiche relative alla gestione di terre e rocce contenenti fibre d’amianto che potrebbero essere disperse nell’ambiente circostante.
«I milioni di metri cubi di smarino contenente amianto costituirebbero un grave rischio per i lavoratori, per le popolazioni interessate dal passaggio di camion e dalle discariche», sottolineano i No Terzo valico.
Le Regioni hanno già indicato dove dovrebbe finire questo materiale frantumato, sia in Liguria, che nei paesi dell’Appennino o nelle varie cave dell’Alessandrino. La Regione Liguria ha individuato questi siti: Porto di Voltri (820 mila metri cubi); Ribaltamento Fincantieri (500 mila mc); Calata Libia – Canepa (450 mila mc); Riempimento terrapieno area Scarpino (800 mila mc); Cava Castellaro – Cravasco (2.222 mila mc); Cave Buzzi Unicem/Vecchie Fornaci (Sestri ponente, un milione di metri cubi). Inoltre chiede, per quanto riguarda l’avvio dei lavori, la priorità delle finestre di Polcevera e Val Lemme, la galleria di Linea Campasso e la predisposizione degli imbocchi di galleria di valico (nord e sud) e dell’imbocco della finestra Cravasco.
UTILITA’
Ma è sull’effettiva utilità dell’opera che i pareri diventano assai discordanti. Se per le istituzioni locali – in particolare l’Autorità portuale genovese – il Terzo valico è un’opera imprescindibile per far crescere economicamente la città, per gli oppositori esistono alternative valide con minor impatto ambientale e costi più contenuti.
La linea alta velocità viene concepita inizialmente – siamo negli anni 90’ – come funzionale al trasporto passeggeri. «La Genova – Milano servirà a spostare in 50 minuti circa 50 mila passeggeri al giorno», dichiarano le autorità. Nel 1994 si corregge il tiro e si sostiene che vi sarà un utilizzo misto passeggeri e merci soprattutto in chiave di rilancio del porto, con una riduzione di 15 minuti tra Genova e Milano. Oggi infatti la linea è denominata AV/AC, alta velocità ed alta capacità di trasporto merci.
«L’utilità per i pendolari è praticamente nulla – ribattono gli oppositori – il 95% dei pendolari ferroviari utilizzano i treni su percorsi brevi ma per questo genere di trasporto viene utilizzata una percentuale piccolissima degli investimenti. Tutti i finanziamenti vengono invece concentrati verso l’Alta Velocità che ha pochi passeggeri. Inoltre ci raccontano che la linea in questione sarebbe mista passeggeri-merci, cosa impossibile da realizzare come dimostra il fatto che non esiste una linea del genere in nessuna parte del mondo».
Veniamo ora ai dati sui traffici del porto di Genova per comprendere se è davvero necessaria una nuova linea di valico per superare gli Appennini.
Nel 2011 – secondo i dati dell’Autorità portuale – lo scalo di Genova si conferma il secondo d’Italia per movimentazione container (dopo Gioia Tauro), raggiungendo quota 1 milione e 847 mila TEUS (unità di misura del container che corrisponde ad un pezzo da 20 piedi). Un risultato che si avvicina a quello del 2007, ultimo anno prima della grande crisi. Il problema principale del porto è la carenza di infrastrutture e la difficoltà nell’usare il treno per la movimentazione delle merci.
Attualmente sono tre le linee di valico esistenti che collegano Genova con la pianura padana: la Genova – Ovada – Alessandria, la Genova – Torino dei Giovi, la Succursale dei Giovi. Oggi le linee esistenti vengono utilizzate al minimo delle loro potenzialità.
Il presidente dell’Autorità portuale, Luigi Merlo, da noi contattato per cercare di capire come stanno le cose e quali siano le prospettive future, spiega «Oggi su rotaia viaggia il 12% circa dei container ma il nostro obiettivo è raggiungere il 30% entro il 2015». Obiettivo ambizioso che vorrebbe dire un salto decisivo dalla gomma – il sistema di trasporto maggiormente utilizzato e più costoso – al ferro.
Il progetto di incremento del trasporto su rotaia fa leva sull’opportunità che sta nascendo oltre Appennino: Alessandria è il partner più stretto di Genova e attende con trepidazione la realizzazione del terzo valico che farà dell’alessandrino un punto di riferimento insostituibile per tutta l’economia del trasporto genovese. Al di la dei Giovi, a Rivalta Scrivia, si lavora alacremente per realizzare il principale parco ferroviario del nord ovest, che sarà la base certa per il retro porto di Genova: un’area di 265 mila metri quadrati che nel 2014 sarà completamente operativa, un hub della logistica che sarà in grado di movimentare 304 mila container con un transito di oltre 10 mila treni all’anno.
La cifra del 30%, precisa Merlo «È una stima potenziale legata al rafforzamento delle infrastrutture interne al porto, lavori già partiti per la realizzazione di linee e binari per la movimentazione delle merci che consentiranno nel futuro prossimo di facilitare il trasporto dei container sui treni».
Anche a livello di previsione dei traffici futuri, il presidente dell’Autorità portuale spiega che «Grazie a questi lavori gettiamo le basi per una crescita dei traffici, ovviamente intrinsecamente legata all’andamento del mercato, che potrebbe portare a superare quota 3 milioni di teus nel 2015 e raddoppiare il risultato odierno in 5 anni, quindi nel 2017, arrivando a circa 3 milioni e 700 mila teus».
A questo punto è necessario fare due conti: nel 2011 sul totale di 1 milione e 847 mila container sono stati trasportati su ferro il 12%, ovvero circa 221 mila container. Una percentuale modesta che le attuali linee di valico garantiscono senza nessun problema.
Secondo le previsioni più ottimistiche dell’Autorità portuale nel 2017 potremmo raggiungere una quota di container doppia rispetto all’attuale, quindi circa 3 milioni e 700 mila container. L’obiettivo è trasportarne su ferro il 30%, vale a dire circa 1 milione e 110 mila container.
Oggi, secondo gli oppositori dell’opera, le 3 linee attuali genovesi – sfruttando appieno le loro potenzialità con semplici ammodernamenti e cioè senza raddoppi – hanno una capacità residua di: Linea Succursale 70 treni da 57 TEUS = 3990 TEUS/g x 280 gg/a = 1.117.200 TEUS/anno; Linea dei Giovi 80 treni da 54 TEUS = 4320 TEUS/g x 280 gg/a = 1.209.600 TEUS/anno; Linea Ovada 30 treni da 60 TEUS = 1800 TEUS/g x 280 gg/a = 504.000 TEUS/anno. In pratica un totale di 2 milioni e 800 mila TEUS all’anno.
«Ciò dimostra che il Terzo Valico è una opera inutile ancor prima che impattante sull’ambiente – ribadiscono i No Terzo valico – Le previsioni di traffico dei progettisti finora si sono rivelate errate. Si basano sul concetto della crescita infinita. La linea attuale, secondo le stime doveva essere satura già dal 1998, la cosa non è affatto avvenuta. La crescita continua non esiste e il trasporto di merci voluminose diminuisce costantemente, diminuendo di conseguenza le necessità di trasporto. Per arrivare al recupero del 15% delle spese sostenute, tutte a carico dello Stato e quindi di noi tutti, si dovrebbero movimentare almeno 4 milioni di teus all’anno».
L’autorità portuale considera il miglioramento delle linee storiche un fattore positivo ma non sufficiente a cambiare lo stato delle cose, mentre il Terzo Valico rimane un’opera imprescindibile. «Le vecchie linee presentano delle criticità oggettive – spiega Merlo – tutte e 3 sono caratterizzate da una discreta pendenza, una conformazione difficile con la presenza di ostacoli (passaggi a livello, numerose curve, alcuni tratti a binario unico) ed inoltre sarebbe difficile, per problemi di orari e frequenze di passaggio, riuscire a coniugare il traffico merci e passeggeri».
COSTI
Gli oppositori del Terzo Valico puntano il dito anche contro i costi dell’opera ed in particolare la loro moltiplicazione, verificatesi nelle tratte di Alta velocità già realizzate.
«Il costo preventivo dei 54 km di terzo valico è di 6 miliardi e 200 milioni ossia 115 milioni di euro a Km – spiegano i No Terzo valico – almeno tre volte in più rispetto ai costi medi francesi secondo un’inchiesta del Sole 24 ore». Senza dimenticare il pericolo di infiltrazioni di organizzazioni criminali mafiose, presenti sia in Liguria che in Piemonte, capaci di infilarsi nelle pieghe di appalti e subappalti gestiti con un sistema che appare troppo “lasco”, come riconosciuto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp).
Quest’ultima nell’autunno 2011 ha diffuso le conclusioni di un’indagine avviata nel 2007 sugli interventi gestiti da Tav Spa e Rfi, e da Fiat e Cepav Uno, per la costruzione dell’Alta velocità in Italia. I risultati sono chiarissimi: nella costruzione dell’opera, almeno per quanto riguarda le tratte già realizzate, c’è stata una «violazione sistematica e sistemica dei seguenti principi: libera concorrenza e non discriminazione, in quanto in tutte le tratte conferite al general contractor è stato registrato il mancato affidamento dei lavori da parte di quest’ultimo a imprese terze con procedure a evidenza pubblica nella misura stabilita dalle convenzioni (60% del valore totale dell’appalto); economicità del sistema di realizzazione (…) efficacia dello stesso essendo confermati lunghi tempi di esecuzione delle opere, rilevanti incrementi di costo rispetto alla stima inizialmente ipotizzata, nonché onerosi contenziosi».
Nel 1991, quando fu dato il via all’Alta velocità, l’Italia adottò il sistema dei general contractor che prevedeva l’affidamento diretto – senza una gara a evidenza pubblica – ad un soggetto unico degli appalti per la realizzazione dell’opera. L’affidamento diretto senza gara ad un general contractor ha comportato un risultato di non economicità: un’opera che doveva essere terminata anni fa è ancora in corso di realizzazione ed i costi nel frattempo sono ampiamente lievitati.
L’Unione europea nel 1993 ha emanato una direttiva che stabilisce dei principi a tutela della concorrenza e del libero mercato. La stessa UE ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per non aver garantito – nell’assegnazione degli appalti per la realizzazione dell’Alta velocità – l’apertura al mercato e alle imprese. Nel 2005 il nostro Paese negoziò con Bruxelles un compromesso “all’italiana”: l’Europa rinunciò alla penale inflitta al nostro Paese per aver affidato gli appalti ai general contractor senza gara pubblica ed in cambio l’Italia si impegnò a far sì che questi ultimi affidassero il 60% dei lavori ancora da realizzare a terzisti attraverso gare pubbliche.
Infine le ricadute occupazionali sul territorio. Il Terzo valico potrebbe rappresentare una grande opportunità per il comparto produttivo dell’edilizia che attraversa un drammatico periodo di crisi.
Come detto in precedenza il general contractor – il Cociv, consorzio di imprese incaricato della realizzazione, composto al 54% da Impregilo, Condotte 21%, Technimont 20% e Civ 5% – potrà dare in affidamento diretto in forma di subappalto il 40% delle opere, mentre per il 60% è prevista la procedura a evidenza pubblica con bando di gara internazionale.
Ebbene, per accorciare i tempi delle operazioni, i lavori del primo lotto saranno compresi tutti nel 40% di affidamento diretto. In pratica sarà il general contractor a decidere a chi affidare la gestione dei lavori. Probabilmente società controllate, ma esiste anche la facoltà di scegliere ditte locali “affidatarie con procedure negoziate”.
La scorsa settimana si è svolta una riunione a Roma per presentare il piano dell’opera a cui hanno preso parte i vertici di Ance Genova e Ance Alessandria nonché rappresentanti del livello nazionale e territoriali di Fillea (Cgil), Filca (Cisl), Feneal (Uil). In calendario è già previsto un secondo incontro, all’inizio di maggio, per scendere nei dettagli.
«Abbiamo trovato una buona disponibilità nel voler coinvolgere ditte e manodopera del luogo – spiega Maurizio Senzioni, presidente di Ance Genova (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili) – Una grande opportunità in un momento di crisi massima».
Ma garanzie – formali o informali che siano – non esistono. E tutti i presunti posti di lavoro nell’area genovese per ora rimangono un dato empirico. Un dato di fatto è invece la realizzazione di 3 strutture dormitorio a Trasta, Bolzaneto e Cravasco che potranno ospitare circa 300 operai ciascuna: sicuramente non genovesi.
«Sono strutture destinate a ditte specializzate che si occuperanno dei lavori successivi – conclude Senziani –Noi come ditte locali ci giochiamo gran parte delle possibilità nei lavori del primo lotto, dove possiamo dire la nostra. Speriamo si tratti di procedure accessibili anche per le piccole imprese».
Matteo Quadrone
14 commenti su “Tav, Terzo valico dei Giovi: favorevoli e contrari, opinioni a confronto”