Eliminato l'assegno vitalizio per i senatori, ma dalla prossima legislatura; ridotti i costi di ristorante (1%), assicurazioni e tipografia
Cade il primo indigesto privilegio legato alla politica: il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama, con a capo Renato Schifani, ha mandato in “pensione” l’assegno vitalizio per i senatori.
Crolla senza fare il rumore previsto perché il provvedimento lascerà inalterata “l’ignominia” per la corrente legislatura ed entrerà in vigore solo nella prossima. Giustificazione fornita: salvaguardia dei diritti acquisiti.
Scusa poco plausibile in un panorama dove il superamento di questa regola è fatto quotidiano. Potrebbero invocarla i lavoratori prossimi alla pensione che si sono visti allungare i tempi di uscita dal lavoro e vedono allontanarsi questo traguardo per qualche altro anno. Ma ormai siamo abituati: siamo tutti concordi e solidali quando a farne le spese sono altri e, in una prospettiva di lacrime e sangue, è quasi ovvio che i nostri amati politici riservino per se solo quelle di un coccodrillo dal ventre satollo.
In attesa di analoga decisione da parte della Camera dei Deputati, il nodo da sciogliere sarà come calcolarne le competenze, le modalità e i tempi. Non è stato ancora deciso ma dovranno essere in linea con quella di tutti gli altri cittadini, spiega Benedetto Adragna, questore a Palazzo Madama e quindi con un sistema contributivo ed erogato all’età prevista dalla prossima riforma.
Per meglio addolcire l’ennesima amara pillola, sono stati varati una serie di tagli sulla spesa corrente il cui virtuosismo suona beffardo, non per la sua entità, ma per il ritardo con cui si è deciso di applicarlo.
Revocata una gara per la tipografia, pari a 1,5 milioni di euro (quanto scrivono!), a favore di una maggiore digitalizzazione (evviva hanno scoperto il computer!); indetto un bando per servizi assicurativi al fine di abbassare la spesa attuale triennale di 9 milioni e 300mila euro, stipulata per senatori e personale annesso (il senato è un luogo così pericoloso?); riduzione dell’1% delle spese varie ivi compresa quella del ristorante (1% che sforzo e il ristorante perché non una mensa come i comuni mortali?); gara indetta anche per i servizi bancari finora ad esclusivo appannaggio della Bnl (perché solo a questa che applica dei costi mica da ridere su certe operazioni?).
Per finire udite, udite: nessuna nuova assunzione per il resto della legislatura. Questo è veramente il colmo! Tutti sembrano concordare con la necessità di sfoltire il numero dei parlamentari e di burocrati che incidono con un costo esorbitante sulla spesa dello stato e, come caduti dal pero, questa illustre congrega di nostri rappresentanti se ne esce con questa “novità”? Ancora una volta nuvoloni di acre fumo per nascondere un arrosto piccolo, piccolo.
Adriana Morando