Mentre la Regione Liguria afferma di attendere una risposta dal governo di Roma circa la possibilità di accorpare i parchi liguri in un unico ente, Federparchi per voce del presidente nazionale bacchetta i nostri politici: «...attesa ingiustificata, questa interpretazione del dettato normativo è una forzatura»
Mentre prendono vita i lavori della commissione tecnica voluta dalla giunta regionale per evidenziare una serie di azioni condivise di razionalizzazione dell’attività dei Parchi liguri, il dibattito sulla ventilata ipotesi di accorpamento degli enti di gestione ha varcato i confini nazionali.
Chiamata in causa all’inizio di aprile, l’assessore all’Ambiente, Renata Briano, aveva spiegato come la Regione Liguria fosse in attesa di una risposta da parte dei ministeri di Economia e Ambiente circa la necessità o meno di ricomprendere nei tagli imposti dalla spending review anche il sistema degli Enti Parco. Un’attesa che, anche a causa del cambio guardia romano, continua a prolungarsi ma che, a detta del presidente nazionale di Federparchi, Giampiero Sammuri, è del tutto ingiustificata: «La richiesta di un parere ministeriale circa l’obbligatorietà della comprensione del sistema degli Enti Parco all’interno delle norme previste dalla spending review è stata fatta solo dalla Regione Liguria. Al di là della mia opinione sulla forzatura di questa interpretazione del dettato normativo, il fatto che nessun altra Regione si sia mossa in questo senso dovrebbe far nascere quantomeno il sospetto che non sia necessario operare l’unificazione. Generalmente, infatti, Regioni ed enti locali cercano di interpretare le norme a proprio vantaggio: l’intervento nazionale, tutt’al più è un’azione successiva».
Negli ultimi anni, in Italia, solo due realtà hanno operato nella direzione di un accorpamento degli Enti Parco esistenti sul proprio territorio. Si tratta di Piemonte ed Emilia Romagna che hanno attuato riduzioni di gran lunga meno significative rispetto all’unificazione deliberata dalla Regione Liguria, passando rispettivamente da 24 a 15 enti e da 14 a 8. Inoltre, entrambe le operazioni di parziale accorpamento sono avvenute ben prima dell’avvento della legge nazionale per la riduzione degli sprechi nella spesa pubblica e in maniera del tutto autonoma e indipendente da qualsiasi imposizione governativa.
«Da quanto c’è la spending review – spiega Sammuri – nessuna Regione italiana ha attuato una riduzione degli Enti di gestione dei Parchi. Non metto in dubbio la necessità di ridurre le spese ma da qui ad annullare l’esistenza degli Enti Parco ne passa di strada». Un po’ come dire: se in Italia questo sistema di gestione è utilizzato ovunque, un motivo dovrà pure esserci.
Il presidente di Federparchi entra anche nel merito più strettamente economico della questione: «I parchi funzionano bene quando c’è un presidio locale legato al territorio che parla con le amministrazioni e la popolazione residente, valutando i problemi e decidendo come intervenire. Il parco è conoscenza dei problemi, mediazione paziente e presenza sul territorio: bisogna mettere insieme cacciatori e ambientalisti, agricoltori, imprenditori e turisti. Ci vuole un lavoro paziente per fare tutto questo, un lavoro che si fa a costi molto modesti. Un eventuale accorpamento di questi servizi non produrrebbe altro che una sorta di diseconomia. Il presidente di un parco prende un’indennità simbolica: con lo stipendio di un consigliere regionale si pagherebbero tutti i presidenti dei parchi e avanzerebbero anche dei soldi. Un ufficio centrale a Genova sarebbe la soluzione più lontana da tutto questo e non avrebbe nessun effetto di risparmio reale».
Secondo Sammuri, dunque, vi sono azioni e servizi tipici degli Enti Parco che non possono essere delocalizzati: parlare con le persone, con le categorie, con le associazioni deve restare una peculiarità decentrata e non può essere accorpata per nessuna ragione.
«Quando si parla di risparmi – conclude il presidente di Federparchi – bisogna parlare di soldi e non fare solo un’operazione di immagine che vada a colpire un’unica realtà. Siamo disponibili a discutere con la Regione Liguria perché, al di là della situazione contingente critica, ovunque lo si possa fare è giusto pensare di poter risparmiare. Ci sono senza dubbio attività che possono essere razionalizzate, pervenendo a un certo risparmio: ad esempio, la gestione degli stipendi e del personale, la realizzazione di un centro unico di acquisto e, volendo, anche di ufficio stampa e promozione centralizzato. Ciò che non si può assolutamente accorpare, però, è la presenza e il confronto col territorio: com’è possibile pensare che il sopralluogo per verificare con mano i danni fatti dai cinghiali sia gestito da un ufficio centrale a Genova?».
Simone D’Ambrosio
[foto di Diego Arbore]