L'azienda punta sui servizi finanziari-bancari e nel contempo riduce il servizio postale attraverso la chiusura di numerosi sportelli siti in zone periferiche; così Poste Italiane S.p.A. perde la sua vocazione pubblica
La prevista chiusura dell’ufficio postale di Fabbriche (località nell’immediato entroterra di Voltri) scatena la reazione dei cittadini che rispondono con una raccolta firme per tentare di scongiurare la perdita di un importante presidio sul territorio.
Gli abitanti di Fabbriche e della Val Cerusa manifestano il loro totale dissenso nei confronti di quella che definiscono «Un’operazione antisociale da parte di Poste Italiane S.p.A. la quale, ancorché formalmente privata, continua a gestire un servizio essenziale in cui la “mission” di pubblico interesse non può, e non deve, essere trascurata».
Il Municipio Ponente si schiera al loro fianco: il presidente Mauro Avvenente ha preso carta e penna per scrivere a Claudio Burlando, Presidente della Regione Liguria e Marco Doria, presidente di Anci Liguria. «La zona dell’alta Val Cerusa è abitata da circa un migliaio di persone – spiega Avvenente – La popolazione residente è prevalentemente composta da cittadini anziani che poca dimestichezza hanno con le pratiche informatizzate e con gli accessi agli sportelli virtuali proposti via Internet, la maggior parte di essi usano gli sportelli postali per le attività routinarie legate a quella parte di attività postali più afferenti a quelli che possono essere definiti servizi di pubblica utilità. Le località della valle distano mediamente 6-7 km da Voltri dove è allocato lo sportello postale più vicino che, per ragione di spazi contenuti e affluenza di clientela, offre affollamenti costanti e continui».
«L’impostazione meramente aziendalistica di Poste Italiane presuppone un ragionamento che afferisce la sfera prettamente economica in quanto azienda divenuta ormai da tempo S.p.A.», sottolinea il Presidente del Municipio Ponente.
«Moltissimi Comuni hanno preso posizioni molto decise e forti a difesa degli interessi dei propri cittadini – conclude Avvenente – arrivando addirittura ad ipotizzare la possibilità di ricorrere per “interruzione di pubblico servizio”; i Comuni di Campomorone, Tovo S. Giacomo, Bonassola, i Sindaci di alcuni piccoli Comuni delle Province di Siena, Reggio Calabria, Lucca ed altre località sparse lungo tutto lo stivale si sono mobilitati a tutela degli sportelli siti nelle zone decentrate».
L’ufficio di Fabbriche è inserito nell’elenco nazionale degli uffici “anti-economici” che Poste Italiane S.p.A. è tenuta a presentare ogni anno all’autorità di riferimento, ovvero l’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni). Per la Liguria il piano di interventi 2012 prevedeva 43 chiusure ed altrettante razionalizzazioni da attuare entro il 31 dicembre 2012.
«Dopo una serrata trattativa siamo riusciti a ragionare su un taglio territoriale pari al 50% di quello inizialmente previsto – racconta Claudio Donatini, segretario regionale della Cisl-Slp – In Liguria ci siamo seduti al tavolo e abbiamo determinato la chiusura di 24 uffici anziché 43. Attualmente 23 sono già stati chiusi». Lo sportello di Fabbriche, in pratica, è l’ultimo superstite della lista comprendente 8 uffici in Provincia di Genova, 8 a Savona, 6 a La Spezia, 2 ad Imperia.
L’elenco completo delle chiusure in Provincia di Genova è il seguente: Meco, Moranego, Parazzuolo, San Rocco di Camogli, Amborzasco, Pian dei Ratti, Ponte di Savignone, Genova 42 Fabbriche (i cui tempi sono slittati ma è in fase di chiusura).
Le razionalizzazioni, invece, riguardano: Isolona (apertura 3 giorni a settimana); Prato Sopra la Croce (apertura 2 giorni a settimana); Laccio (apertura 2 giorni a settimana); San Lorenzo della Costa (apertura 3 giorni a settimana); Montebruno (apertura 5 giorni a settimana); Pian di Fieno (apertura 2 giorni a settimana); Roccatagliata (apertura 2 giorni al mese); Isoverde (apertura 3 giorni a settimana); Crocefieschi (apertura 3 giorni a settimana).
«Occorre precisare che, nel tempo, l’azienda ha già chiuso, parzialmente o totalmente, altri uffici postali», aggiunge Paolo Diaspro, responsabile genovese della Fialp-Cisal (Federazione Autonoma Italiana Lavoratori Postelegrafonici) che ci ha fornito il report completo.
Spesso e volentieri la razionalizzazione – ovvero la riduzione dei giorni di apertura degli uffici – è il preludio della loro definitiva scomparsa. Lo sportello di Fabbriche non fa eccezione visto che, ormai da alcuni anni, è aperto solo tre giorni a settimana. E per Poste italiane – sottolinea il Presidente del Municipio Ponente – è gioco facile indicare lo scarso traffico di operazioni quale motivo valido a giustificarne la chiusura.
«L’azienda, dopo aver ottenuto il via libera dall’Agcom, attiva due canali di confronto con le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali», spiega Diaspro, Failp-Cisal. La discussione, però, si svolge in maniera separata. «Noi, invece, chiediamo di aprire dei tavoli a tre – afferma Umberto Cagnazzo, rappresentante genovese della Cgil-Slc – ma Poste Italiane rifiuta questa impostazione».
Tutti i sindacati, all’unisono, ribadiscono il valore sociale degli uffici siti in località decentrate che, saranno pure anti-economici, ma rappresentano fondamentali presidi sul territorio. Attualmente, però, difenderli è ancor più arduo. «Mentre in precedenza si combatteva per il mantenimento di tali uffici a salvaguardia del livello occupazionale – sottolinea Donatini, Cisl-Slp – oggi non è più così visto che il personale degli sportelli periferici rientra nel budget degli uffici più grandi. Quindi, fortunatamente, non sono a rischio i posti di lavoro».
Poste Italiane è una S.p.A. a capitale interamente statale (Ministero dell’Economia e delle Finanze) che ha sviluppato due divisioni al suo interno: una più redditizia, quella dei servizi finanziari e bancari; una caratterizzata dalla forte vocazione pubblica, vale a dire quella dei sevizi postali svolti dai portalettere e dagli uffici.
«Ormai in Poste Italiane c’è una forte impronta di tipo commerciale – spiega Riccardo Somaglia, segretario regionale Uil Poste – L’azienda punta alla vendita di prodotti finanziari, assicurativi, bancari, telefonici, ecc.». Ovviamente è più facile svolgere tali mansioni negli uffici di Genova centro piuttosto che nelle piccole località. «Ad esempio, i cittadini del Ponente possono contare sull’ufficio di Voltri dove c’è una sala consulenza con operatori adeguatamente formati – aggiunge Donatini, Cisl-Slp – Negli uffici periferici, invece, questo comparto è ridotto al minimo: rappresenta il 2-3% della produzione. Inoltre, gli uffici piccoli non hanno le autorizzazioni necessarie di Banca d’Italia, Consob, ecc. per vendere i prodotti bancari, quindi non garantiscono un ritorno economico sufficiente a giustificare la loro sopravvivenza».
«Poste Italiane concentra l’attenzione nel settore business – afferma Diaspro, Failp-Cisal – infatti, proprio in questi mesi, sta attivando un gruppo di promotori finanziari che lavoreranno all’esterno degli uffici per proporre prodotti bancari, assicurativi e finanziari».
L’azienda punta sui servizi a più alto valore aggiunto e nel contempo mette in atto una personale operazione di “spending review”. «Il 28 febbraio abbiamo avuto incontro a Roma per discutere l’ennesima razionalizzazione che in altri termini significa taglio dei servizi postali – racconta Diaspro, Failp-Cisal – Si tratta di 5800 posizioni lavorative in tutta Italia (portalettere e logistica). Per Genova logistica significa il Centro di Meccanizzazione Postale di Cornigliano Aeroporto. Siamo riusciti a ridimensionare il taglio di 181 posizioni lavorative, riducendolo a 168 esuberi».
Per quanto riguarda il servizio di recapito, a livello regionale, i posti in esubero sono 290. «Si parla di reimpieghi – continua Diaspro – ovvero una parte (47 posizioni lavorative) sarà riassorbita dal servizio pacchi e dai servizi innovativi. In Liguria l’eccedenza effettiva (considerando i 168 esuberi del Centro di Meccanizzazione Postale di Genova Cornigliano) sarà di 411 posti di lavoro: alcuni saranno risolti attraverso l’incentivo all’esodo previsto dalla riforma Fornero; per gli altri interverrà la mobilità professionale, ovvero il personale sarà spostato verso gli uffici postali che oggi sono in difficoltà».
Il paradosso è che stiamo parlando di un’azienda che procede con tagli e riduzioni nonostante goda di ottima salute. Nel bilancio 2011 l’utile è stato di 846 milioni di euro «Gran parte del quale è andato all’azionista, ovvero lo Stato», ricorda il responsabile genovese della Failp-Cisal.
In questo senso occorre non dimenticare le responsabilità dell’amministrazione statale, latitante quando si tratta di versare i contributi economici dovuti all’operatore postale – Poste Italiane S.p.A. – incaricato di svolgere il servizio universale di recapito sul territorio italiano in virtù di un contratto di programma. «Lo Stato, ormai da alcuni anni, ha smesso di effettuare il pagamento – sottolinea Cagnazzo, Cgil-Slc – Una voce di entrata che consentirebbe all’azienda di garantire i servizi in cui è in perdita, quali la presenza di uffici postali periferici ed il servizio di recapito nelle zone meno raggiungibili. Stiamo parlando di un cifra che supera il miliardo di euro».
Indubbiamente il volume del traffico postale continua a diminuire (-10% nel 2011 rispetto al 2010) dunque gli uffici devono, per forza di cose, “riciclarsi”. «Nelle Regioni in cui l’attività politica è più concreta hanno trovato la soluzione – spiega Somaglia, Uil Poste – trasformando gli sportelli in centri multi servizi che svolgono mansioni in collaborazione con la pubblica amministrazione: Comuni, Province, Asl».
«L’unico modo per salvare gli uffici periferici è raggiungere degli accordi con gli enti locali che riducano i costi vivi per l’azienda – aggiunge Cagnazzo, Cgil-Slc – Ad esempio esentando Poste Italiane dal pagamento dell’affitto per i locali».
«Una parziale risposta alla riduzione del servizio postale sul territorio potrebbe essere il postino telematico – sottolinea Donatini, Cisl-Slp – Il portalettere, dotato di adeguata strumentazione elettronica, non porterà solo corrispondenza ma si occuperà anche di transazioni di carattere finanziario».
«Per il 2013 non sappiamo ancora se l’azienda ha intenzione di presentare nuovo piano chiusure – spiega Diaspro, Failp-Cisal – Noi suggeriamo di rifletterci attentamente. Se vogliamo razionalizzare nel contempo dobbiamo attivare dei servizi domiciliari. La sperimentazione del postino telematico si sta allargando lentamente e auspichiamo sia implementata in tutta Italia. Non vogliamo, invece, che l’azienda si ripieghi su se stessa, concentrandosi esclusivamente nel settore più redditizio. Bisogna investire anche nei servizi postali».
Se l’azienda ha due comparti «Deve sfruttarli entrambi – sottolinea il segretario regionale Uil Poste – Invece c’è troppa divisione. Noi chiediamo maggiore unità aziendale. Mentre qualcuno spinge in direzione contraria con l’obiettivo di separare i servizi finanziari da quelli postali: una separazione che avrebbe un impatto devastante».
«La situazione in effetti è schizofrenica – ammette il responsabile genovese Failp-Cisal – Va bene la razionalizzazione dei servizi postali, visto che cala il traffico di corrispondenza, però, bisogna pensare anche allo sviluppo. Prima di continuare a parlare di tagli occorre capire come intendiamo gestire il servizio».
«Poste Italiane deve mantenere la sua unità – conclude Diaspro, Failp-Cisal – Ma lo scorporo dell’azienda rimane una spada di Damocle che continua a pendere sulla nostra testa».
Matteo Quadrone