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Croce Rossa, un decreto rende possibile la privatizzazione

L'Associazione italiana della Croce Rossa, costituita dal Comitato centrale e dai comitati regionali, verrà in pratica scorporata dai Comitati locali e provinciali che diventeranno soggetti privati


26 Ottobre 2011Notizie

 

Una voce che circolava da tempo trova conferma nella bozza di decreto legislativo che la Presidenza dei Ministri si appresta ad approvare.

La Croce Rossa, secondo questo documento (disponibile in versione integrale su www.articolo21.org), subirà un processo di privatizzazione.

L’Associazione italiana della Croce Rossa, costituita dal Comitato centrale e dai comitati regionali, verrà in pratica scorporata dai Comitati locali e provinciali.

Questi ultimi infatti, si legge all’art.1 comma 2 della bozza legislativa, “assumono la natura giuridica associativa di diritto privato“.

Inoltre, l’art. 1 comma 3 sancisce che “I Comitati locali e provinciali subentrano nei rapporti attivi e passivi relativi alle convenzioni stipulate dalla CRI, comprese quelle con enti locali e organi del Servizio Sanitario nazionale”.

Al comma 5 si dice che “A seguito della privatizzazione di cui al comma 2 i Comitati locali e provinciali non possono usufruire di finanziamenti statali finalizzati al loro funzionamento, salvo quanto previsto dalla normativa vigente in favore delle associazioni di volontariato”.

Mentre l’art. 2 comma 3, per quanto riguarda i compiti della CRI,  dice “La CRI può avvalersi dei comitati locali e provinciali affiliati per lo svolgimento dei compiti di cui al presente articolo attraverso apposite convenzioni e con oneri a carico del Comitato centrale o dei Comitati regionali nell’ambito delle disponibilità di bilancio”.

Una domanda sorge spontanea: ma se la CRI rimane un ente pubblico non economico (concetto menzionato all’art. 1 comma 1) come sarà possibile affidare l’esecuzione dei lavori senza uno straccio di gara ?

Inoltre i Comitati locali/provinciali diventeranno soggetti privati ma avranno la possibilità di mantenere le convenzioni stipulate dall’ente pubblico come recita l’art. 1 comma 3 “La CRI in ogni caso cura fino al 30 giugno 2012 l’esecuzione delle convenzioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, avvalendosi anche dei Comitati locali e provinciali”.

Per quanto riguarda il vasto patrimonio della CRI costituito da almeno un migliaio di proprietà principalmente frutto di donazioni,l’art. 5 comma 1 ricorda che “Il patrimonio immobiliare della CRI è destinato all’espletamento dei compiti istituzionali e di interesse pubblico, anche mediante l’utilizzazione in comodato d’uso gratuito da parte dei Comitati locali e provinciali affiliati”.

Ciò vuol dire che questi nuovi soggetti privati potranno usufruire gratuitamente degli immobili appartenenti ad un ente pubblico.

Mentre l’art. 5 comma 6 stabilisce “Entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto la CRI redige lo stato di consistenza patrimoniale e l’inventario dei beni immobili di proprietà o comunque in uso ed elabora un piano di valorizzazione degli immobli per recuperare le risorse economiche e finanziarie per il ripiano degli eventuali debiti accumulati, secondo i seguenti criteri:

– dismettere, nei limiti dell’eventuale debito esistente anche a carico dei bilanci dei singoli comitati, gli immobili pervenuti alla CRI non attraverso negozi giuridici modali e che non siano necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali e di interesse pubblico;

– ricavare reddito, tramite negozi giuridici di godimento (affitti, ndr), degli immobili non necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali e di interesse pubblico; verificare la convenienza alla rinuncia a donazioni modali di immobili non più proficuamente utilizzabili…;

– restituire alle amministrazioni titolari i beni demaniali o patrimoniali indisponibili in godimento…”

Quindi la CRI ha la possibilità di fare cassa liberandosi degli immobili che non le servono. Anche se le modalità di vendita non sono per nulla chiare.

Tutte le sigle sindacali sono unite nel condannare questo possibile decreto.

Nel comunicato diramato da CIGL-FP, CISL-FP, UIL-PA, SINADI CRI, FIALP-CISAL, USB e UGL Intesa, si fa notare che “L’intero provvedimento è strumentalmente motivato con la riduzione del debito ma non è in grado di disegnare un servizio che garantisca almeno le stesse prestazioni oggi erogate. Abbiamo sempre attaccato gli sprechi ovunque si annidassero ma una cosa è un progetto di riforma, un piano di rientro dal debito, una accurata gestione del patrimonio immobiliare che certamente non può essere una svendita, altra cosa è ridurre i compiti di assistenza e urgenza svolti in tutta Italia con la professionalità riconosciuta ai dipendenti della Croce Rossa ad una mera operazione contabile”.

E stamattina davanti a Palazzo Chigi l’Unione Sindacale di Base ha organizzato un presidio a cui ha invitato tutti i lavoratori perchè l’ipotesi di trasformazione della CRI rischia di avere come diretta conseguenza, un alto numero di licenziamenti fra il personale dipendente.

 

Matteo Quadrone


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