A settembre un unico ufficio regionale dovrebbe accorpare le direzioni territoriali. Dura la reazione dell’Ente Parco di Portofino che ha scatenato il dibattito su Facebook. Ma l’assessore Briano lascia aperte molte speranze
La scure della spending review si abbatterà dal prossimo autunno anche sui parchi liguri: a partire da fine settembre, infatti, il secondo decreto legge di revisione della spesa, licenziato dalla giunta Burlando allo scopo di razionalizzare i costi pubblici, prevede la trasformazione dei 6 enti parco regionali (Antola, Beigua, Portofino, Aveto, Montemarcello Magra, Alpi Liguri) in 5 sezioni territoriali afferenti a un unico “Ente Parchi Liguri”.
In questi giorni, sui social network si è scatenata la reazione dei diretti interessati. Capofila della protesta, l’Ente Parco di Portofino si è fatto promotore di una petizione online, dall’evocativo titolo “Salviamo il Parco di Portofino”, che al momento ha raccolto poco più di 300 adesioni. Decisamente più successo ha avuto l’omonima pagina Facebook, che ha superato la quota di 5 mila adesioni.
«L’obiettivo – racconta il direttore dell’ente, Alberto Girani – è giungere all’abrogazione di questa legge apodittica, che non ha previsto alcun iter procedimentale e non ne spiega la ratio. Se un tale provvedimento dovesse trovare attuazione, significherebbe la definitiva scomparsa del soggetto che gestisce il parco a livello territoriale e che media tra i diversi interessi e ricerca un equilibrio costante tra le necessità dell’uomo e dell’economia, da un lato, e la natura e l’ambiente dall’altro».
Stando alle attuali disposizioni, infatti, il consiglio del costituendo “Ente parco ligure” sarebbe composto da 5 persone, nominate in qualità di presidenti dei vari parchi, e si insedierebbe a Genova, di certo non facilitando il dialogo con i cittadini: «Si tratterebbe di un ente burocratico distante – prosegue Girani – esattamente come è accaduto per le comunità montane, tornando indietro di una cinquantina di anni sulle politiche di gestione dei parchi. Tra l’altro, essendo sei i parchi liguri, uno di questi resterebbe fuori dal nuovo organismo».
In rete, il dibattito è vivace e talvolta raggiunge toni piuttosto accesi. Non manca chi accusa gli amministratori del Parco di Portofino di essere un po’ troppo ingannevoli sul futuro: «La petizione è fuorviante – scrive sul social network Marta Puppo – in quanto non si tratta di sopprimere il Parco di Portofino, bensì l’ente parco, che è un’altra cosa». «Non si sta parlando di eliminare il Parco di Portofino – le fa eco Elisabetta Del Signore, milanese trapiantata nel Tigullio – ma di ridurre sprechi e doppioni… non è detto che sia un male». Chi appoggia o quantomeno giustifica l’iniziativa regionale, infatti, si augura che la futura centralizzazione porti un maggiore potere decisionale rispetto a quanto non ne abbiano attualmente i vari enti territoriali.
Naturalmente agli antipodi, la posizione del direttore Girani, che non si capacita di come un unico ufficio regionale possa fare meglio rispetto a chi vive quotidianamente sul territorio: «Negli ultimi anni abbiamo ottenuto risultati straordinari: un milione di euro per recuperare il percorso San Rocco di Camogli – Punta Chiappa, altri 500 mila per il percorso delle Batterie, 300 mila euro per la gestione dei boschi, 250 mila euro per il ripristino di sentieri di collegamento con realtà limitrofe, oltre a diverse centinaia di migliaia di euro per la comunicazione e altri piccoli progetti. Il tutto a fronte di un ente costituito da una decina di persone che riceve 85 mila euro di trasferimenti all’anno in conto investimenti e ne spende 80 mila per la manutenzione dei sentieri e 60 mila per la fruizione e l’educazione ambientale».
Secondo Girani, il risparmio a cui andrebbe incontro la Regione Liguria con l’accorpamento dei 6 enti parco sarebbe pressoché risibile e paragonabile a metà dell’indennità annuale di un solo consigliere. «Con questa trasformazione – sostiene il direttore – andremo incontro a un annullamento delle capacità di catturare e spendere rapidamente fondi europei e statali, con futuri danni sul fragile tessuto economico locale dei consorzi, delle piccole imprese e delle cooperative locali».
Da entrambi i lati della barricata, comunque, viene manifestata la necessità di organizzare un incontro che coinvolga la cittadinanza e possa raccontare nel dettaglio i rischi all’orizzonte per i parchi liguri. Un confronto che, a detta dei vari enti, non è stato ancora possibile a livello istituzionale, dal momento che la Regione Liguria non ha accolto la richiesta di un tavolo tecnico per la discussione del provvedimento legislativo.
In realtà, la situazione istituzionale è più intricata e non è detto che il provvedimento trovi attuazione, quantomeno nelle forme attualmente previste, come ci spiega l’assessore regionale all’Ambiente, Renata Briano: «La norma pensata dalla giunta altro non era che una risposta all’imposizione della speding review di ridurre del 20% le spese in questo settore. Siccome i parchi negli anni passati avevano già subito tagli diretti, un nuovo intervento sul bilancio non sarebbe stato sostenibile. Per questo motivo abbiamo pensato a un accorpamento degli enti, in un’ottica di salvaguardia dei parchi». Tuttavia, prima di essere resa operativa, la legge è stata portata all’attenzione della Conferenza delle Regioni per capire come si stesse muovendo il resto d’Italia. E qui, spiega l’assessore, è arrivata la notizia positiva: la Conferenza, infatti, ha approvato all’unanimità un documento che sostiene come i parchi regionali non debbano sottostare alle imposizioni della spending review poiché si tratta di realtà direttamente discendenti da una normativa nazionale. «Prima di analizzarne le conseguenze sul piano operativo – conclude Briano – abbiamo chiesto una conferma ai ministeri competenti (Economia e Ambiente, ndr) e stiamo aspettando il loro parere».
In attesa della risposta da Roma, nei prossimi giorni l’assessore incontrerà i rappresentanti dei parchi per fare il punto della situazione. Intanto, è lo stesso Alberto Girani ad abbozzare un’apertura: «Una razionalizzazione a livello amministrativo può senza dubbio essere fatta. Ad esempio, è inutile avere cinque enti parco con cinque persone diverse che si occupano degli stipendi, cinque organismi di valutazione dei dirigenti ecc… Altre spese possono essere accorpate, ad esempio per le consulenze faunistiche universitarie, non solo per i parchi: così sì che si giungerebbe a un effettivo risparmio dal punto di vista finanziario. La nostra iniziativa in rete – conclude – non vuole essere tanto una protesta fine a se stessa ma un tentativo di far riflettere l’interlocutore regionale per convincerlo ad aprire un produttivo tavolo di confronto. Vorremmo poter discutere con la Regione di una politica territoriale che non sia solo di consumo del territorio per trattare l’emergenza, ma che sia un ragionamento strategico sul medio e lungo periodo, così come d’altronde era stato promesso in campagna elettorale».
Simone D’Ambrosio
[foto di Daniele Orlandi e Roberto Manzoli]