Niccolò Fabi torna a esibirsi a Genova al Palco sul Mare Festival
Una lunga chiacchierata con Niccolò in viaggio da una città all’altra per il suo “Solo Tour 2011“. Grazie a “Palco sul Mare Festival” il cantautore romano torna a Genova, dove ha tanti estimatori che lo seguono dai primissimi anni della sua carriera. Abbiamo parlato di musica, ma anche della situazione attuale, del mondo che ci circonda…
Nella tua carriera hai sempre dato risalto alle liriche e alle immagini per cercare di raccontare qualcosa, per instaurare un colloquio con chi ti ascolta; questo mentre il mercato insegna che paga l’immediato, lo slogan… come se in questo mondo nessuno avesse tempo e voglia di ascoltare. Componendo cerchi o hai mai cercato un compromesso con questa “legge” per arrivare alle orecchie dei più?
In realtà poi questa “legge del mercato” è piena di eccezioni… Per questo sono convinto che inseguirla sia tempo perso. Non credo siano efficaci più di tanto i tentativi di plasmare i testi delle canzoni per trovare slogan e tormentoni, magari può riuscirti una volta in una canzone, casualmente… ma come principio è destinato a fallire: se ti sforzi a fare il ruffiano non duri a lungo. Per me il punto non è tanto la regola del mercato, quanto l’importanza che un autore dà ai suoi interlocutori. Quando scrivo una canzone voglio che chi mi ascolta capisca quello che dico, ma non significa scrivere cose che non penso per ottenere consensi, piuttosto cercare il modo migliore per farmi capire…
Mentre scrivi una canzone a che tipo di persona pensi di rivolgerti?
Non mi viene naturale pensare a qualcuno di preciso mentre scrivo, non l’ho mai fatto, non penso di rivolgermi a un tipo di persona piuttosto che a un’altra. Poi ovviamente i miei progetti possono essere interessanti per un gruppo di persone e non interessanti per un altro.
Ansia, insicurezza, inadeguatezza e difficoltà di inserimento nella vita sociale, “quando quello che c’è fuori fa così paura” per usare le tue parole… Sono caratteristiche del nostro tempo, si sente dire in giro… Ma perché è così semplice avere paura della vita e degli altri? Credi che il massiccio uso di droghe, niente moralismi per carità, negli ultimi 40 anni possa avere avuto il suo peso?
Le droghe sono sempre esistite come alternativa alla realtà, una fuga a pagamento; non credo siano una caratteristica degli ultimi quarant’anni e non credo siano causa di questo malessere sociale… La paura di cui parliamo riguarda il rapporto fra interno ed esterno, il rapporto di uno con tutti gli altri, tutto quello che c’è fra me e il resto… Questa paura naturale può essere tua nemica o tua alleata, ma non ha epoca e non ha generazioni secondo me… farà parte dell’uomo per sempre. Poi c’è un’altra forma di paura, intesa come modalità sociale, quella indotta dai media e dai governanti come forma di controllo.
Che rapporto hai con il palcoscenico, provi ancora tensione prima del concerto oppure ormai ci hai fatto il callo?
Sicuramente non ci ho fatto il callo! Salire sul palco significa misurarsi con il giudizio altrui, è un rapporto non paritario, sbilanciato… Tu sei rialzato e hai un occhio di bue che ti punta, tutti gli altri presenti no, non hanno luci addosso e non sono riconoscibili. Questo sicuramente suscita adrenalina e agitazione, ma non credo sia qualcosa da vincere o da superare… sarà sempre così’, vincere la tensione prima di salire sul palco credo sia controproducente.
Dal nord Africa alla Siria, dalla Grecia alla Spagna… Che idea ti sei fatto di questi mesi di rivolta?!
E’ un argomento talmente ampio che è impossibile racchiudere tutto in una risposta… si rischia di scivolare nelle banalità! Posso dire che la ventata di rivolta che ha investito l’Africa del nord e il clima di insoddisfazione dell’occidente sono secondo me processi collegabili per opposizione… Da noi, nell’occidente “panzone”, la noia ci ha portato a capire che la pancia piena e la sazietà altro non sono che illusione, non significa avere tutto. I popoli oppressi dalla dittatura, invece, sono stanchi di avere la pancia vuota e lottano per raggiungere la nostra noia, la nostra sazietà…