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Aziende a rischio incidente: i casi Carmagnani Multedo e Iplom Fegino

A Genova 14 stabilimenti industriali svolgono attività potenzialmente pericolose; per la Carmagani a Multedo rimane in piedi l'ipotesi delocalizzazione. I depositi Iplom di Fegino, invece, continuano a causare disagi agli abitanti


25 Marzo 2013Inchieste

fegino.iplom2Diciassette aziende della Provincia di Genova compaiono nell’inventario nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti ai sensi dell’art. 15 comma 4 del Decreto Legislativo 334/1999 (noto come “Seveso 2”) e successive modifiche e integrazioni (Decreto Legislativo 238/2005 che recepisce la direttiva del Consiglio europeo 2003/105/CE, la cosiddetta “Seveso 3”).

L’elenco è lungo e, solo per l’area metropolitana genovese, comprende 14 attività industriali. Tra queste, 5 si trovano in area portuale: depositi di oli minerali Silomar, Petrolig, Eni, Getoil; centrale termoelettrica Enel; 5 tra Medio-Ponente e Ponente: acciaierie Ilva (Cornigliano); produzione e/deposito di esplosivi Beppino Zandonella Callegher-Tecnomine (Sestri Ponente in zona Monte Gazzo); depositi di oli minerali Eni (Pegli), Carmagnani (Multedo), Superba (Pegli); 4 in Val Polcevera: depositi di oli minerali Iplom (Fegino), Sigemi (San Quirico), Europam (San Quirico); deposito di gas liquefatti Liquigas (Bolzaneto).
Le restanti 3 aziende RIR si trovano a Busalla: raffinazione petrolio Iplom; Carasco: stabilimento chimico o petrolchimico A-Esse Fabbrica Ossidi Di Zinco; Cogoleto: deposito di gas liquefatti Autogas Nord.

Per Stabilimento a Rischio di Incidente Rilevante (RIR) si intende un’area, sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose (come definite dal D.Lgs. 334/99, integrato al D.Lgs. 238/05) all’interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse, nella quale può verificarsi un evento, quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati, che si verificano durante la sua attività, e che possa dare luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, ed in cui intervengano una o più sostanze pericolose.

Le aziende RIR devono adempiere a una serie di severe prescrizioni per prevenire incidenti, o almeno per far sì che un eventuale incidente non abbia conseguenze nefaste sulla popolazione residente nei dintorni.
Ma i doveri non sono in capo soltanto ai gestori degli stabilimenti. La legge assegna dei compiti importanti anche ai Comuni in cui queste attività produttive sono ubicate: i PUC (Piani Urbanistici Comunali), infatti, devono tener conto della presenza sul territorio di tali insediamenti industriali e prevedere, per esempio, che non si possano costruire scuole, asili, ospedali o altri servizi troppo vicino agli stabilimenti considerati pericolosi.
La Provincia di Genova nel 2008 ha varato una “variante” al PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) che individua le cosiddette “aree di osservazione” circostanti alle aziende a rischio e fornisce alcune indicazioni ai Comuni affinché adottino nei loro piani urbanistici prescrizioni particolari in queste aree.

IL CASO CARMAGNANI

carmagnani«L’amministrazione sta realizzando, per tutto il territorio metropolitano di Genova, il piano delle aziende a Rischio di Incidente Rilevante – spiega Stefano Bernini, Vicesindaco di Genova ed Assessore all’Urbanistica – È un elaborato tecnico fondamentale che deve essere connesso con il PUC. Il documento prevede che nelle vicinanze di alcuni stabilimenti industriali classificati RIR non siano previste alcune tipologie di insediamenti, quali ospedali, scuole, servizi pubblici, ecc.».
«Sono numerose le aziende che svolgono attività potenzialmente a rischio – sottolinea Bernini – In base alla normativa di legge hanno sviluppato tecnologie e meccanismi di difesa i quali permettono che il danno provocato da un eventuale incidente sia circoscritto all’interno dei confini dello stabilimento ed al massimo possa coinvolgere una fascia limitata all’esterno dell’insediamento industriale».
L’amministrazione comunale ha commissionato la stesura del documento RIR all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure (Arpal).
La procedura prevede una valutazione di quelli che possono essere gli impatti pericolosi per la salute e l’incolumità pubblica causati da eventuali scenari incidentali. Sulla scorta dei dati raccolti, applicando i criteri stabiliti dal Decreto Legislativo 334/99, un’azienda è definita compatibile o meno con il tessuto urbano che la ospita.

Attualmente 2 aziende risultano incompatibili: Attilio Carmagnani S.p.A. (deposito di stoccaggio di prodotti chimici e petrolchimici, ubicato a Multedo) e Liquigas S.p.A. (deposito di gas liquefatti, sito a Bolzaneto).
Quest’ultima, in accordo con l’Arpal, ha già realizzato gli accorgimenti tecnici necessari per sanare la sua situazione. «Per Carmagnani, invece, si tratta di un investimento di proporzioni più rilevanti e per il momento l’azienda non lo ha ancora concretizzato – afferma Bernini – Ma ha già individuato gli interventi da eseguire».
«Quando presenteremo il piano delle aziende a Rischio di Incidente Rilevante (in allegato al PUC) sappiamo che Carmagnani potrà rendersi compatibile realizzando i lavori necessari», sottolinea Bernini.
L’amministrazione comunale, nelle more della pubblicazione del documento, si è attivata cercando di coinvolgere l’azienda affinché adotti le misure di tipo impiantistico per garantire la sicurezza del territorio. Il confronto con Carmagnani è in via di svolgimento e, dalle ultime notizie che trapelano, il Rapporto di Sicurezza dello stabilimento – che deve essere redatto e aggiornato periodicamente – è stato valutato positivamente dal Comitato Tecnico Regionale di prevenzione incendi (l’organo di cui fanno parte, oltre ai Vigili del Fuoco, Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro (Ispesl), Regione, Provincia, Comune e Arpal).

Tutt’altra questione è quella del trasferimento di Carmagnani S.p.A. e Superba s.r.l. – che insieme compongono il cosiddetto “polo petrolchimico di Multedo” – di cui si parla da anni.
«Il fatto che le 2 aziende continuino a lavorare non vuol dire che siano compatibili al 100% con il tessuto urbano del Ponente – precisa Bernini – La previsione della loro delocalizzazione, come richiesto a gran voce dalla popolazione, sarà mantenuta nel PUC. Oggi è più facile ipotizzare il loro spostamento perché in area portuale c’è una minore presenza di attività rispetto al passato. Certo rimane da sostenere un significativo costo economico che, almeno per ora, le aziende non hanno intenzione di sobbarcarsi, ma l’indirizzo urbanistico resta quello».

IL CASO IPLOM

fegino.iplom1Sabato 9 e domenica 10 marzo si è verificata l’ennesima fuoriuscita di odori nauseabondi dai serbatoi Iplom di Fegino.
Il gestore del deposito (di proprietà Seapad s.r.l.) è Iplom S.p.A. che svolge attività di ricezione, stoccaggio – in 11 serbatoi atmosferici – e spedizione, a mezzo oleodotto, di prodotti petroliferi grezzi, olio combustibile, benzina e virgin nafta.
«Sono anni che il ripetersi di simili episodi causa disagi ma anche malori agli abitanti dei dintorni – racconta Angelo Spanò, membro del Comitato per Borzoli e Fegino – Quand’ero consigliere provinciale dei Verdi avevamo realizzato delle commissioni congiunte Provincia-Comune per affrontare il problema. A distanza di anni, però, nulla è cambiato».
Periodicamente i cittadini sono inondati da intensi miasmi. Era già accaduto nell’aprile 2011 – quando due bambini furono ricoverati al Pronto Soccorso dell’ospedale Gaslini, mentre altri tre si sentirono male a scuola – e prima ancora nel gennaio 2010.

Il problema si genera con l’estrazione del petrolio dai serbatoi. Questi ultimi sono dotati di un tetto galleggiante che man mano scende lungo le pareti del contenitore che dovrebbero essere pulite dalle guarnizioni. Ma evidentemente ciò non accade: alcune particelle di greggio rimangono attaccate al tetto ed una volta a contatto con l’aria si volatilizzano nell’atmosfera causando i miasmi.
Inoltre, secondo Spanò, la responsabilità delle fastidiose esalazioni potrebbe essere imputata anche alla forte pressione con cui viene pompato il greggio perché «Le navi meno sostano in porto, meno costano».
Negli ultimi tempi l’azienda avrebbe eseguito alcuni interventi di tipo impiantistico ma la situazione non è migliorata. E così un’ulteriore forma di inquinamento continua a gravare su una zona già penalizzata dal traffico di mezzi pesanti diretti alla Derrick di Borzoli.
«All’epoca dell’assessore comunale Senesi convincemmo l’ex Sindaco Vincenzi a varare un’ordinanza per proibire lo stoccaggio del greggio proveniente dall’Uzbekistan – ricorda Spanò – ancor più problematico rispetto ad altri visto l’elevato contenuto di mercaptani, ossia particelle di zolfo e idrogeno utili a rendere riconoscibile il gas, che altrimenti sarebbe inodore, con la tipica puzza di uovo marcio».

Gli abitanti si domandano se tutte le prescrizioni imposte alla Iplom siano seguite alla lettera e soprattutto «Vogliamo sapere in che modo dobbiamo comportarci in caso di un eventuale incidente all’interno del deposito  – sottolinea Spanò – Nessuno, infatti, ha mai spiegato ai cittadini le norme da seguire».

fegino.iplom3«Lo stabilimento è dotato di tutti i meccanismi per la sicurezza attiva previsti dalla Legge – spiega il Vicesindaco, Stefano Bernini – In effetti esistono delle possibili forme di copertura dei serbatoi che potrebbero risolvere il problema dei miasmi. Ma tali modifiche non sono state realizzate».

Nel caso specifico «Occorre sottolineare che, in base ai controlli finora effettuati dagli organi competenti, non risulta una tossicità rilevata di queste esalazioni», aggiunge Bernini. Quindi, in altri termini, non si può obbligare la ditta ad eseguire gli accorgimenti tecnici in grado di eliminare, o quantomeno limitare, le fuoriuscite nauseabonde.

Quando accadono simili eventi – che, secondo le normative vigenti, rientrano nell’ambito di un supposto danno ambientale – le strutture territoriali di Arpal e Vigili del Fuoco intervengono in loco, su allerta delle autorità, con attività di monitoraggio e campionatura dell’aria. In base ai risultati dei controlli vengono decisi eventuali provvedimenti a carico dell’azienda.

Per quanto riguarda la gestione della sicurezza nel caso di incidente rilevante, le regole sono rigorose. Ogni stabilimento RIR è dotato di un Piano di Emergenza Interno (PEI) che scatta quando si verificano determinate situazioni e prevede le seguenti azioni: attivazione della procedura di emergenza; comunicazione di allerta all’autorità preposta, ossia la Prefettura. Quest’ultima, di concerto con gli enti locali, ha il compito di predisporre ed approvare il Piano di Emergenza Esterno (PEE) per ogni azienda RIR. Il PEE contiene le disposizioni dirette a gestire l’intervento dei soccorritori in caso d’accadimento di un incidente rilevante, interessante l’area esterna allo stabilimento in questione e si applica in seguito all’attivazione del PEI.

Sul sito web del Comune di Genova sono reperibili dei depliant informativi «Destinati ai cittadini che vivono e/o lavorano vicino alle aziende classificate a rischio di incidente rilevante e ai lavoratori che vi operano. Il Comune di Genova, attraverso gli Assessorati alla città Sostenibile e alla città Sicura, ha redatto il presente manuale che contiene la scheda di informazione presentata dai singoli stabilimenti allo scopo di garantire la massima trasparenza ed una informativa completa e di facile accesso».
Brevi opuscoletti che forniscono informazioni generali sugli stabilimenti e sul territorio in cui sono ubicati, sulle misure di sicurezza da adottare ed alcuni suggerimenti sulle norme di comportamento da osservare in caso di incidente.
Sulle pagine web della Prefettura di Genova, invece, sono disponibili in versione integrale i singoli PEE, corposi documenti di non facile lettura per tutti.

Ma sul piano della comunicazione ai cittadini resta ancora molto lavoro da fare. Pensiamo soltanto a tutte quelle persone, magari anziane, che abitualmente non usano la rete Internet. Per loro è difficile accedere alle informazioni e conoscere i comportamenti corretti da mettere in pratica in caso di pericolo.
«In questo ambito il Comune ha innanzitutto una competenza urbanistica – risponde Bernini – Comunque, stiamo lavorando con Arpal per trasmettere alla popolazione un’informazione corretta e completa. Quando pubblicheremo il documento RIR tutti gli elementi utili saranno messi in evidenza, consultabili da chiunque».
Secondo il Vicesindaco prima non esisteva un’adeguata pianificazione in questo senso, mentre «Oggi sappiamo come comportarci sul territorio grazie all’organizzazione di un efficiente sistema di Protezione Civile. Questo è il primo passo per fronteggiare eventuali emergenze». Inoltre, l’amministrazione dispone di grandi dotazioni informatiche «Ma scontiamo un grave ritardo nell’implementazione dei dati – continua Bernini – Basti pensare che fino a poco tempo fa non conoscevamo nel dettaglio la rete di tubature di acqua, gas, ecc. Adesso stiamo ricostruendo la situazione per colmare il gap».

«Francamente, nel caso delle aziende RIR, non credo sia particolarmente utile organizzare degli incontri con i cittadini – sottolinea Bernini – perché tale modalità potrebbe generare in loro un effetto ansiogeno negativo. Chiederò all’Assessore Gianni Crivello (Protezione Civile) di studiare un’efficace forma di comunicazione. Ad esempio, potrebbe funzionare il sistema dei volontari “porta a porta”, sul modello della prevenzione degli eventi alluvionali».

Infine, almeno per il prossimo futuro, il deposito Iplom resterà ben saldo al suo posto, con buona pace degli abitanti di Fegino «Nel PUC l’area rimane a destinazione industriale – conclude Bernini – e non esiste alcuna ipotesi di delocalizzazione della Iplom».

 

Matteo Quadrone

[Iplom Fegino, foto dell’autore]


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