Da Pisapia a Ferrandelli, la sconfitta dei partiti tradizionali è ormai un dato di fatto. Cosa succederebbe se nel 2013 si candidasse una grande "lista civica" alla guida del Paese?
La vittoria di Fabrizio Ferrandelli a Palermo fa il palio con quella di Marco Doria di qualche settimana fa e certifica un dato ormai evidente. Al di là dei sondaggi, infatti, che pur rilevandolo, non possono restituire la profondità del fenomeno, nella realtà tutte le consultazioni elettorali da un anno a questa parte hanno decretato una cosa sola: la sconfitta dei partiti tradizionali.
Ripercorriamo in breve quello che è successo a partire dall’inizio del 2011. Nei primi mesi, mentre il PDL precipita nei consensi per via delle cricche, delle P4 e delle nipoti di Mubarak, il candidato del centrosinistra per sfidare Letizia Moratti nella corsa al comune di Milano è Giuliano Pisapia, già legale della famiglia di Carlo Giuliani nel processo del G8. Pisapia, sostenuto da Vendola e dalla sinistra extraparlamentare, aveva battuto alle primarie il candidato del PD Stefano Boeri. Nel frattempo a Napoli Luigi De Magistris, ex magistrato al centro di tante indagini scomode, si candida a sindaco, correndo così sia contro il candidato del PDL che contro quello del PD. A maggio succede l’incredibile: nella capitale del berlusconismo Giuliano Pisapia al primo turno è sopra la Moratti, mentre nella città della camorra il magistrato De Magistris scalza Morcone (PD) e va al ballottaggio con Lettieri (PDL). Pisapia è in vantaggio, ma la Moratti spera di recuperare. De Magistris, invece, è fermo al 27,52%. Pochi pensano che il centrodestra possa perdere sia Napoli che Milano. Ed invece Pisapia otterrà un ottimo 55% e De Magistris un ancora più sbalorditivo 65%.
La crisi di Berlusconi è certificata. Ma se Sparta piange, anche Atene non ride. Bersani prova a cantare vittoria, ma è evidente che i cittadini hanno scartato nettamente le candidature provenienti dalla segreteria del partito. Passano neanche due settimane e si vota di nuovo, stavolta in tutta Italia. Di Pietro, Grillo, e alcuni comitati spontanei, del tutto in solitaria, si fanno promotori di un referendum contro acqua privata, nucleare e legittimo impedimento del premier. Il referendum è osteggiato in tutti i modi dal governo, che lo sposta due settimane dopo le comunali per fiaccare la voglia dei cittadini di andare a votare; ed è mal sopportato anche dall’opposizione, che nel migliore dei casi lo reputa una perdita di tempo. All’ultimo, soprattutto dopo le vittorie-choc di Pisapia e De Magistris, il PD si accoda ai promotori, ma in molti ritengono difficile che si possa raggiungere il quorum. Ed invece, per la prima volta dal 1995, più della metà degli aventi diritto si reca ai seggi. Il responso è bulgaro: su 4 quesiti, i SI sono in media il 95%.
Ormai è evidente che i cittadini si stanno muovendo senza le indicazioni dei partiti. Parte così un nuovo referendum contro l’attuale legge elettorale (il cosiddetto “porcellum”): di nuovo grande partecipazione (più di 1.200.000 firme), ma questa volta la consulta boccia i quesiti.
Arriviamo quindi alle primarie di due settimane fa e alla vittoria di Marco Doria, voluto fortissimamente da Don Gallo. Per il PD è una nuova mazzata. Si dice che presentare due candidati, tra cui il sindaco uscente, sia stato un errore. E senza dubbio è vero: o si conferma il sindaco anche per il prossimo mandato, oppure si propone dei candidati alternativi. Ma la candidatura della Pinotti, persona di per sé degnissima, suscita più di una perplessità, perché è senatrice a Roma, è vicina alla segreteria centrale ed è un po’ lontana dai problemi di Genova: insomma, mentre i sondaggi danno la fiducia nei partiti al 4%, non è esattamente questo il tipo di lezione che si sarebbe dovuta trarre dal vento che cambia.
A Palermo però il PD può finalmente rifarsi con la candidatura eccellente, sostenuta anche da Di Pietro e Vendola, di Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso dalla mafia in Via D’Amelio. A sorpresa però, per un centinaio di voti, le primarie sono vinte dall’outsider Fabrizio Ferrandelli. La situazione è ancora poco chiara, perché si parla di brogli e schede falsificate; ma non c’è dubbio che per il PD sia comunque una bruciante sconfitta. Anche se il risultato dovesse essere ribaltato, già il fatto che Ferrandelli sia andato vicino alla Borsellino è piuttosto indicativo. E se in qualche modo si dovesse accertare che ci sono stati brogli molto pesanti, sarebbe l’intero strumento consultivo delle primarie ad entrare in crisi di credibilità. Insomma, comunque la si guardi, al PD davvero non riesce una ciambella col buco.
Ma al di là dei cronici problemi del partito di Bersani, ci sono considerazioni più significative da fare. Se a quanto detto fin qui sommiamo il successo di consensi del governo Monti, non si può fare a meno di notare come ormai la gente tenda a premiare qualsiasi proposta che, dalle aule della Bocconi ai centri sociali, non sia espressione diretta dei grandi partiti. I quali, non a caso, stanno provando a fare quadrato con ipotesi di grandi coalizioni comprendenti PD, PDL e UDC. Se questa interpretazione è corretta, c’è da aspettarsi che alle prossime elezioni nazionali avremo grandi sorprese, probabilmente paragonabili a quelle che nei primi anni ’90 decretarono la fine della prima repubblica.
I giornali nei mesi a venire continueranno a parlare del trionfo della montante “antipolitica”. Ma il mio giudizio è che i cittadini italiani, al contrario, stiano riscoprendo la politica attiva e la partecipazione diretta. I sacrifici che sono stati imposti alla gente contrastano con l’ostinazione della politica a chiudersi nella difesa dei propri privilegi. Gli stipendi faraonici, i casi di corruzione sempre più frequenti, i generosi finanziamenti pubblici auto-assegnati e i mancati tagli alle retribuzioni dei parlamentari non fanno altro che rafforzare la convinzione che i partiti da troppo tempo, più che al buon governo, siano dediti alla spartizione del potere. E a questo punto è difficile sperare che qualcuno (tipo il Bersani che a Servizio Pubblico balbettava sulla TAV e minacciava querele) sia in grado di fare marcia indietro. Cosa succederebbe, dunque, se nel 2013 si presentasse una sorta di grande lista civica alternativa ai partiti?
Andrea Giannini