In Mesopotamia, nell'antico Egitto come a Roma... il Capodanno è una festa antichissima che porta con sé riti pagani e tradizioni secolari
L’atmosfera di magica attesa del Natale lascia il passo agli ultimi giorni di un anno che si conclude. I media riassumono gli avvenimenti più salienti, le persone ripercorrono, con la mente, momenti gioiosi o tristi di un passato recente e guardano al futuro con rinnovata speranza: una parentesi che si chiude, un’altra che si apre, pronta ad accogliere, tra bollicine e fuochi artificiali, il Capodanno imminente.
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STORIA E CURIOSITA’ – Una festa che si perde tra i riti pagani di un tempo remoto come quelli che si celebravano nel II millennio a.C., in Mesopotamia, in onore del Dio dell’Ordine, Marduk. Costui, dopo aver ceduto il potere, per 11 giorni, alla dea del Caos, Tiamas, faceva cessare il frastuono e il disordine generale che, tra libagioni e licenze amorose, permetteva persino agli schiavi di insultare i padroni.Celebrata con la prima Luna Nuova, dopo l’equinozio di primavera, la ricorrenza era l’emblema della riscossa sul gelo dell’ inverno e, nell’occasione, si praticavano esorcismi e rituali esoterici al fine di allontanare gli spiriti maligni.
Analogamente, gli Egizi facevano coincidere l’inizio di un nuovo anno, verso il 20 giugno, con l’arrivo, a Menphi, della piena del Nilo che, con il suo fertile humus, assicurava fecondità e vita.
In un frenetico rincorrersi di date e significati, il Capodanno è sempre stato festeggiato ovunque: dai Celti, nella notte tra ottobre e novembre (Halloween); il 1 settembre dai Bizzantini; il 25 marzo dagli Inglesi (fino al 1752); il giorno di Natale, nella cattolicissima Spagna (fino al 1600); in Francia, coincideva con la domenica di Pasqua; in epoca recente, quella fascista, si è tentato di farlo collimare col il 28 ottobre, giorno della marcia su Roma, senza alcun esito.
Dobbiamo, però, a Cesare e al suo calendario Giuliano, un calendario solare che si sostituiva a quello lunare di Romolo (primo re di Roma), lo sforzo di mettere un po’ di ordine: l’inizio del nuovo anno era fissato con la festa di Giano, divinità pagana da cui deriva il nome del primo mese “gennaio”, la cui data, però, rimaneva ancora ballerina, ponendosi in un periodo compreso tra gennaio e marzo, a seconda dei luoghi. Solo con l’avvento del calendario Gregoriano (bolla papale “Inter Gravissimas”) e il successivo intervento, nel 1691, del Papa Innocenzo XII, venne stabilito come giorno definitivo, il primo di gennaio.
Alle origini, ai miti e alle usanze sopravvivono tradizioni curiose che, ancora, ripetiamo per scongiurare fantasmi o alimentare speranze. Perché fare “botti” o indossare qualcosa di rosso? Per spaventare il dio cinese Nián, orrida bestia mangiatrice di uomini, senza dimenticare che il rosso è anche il colore del matrimonio o, per gli antichi romani, il simbolo del potere, della salute, della felicità.
Perché buttiamo via, si spera non dalla finestra come incivile usanza di un passato recente, oggetti vecchi? E’ un modo per liberarci dalle negatività. Offrire strenne come un rametto di alloro, fichi secchi e datteri? E’ la speranza benaugurale di una vita di “dolcezze”. Mangiare lenticchie, chicchi d’uva o mandorle? E’ simbolo di ricchezza o di fecondità come, del resto, baciarsi sotto il vischio. Sulla tavola non può mancare il melograno, incarnazione della fedeltà coniugale, la stessa che legò la dea Proserpina a Plutone, dopo averne mangiato i gustosi chicchi.
Ed infine, attenzione a chi incontrate, per primo, dopo lo scoccare della mezzanotte: meglio un vecchio o un gobbo, metafore di lunga e fortunata vita: si devono evitare, invece, bambini e preti. Questi ultimi devono la loro malasorte all’usanza di indossare stole viola, durante la quaresima, periodo in cui, nel medioevo, erano banditi tutti i divertimenti. E un capodanno senza un moderato pizzico di follia che inizio d’anno è?
Adriana Morando