Al via la nuova rubrica di Gianni Martini: "Gli articoli di questa nuova stagione vorrei dedicarli alla “forma-canzone” con particolare attenzione alla canzone italiana e specificamente alla canzone d’autore. Cercherò di tratteggiarne la storia, i filoni stilistici, le “scuole”, descrivendo anche qualche aspetto formale"
La canzone è una forma musicale di grandissima popolarità e notevole potenziale espressivo – comunicativo. Ognuno di noi ha certamente una o più canzoni che negli anni ha amato o a cui si sente maggiormente legato. Magari semplicemente perché una canzone gli ricorda episodi della sua infanzia della sua adolescenza. Insomma le canzoni – è noto – muovono i ricordi, legate come sono a volti, vicende personali e/o collettive racchiuse nella nostra memoria (a questo proposito qui è possibile consultare gli articoli della stagione scorsa, dedicati alla “Musica Nuova“). Ma oltre a questi aspetti psicologici, affettivi e privati (anche quando riguardano migliaia di persone) ci sono caratteristiche che rendono la canzone immediatamente un “oggetto sociale”. Anzi, possiamo certamente sostenere che la canzone sia già frutto di un’attività sociale: la canzone è indice di (e spesso favorisce le) relazioni sociali.
Banalmente, si scrivono canzoni per poi cantarle o perché siano cantate da qualcuno. Anche la canzone “rimasta nel cassetto”, in realtà avrebbe voluto spiccare il volo verso il mondo. Ben difficilmente qualcuno scriverebbe solo ed esclusivamente per se stesso, in quel caso, come dire, si tratterebbe di “canzoni catatoniche”… Magari si scrive e poi vien meno il coraggio di fare ascoltare le proprie canzoni agli altri per paura dei giudizi (ecco una possibile genesi per le canzoni che rimangono nel cassetto…). Ma d’altra parte qualsiasi “oggetto ideale” – come è una canzone nella fase embrionale – diventa una canzone vera e propria solo quando qualcuno inizia ad ascoltarla, ossia quando diventa socializzabile/comunicabile/ripetibile/giudicabile.
La popolarità e/o il successo rappresentano poi una ulteriore sfaccettatura che riguarda (e necessariamente segue) la creazione/produzione di una canzone. A questo punto mi sembra utile inserire un distinguo tra “popolarità” e “successo”. Certo, un brano di successo diventa, per forza di cose, popolare, nel senso di “conosciuto a livello di massa”. Ma il termine – almeno in un’accezione del suo significato – mi sembra che rimandi ad un contesto storico particolare e recente. Le canzoni (e i cantanti-interpreti) di successo sono esplicitamente un fenomeno successivo alle consistenti innovazioni tecnologiche – applicate alla realtà/mercato dei mass media – che hanno caratterizzato la prima metà del ventesimo secolo: la radio; le tecniche di registrazione; il disco e poi la cassetta audio, la televisione, la possibilità di amplificare ed elaborare il suono ecc… E parallelamente il formarsi/nascere dell’industria culturale, che tutti questi mezzi ed opportunità offerte dalla tecnologia userà a spada tratta, abusandone.
Però il successo può anche finire, essendo legato molto spesso alle mode. Quindi una canzone/cantante di successo dopo non molto tempo potrebbe sparire dalla memoria, all’insegna dell’effimero. Il termine “popolare”, invece, mi sembra maggiormente legato alla memoria, al ricordo: la popolarità si guadagna, è frutto di un lavoro costruito nel tempo, un traguardo, non il risultato di invasive strategie promozionali e pubblicitarie; c’entra relativamente con i risultati delle vendite e le Hit parade. Prendiamo ad esempio Blowind in the wind, We shall overcome, O sole mio, Il ragazzo della via Gluck, Fischia il vento, La canzone del sole, Nel blu dipinto di blu (Volare). Queste sono canzoni “popolari” perché rimaste nella memoria storica e ne vanno ad arricchire la tradizione musicale. E in quanto vanno a sedimentarsi negli strati più o meno profondi della tradizione/costume/cultura di una collettività, le canzoni diventano traccia/segno/simbolo/icona sonora di quella stessa comunità. Ogni canzone, anche la più dimenticata, costituisce comunque la traccia di un particolare periodo storico.
Tuttavia, in quanto prodotto culturalmente complesso, la canzone diventa, da elemento semplicemente residuale, “segno” di quel determinato periodo: fornendoci delle informazioni (aspetti formali e strutturali, caratteristiche del giro armonico, rapporto col testo, tecniche di registrazioni e supporto audio eventuale…) ci aiuta ad identificarlo. Se poi quella canzone fosse (o fosse stata) molto popolare, addirittura potrebbe assurgere a simbolo di un’epoca, una vicenda storica, una comunità, un gruppo di persone. Canzoni-simbolo possono considerarsi : Like a rolling stone di B. Dylan, La locomotiva di F. Guccini, Bella ciao, Sapore di sale di G. Paoli, Satisfaction dei Rollig Stones, e ovviamente altre.
Dopo queste doverose premesse, nella prossima uscita iniziaremo il nostro viaggio attraverso la “forma canzone”…
Gianni Martini