Ecco la storia, gli ideatori, le evoluzioni e le leggende del logo della Apple, la mela più famosa del mondo
Se ne è andato un mito, in silenzio, dopo lo scalpore suscitato dal suo recente annuncio di lasciare la Apple che aveva fondato con Steve Wozniak, nel 1976. Se ne è andato lasciando un messaggio ai ragazzi: “restate affamati, restate folli”.
Un testamento spirituale che sintetizza, in due parole, quella che è stata la sua vita. Come in un romanzo, inizi difficili poi la fortuna, il tradimento e poi la rivincita: un percorso di vita in cui la tenacia di un visionario ha saputo credere ad un sogno.
Fiumi di inchiostro potrebbero essere versati per l’elogio celebrativo del suo genio, per l’encomio di idee mirabili come ”Mac, Pixar, iPod, iPad ,iPhone”, per il dovuto riconoscimento unanime di un operato che ha sovvertito il mondo della comunicazione.
Per omaggio, invece, optiamo di ripercorrere la storia di una piccola mela, simbolo e nome di un colosso dell’informatica.
Nessuno sa con esattezza, nonostante le minuziose ricerche, come nasce questa idea. Una leggenda metropolitana la collega al lavoro che Job avrebbe svolto, nel 1975-76, in un vivaio di tali frutti, altri la vorrebbero ispirata ai mitici Beatles e all’etichetta “Apples Record” che appariva sui loro dischi.
Quello che sappiamo di certo è che il primo logo della Apple venne disegnato da un certo Ronald Wayne, terzo socio della neonata società. L’icona rappresentava Isaac Newton seduto sotto un albero di mele e su di essa campeggiava la scritta profetica: “Newton.. una mente in continuo viaggio attraverso gli strani mari del pensiero”.
Insoddisfatto della grafica, poco tempo dopo, Jobs pensò di affidare a Rob Janoff dell’agenzia Regis McKenna la stesura di un nuovo marchio. Il risultato fu una mela a strisce colorate che rimase il simbolo della Apple dal 1976 al 1998. I ben informati assicurano essere un riconoscimento ad Alan Turing, padre del moderno computer, morto suicida, nel 1954, per aver mangiato un pomo avvelenato col cianuro.
Al rientro dall’esilio forzato, Jobs volle rinnovarne il look (1999), il cui esito finale è quello che tutt’oggi contraddistingue questa grande azienda.
Infine, si nota un evidente morso che intacca l’integrità del frutto. E’ un monito affinché gli uomini, come novelli figli di Eva, in nome della scienza, osino spingersi oltre l’immaginabile? In realtà Jobs, in un’ intervista, chiarì che voleva essere solo un gioco di parole tra bite (addentare in inglese) e Byte (unità di misura informatica). Ma, qui, finisce la storia ed inizia la leggenda.
Adriana Morando