La legge 266/1997 negli ultimi anni non è più stata finanziata dal Governo nazionale. Si rischia così di compromettere l'attività di un presidio fondamentale per la città vecchia
I rubinetti sono chiusi ormai da alcuni anni ma nonostante ciò la sua funzione continua ad essere vitale per alcuni tra i quartieri più difficili della città vecchia, in particolare via della Maddalena, via di Prè e via dei Giustiniani. Parliamo dell’Incubatore di imprese del centro storico, attivo dal 1999, favorisce e supporta la creazione di nuove imprese e non solo, svolge infatti un ruolo cruciale anche nell’aiutare le imprese esistenti a riqualificarsi. Gestito in stretta collaborazione dall’ufficio politiche promozione di impresa del Comune di Genova e da Job centre, grazie ad attività di animazione e promozione della conoscenza del territorio, è stato capace di dare una spinta significativa al rilancio di alcune zone del centro storico.
Oggi rischia di terminare la sua esperienza a causa del mancato rifinanziamento della legge nazionale – la cosiddetta legge Bersani, la Legge 266/1997 “Interventi urgenti per l’economia”, utile per l’innovazione economica in aree colpite da degrado urbano – che ne ha reso possibile la nascita. Chiariamo subito che la responsabilità di questa scelta non ricade sull’amministrazione comunale, la quale al contrario – tramite l’assessore alle politiche del lavoro e strumenti per il suo sviluppo, Mario Margini – ha promesso il massimo impegno nel fare pressioni, affinché l’attuale esecutivo guidato da Monti, sostenga la legge.
In realtà, come detto, già a partire dall’ultimo Governo Berlusconi, da Roma non sono più arrivati soldi. L’incubatore è riuscito comunque a svolgere il suo ruolo fornendo agevolazioni alle imprese in parte a fondo perduto ed in parte con finanziamenti in sette anni allo 0,5%. In pratica è solo grazie al denaro che lentamente rientra dai finanziamenti passati, se l’incubatore ha portato avanti le sue iniziative.
«Nel 2012 raccoglieremo i frutti del lavoro svolto nel 2011 – spiega Claudio Oliva, direttore del Job centre e uno dei protagonisti del Patto per lo sviluppo della Maddalena – ma se quest’anno non seminiamo, a causa della mancanza di fondi, il raccolto nel 2013 sarà misero».
Ma non è sufficiente aiutare le imprese ad insediarsi, occorre sostenerle con iniziative in grado di rivalutare l’intero contesto territoriale che le circonda. Ed i risultati si sono visti, in particolare alla Maddalena, dove negli ultimi tempi si registra un frizzante e positivo fermento in tutto il tessuto sociale, abitanti, negozianti, associazioni, tutti uniti con un comune obiettivo: riqualificare l’intero quartiere.
«In zona maddalena abbiamo ottenuto importanti risultati – ricorda Oliva – da luglio a dicembre 2011 abbiamo favorito l’insediamento di 9 nuove aziende. Mentre negli ultimi anni 14 attività sono state riqualificate».
«Se davvero non avremo più il supporto dell’Incubatore noi protesteremo vivacemente – annuncia Carla Gregori, storica commerciante della zona – insieme al Patto per lo sviluppo della Maddalena e con l’impegno del Civ, siamo riusciti a far dialogare tra loro cittadini, titolari di esercizi commerciali, parrocchie e realtà sociali».
Il rischio insomma è quello di inceppare un meccanismo ben oliato e poi ritrovarsi in grave difficoltà per rimetterlo in moto. il ruolo dell’Incubatore infatti è molteplice, rappresenta il fulcro di un processo complesso che comprende l’assistenza ai potenziali nuovi imprenditori, l’azione diretta sul territorio per stimolare la risposta della comunità residente e degli operatori commerciali, ma anche il sostegno per la riqualificazione delle attività che stentano ed hanno bisogno di una mano per rilanciarsi.
Dal 1999 ad oggi sono state numerose le persone che si sono rivolte all’Incubatore per proporre le proprie idee, ricevere tutte le informazioni sulle agevolazioni possibili, visionare i locali disponibili e poi decidere se partecipare ai bandi. L’incubatore si occupa di selezionare i locali e si adopera con i proprietari, dando loro la possibilità di rendere fruttuosi spazi altrimenti abbandonati. Valuta attentamente le proposte dei potenziali nuovi imprenditori per accettare quelle più qualificate che offrano garanzia di solidità.
E a proposito di conoscenza del territorio oggi ci si muove anche su nuovi fronti, come dimostra un’importante iniziativa, recentemente avviata. Parliamo dell’organizzazione di visite guidate in zona Maddalena, un progetto reso possibile grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo (uno dei soggetti attivi del Patto). «Oltre 500 persone hanno già partecipato – spiega Oliva – è stato un grande successo. Li abbiamo accompagnati a visitare i negozi ed i luoghi storici del quartiere. Sono attività che fanno leva sulla cultura e contribuiscono a creare un clima consono affinché nuove imprese si possano inserire nel contesto della Maddalena».
Per quanto riguarda la zona di Prè, qui la situazione “ambientale” è leggermente diversa. Infatti, se alla Maddalena grazie ad un mix di elementi – cittadini, negozianti, associazioni – il quartiere ha invertito la rotta, in via di Prè nonostante l’impegno degli abitanti, i passi avanti sono stati decisamente più limitati. Indubbiamente un miglioramento c’è stato perché oggi il quartiere è maggiormente vivibile rispetto a poco tempo fa, ma i problemi legati a spaccio, eccessivo consumo di alcol e microcriminalità, permangono.
Su questa cruciale porzione di centro storico però, grava un’ingombrante ambiguità di fondo. La zona non è mai stata sfiorata dal cosiddetto fenomeno della “movida”, che numerose criticità sta creando in altre zone della città vecchia (ad esempio via di San Bernardo), invase dai giovani nelle ore notturne e completamente spettrali durante il giorno. Ma neppure è mai stato promosso – con la dovuta convinzione – un processo di trasformazione in senso turistico, nonostante le incredibili potenzialità di una strada conosciuta a livello internazionale, a due passi dal Porto antico.
«Secondo me finora l’amministrazione ha giudicato che in questa zona non valesse la pena fare investimenti in questo senso», spiega Ornella Cocorocchio, residente e portavoce dell’associazione La coscienza di Zena.
Eppure l’Incubatore di imprese anche a Prè ha svolto e continua a svolgere, un ruolo fondamentale. In questi anni ha favorito l’avvio di ben 44 nuove imprese. E non solo. «Due operazioni significative hanno riguardato la riqualificazione dei Truogoli di Santa Brigida e del mercatino di Shangai – ricorda Oliva – oggi purtroppo c’è solo un bando aperto per piazza Sant’Elena».
Il problema è che in zona Prè non ci sono più locali pubblici disponibili. Tutti quelli che c’erano sono stati recuperati. «La gran parte dei locali sono in affitto ma vanno adeguati – continua Oliva – sarebbero necessari dei bandi per riqualificare le imprese esistenti ma non ci sono fondi».
«L’incubatore a Prè è assolutamente necessario – spiega Cocorocchio – abbiamo inviato una lettera all’assessore Margini affinché faccia tutto il possibile per preservare questo presidio».
Una presenza ancora più importante perché «L’università ha aperto i portoni su via Prè, Palazzo Reale inserisce una libreria ed un museo dell’artigianato sopra lo Statuto, un imprenditore privato ha recuperato un edificio e sta riqualificando la piazzetta di proprietà dell’Università (recentemente intitolata alle vittime di mafia) – scrivono comitati/associazioni nella missiva – Tutto questo potrebbe essere un’operazione feconda di ricadute positive per il quartiere e riproporre l’azione benefica apportata a Sant’Agostino, se solo fosse garantita intorno alle nuove realtà che andranno a formarsi, una nuova rete di attività adeguate. Una garanzia per questo è che continui ad esistere a Prè l’Incubatore di imprese, il solo che in questa fase può agire avendo quella visione d’insieme che non fa disperdere le forze e può convogliare al massimo risultato».
Gli abitanti, considerato il probabile aumento del transito degli studenti, grazie all’apertura delle porte dell’Università e con l’auspicio che anche i turisti vengano invogliati a passare con più frequenza dall’antica via di Prè, chiedono che venga incentivata la presenza di pubblici esercizi, ovvero bar, ristoranti, ma anche un semplice panificio, oggi ancora un miraggio.
«Purtroppo qualsiasi spazio disponibili va appannaggio dei privati per aprire l’ennesimo rivenditore di kebab o phone center – aggiunge Cocorocchio – sono numerose anche le sale preghiera ed ora, con l’ennesimo rinvio della moschea, aumenteranno anch’esse. Il problema è che così si restringe il campo per l’insediamento di nuove attività commerciali adeguate all’auspicabile trasformazione del quartiere».
Senza considerare che quelle poche attività già presenti dovranno fronteggiare, nel prossimo futuro, anche il pericolo della maxi struttura di vendita in progetto a Ponte Parodi «Rischiamo di finire come a Sampierdarena con la Fiumara – denuncia Cocorocchio – una volta insediato, infatti, il centro commerciale ha annullato tutto il tessuto dei piccoli negozi situati nell’area circostante».
Ma per fortuna ci sono anche dei buoni segnali. L’incubatore doveva essere trasferito il 31 gennaio invece è ancora al suo posto.
«Se nel prossimo futuro non sarà più operativo – conclude Cocorocchio – significa implicitamente che qui non c’è possibilità di sviluppo economico. In pratica equivale alla resa di tutti: istituzioni e cittadini».
L’assessore Mario Margini, interpellato da Era superba sulla questione, lascia aperta la porta della speranza «Giovedì prossimo saremo a Roma con altri comuni italiani per cercare di capire quali sono le intenzioni del Governo Monti in merito al rinnovamento del finanziamento della legge 266/1997. Non si tratta di una scelta politica ma di una scelta economica che compete all’esecutivo nazionale. Per me l’Incubatore è un presidio che va mantenuto e speriamo di riuscirci».
Matteo Quadrone