Le piante resistono al sole, al freddo, al salino, al vento sferzante e persino nelle aree più densamente cementificate del Pianeta
E’ passato già un anno da quando il nostro primo articolo sul tema del “verde” è stato pubblicato da questa testata. Nella rubrica abbiamo parlato di molti argomenti, passando da giardini famosi, in Italia e nel Mondo, alle recenti tendenze del “landscape design”, alle pubblicazioni ed ai libri in materia, italiani e stranieri, ai paesaggisti più contesi ed alcune specie botaniche meno note.
Speriamo di essere riusciti a far percepire al Lettore quanto possa essere varia, interessante e diversificata la materia e che il “verde” sia stato colto nella sua articolata natura e nelle sue molteplici valenze: architettonica, estetica, scientifica e di fondamentale complemento nel moderno contesto urbanizzato. Siamo passati dalle assolate lande dell’Africa del Nord, alle piovigginose e brumose campagne inglesi, dai parchi storici francesi ai moderni spazi verdi in stile razionalista…
Abbiamo quindi visto che ogni luogo ha la sua storia, caratteristiche specifiche ed essenze vegetali autoctone. Le piante si adattano e resistono alle condizioni meteorologiche più estreme, al sole, al freddo, al salino, al vento sferzante ed esse hanno la meglio persino nelle aree più densamente cementificate del Pianeta.
La Natura merita però attenzione e dedizione. Fino ad oggi ciò non è spesso stato garantito, lo straordinario patrimonio naturalistico-botanico ed artistico italiano è stato, frequentemente e troppo a lungo, abbandonato a se stesso.
Le coste verdeggianti, gli oliveti secolari, le palme centenarie delle isole siciliane, i boschi dell’Umbria, i giardini storici delle ville venete sono il passato e proprio il migliore futuro di questo Paese! Basta però visitare uno dei numerosi parchi italiani per cogliere lo stridente contrasto tra gli originari ed illuminati intenti del committente e dei progettisti e lo stato di attuale abbandono e degrado.
Recentemente ho avuto modo di visitare un noto giardino del ponente genovese, famoso per il suo impianto architettonico, e sono rimasto molto colpito, nonostante alcuni interventi di restauro eseguiti, dallo stato in cui esso versava. Quasi nulla resta infatti del progetto originario. L’antico impianto è stato stravolto: compromesso dal passaggio dell’autostrada (su cui affaccia il cosiddetto “belvedere”), dagli edifici anni sessanta e da un moderno autosilo.
Le prospettive sul mare sono cancellate dallo sviluppo eccessivo degli alberi, gli edifici in stile neoclassico ed i padiglioni abbandonati, le alberature secolari “capitozzate” ed i viali invasi dalle sterpaglie e dai resti delle potature. Nel diciottesimo secolo, l’educazione di una persona non poteva dirsi completa senza un “Grand Tour” che attraversasse l’Italia. Il Paese, pur periferico e frazionato in vari Stati, era infatti al centro del Mondo per monumenti, Storia, Arte e celebre ovunque per i suoi Paesaggi, la sua natura ed i suoi giardini…
Come nella celebre poesia, la ginestra china il capo, renitente ma non sconfitta, sotto le colate di lava che la faranno soccombere, così oggi ettari di macchia mediterranea, di boschi e dune costellate di bianchi gigli cedono di fronte alla crescente cementificazione.
Mentre però, per quanto crudele, la Natura non è mai ciecamente distruttiva e quindi, dalle rocce vulcaniche, spunteranno in breve nuovi germogli e nuove fioriture, così non potrà essere a fronte dell’insensata furia speculativa dell’uomo. Distruggere la natura non significa però solo cancellare ciò che spesso ha richiesto centinaia di anni per svilupparsi (tale è il tempo necessario per avere alberi secolari, fitti boschi e coste coperte di macchia mediterranea) ma precludere, per sempre, al pittore di ritrarla nelle sue opere, al poeta nei suoi versi, al musicista nelle sue note ed a ciascuno di noi di cogliere il senso di infinito che la pervade.
Se i beni culturali meritano rispetto e richiedono tutela, questo è ancora più vero per la Natura, cui l’Arte sempre si ispira e di cui al massimo può essere mera emulazione.
Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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