La causa dello stop è un contenzioso economico tra le ditte impegnate nell'appalto e le società committenti di Ferrovie dello Stato. Intanto, l’Osservatorio sull’opera, che avrebbe dovuto garantire il coinvolgimento degli abitanti, si è riunito soltanto una volta, poi più nulla. I cittadini sono preoccupati e chiedono un incontro in Municipio
Perché le Ferrovie dello Stato (oggi Società per Azioni, ndr) – pur non disponendo del denaro necessario – avviano la realizzazione di grandi opere? È lecita la domanda che si pongono residenti e commercianti del quartiere di Fegino (del quale ci siamo occupati ieri, a proposito della messa in sicurezza dell’omonimo torrente) di fronte all’impasse degli interventi per la realizzazione del Nodo ferroviario genovese, fermi al palo ormai da alcuni mesi (anche se le Ferrovie ufficialmente smentiscono e parlano di “forti rallentamenti”, ndr).
Per la conclusione dei lavori si parla di almeno un anno di ritardo rispetto al crono programma annunciato: fine del 2017, anziché fine 2016. La causa? La situazione di difficoltà economica che attanaglia le imprese appaltatrici dell’opera, riunite nel consorzio Eureca.
Da fine 2012 è in corso un contenzioso tra i committenti, ovvero Rfi, Italfer (società di Ferrovie dello Stato S.p.A.) ed il consorzio, in merito ai costi degli interventi. Le ditte rivendicano un corrispettivo più alto, rispetto alla cifra con la quale era stato assegnato l’appalto. Secondo le notizie circolate, si tratta di una richiesta aggiuntiva di circa 150 milioni di euro. Non proprio noccioline.
Attualmente il confronto prosegue alla ricerca di un’intesa tra le parti in causa ma, nel caso non si riuscisse a raggiungere un compromesso, la conseguenza potrebbe essere la rescissione del contratto, con un ulteriore allungamento dei tempi.
«Mi auguro davvero che il cantiere del Nodo non si fermi (anche se a dire il vero è già fermo, ndr) perché si tratta di un’opera fondamentale per spostare quote di traffico su ferro – ha dichiarato una settimana fa l’assessore regionale alle Infrastrutture, Raffaella Paita – Bisogna lavorare tutti per trovare in tempi brevi una soluzione».
I residenti, che per lunghi mesi hanno sopportato i disagi del cantiere, oggi sono increduli. «Dopo un avvio in pompa magna, adesso è praticamente tutto bloccato – racconta Franco Traverso, abitante e portavoce del Comitato per la riqualificazione di Fegino – gli operai delle imprese impegnate nel Nodo ferroviario sono in cassa integrazione. Così, oltre al danno, c’è pure la beffa: i lavori sono fermi ormai da mesi, mentre gli ammortizzatori sociali li paghiamo noi cittadini. Vorrei sapere che senso ha tutto ciò».
Angelo Spanò, ex consigliere provinciale dei Verdi, aggiunge un’amara constatazione: «In questa città non si riescono a realizzare neppure le opere condivise da tutti, come il Nodo, come si fa a parlare di Gronda e Terzo valico, interventi così divisivi?».
Il cantiere del Nodo si affaccia su via Evandro Ferri, la strada che attraversa il quartiere di Fegino. Sotto il selciato, perpendicolare al rio Fegino, scorre l’antica “roggia” (canale artificiale, proveniente generalmente da un corso d’acqua più ampio, per l’irrigazione o per altri usi, nrd) che dalla località Barabini di Trasta conduce l’acqua in direzione di Cornigliano. La storica roggia, che serviva le realtà artigianali e agricole della zona, è stata interrotta all’altezza del torrente e deviata nel suo letto.
Questa modifica, secondo alcuni abitanti, è la causa dei frequenti allagamenti in via Ferri e Corso Perrone. «La parte di via Ferri è stata parzialmente sistemata – spiega Traverso – Va dato atto all’ex presidente del Municipio Valpolcevera, Gianni Crivello, di aver capito l’importanza della roggia». Infatti, nel 2011, lungo la strada sono stati realizzati 3 bocchettoni che, in caso di evento alluvionale, dovrebbero servire a smaltire le acque.
Ma i lavori per la grande opera rischiano di compromettere il vecchio canale sotterraneo. Chi conosce la storia del quartiere esprime timore, come ricorda Traverso «All’interno dell’area di cantiere c’è una zona che un tempo ospitava i truogoli comunali. E qui sotto scorre la famosa roggia. Ebbene, proprio in corrispondenza dei truogoli, sorgerà uno dei due piloni che reggeranno il nuovo cavalcavia ferroviario. Questa struttura creerà dei problemi – conclude Traverso – Noi abbiamo chiesto di realizzare un canale che conduca le acque direttamente dentro al torrente Polcevera».
Il secondo pilone del nuovo cavalcavia, invece, rimpiazzerà l’attuale caserma dei carabinieri di via Ferri che sarà demolita. I carabinieri saranno trasferiti in un grande edificio in corso di realizzazione presso un’area FS adiacente alla stazione ferroviaria di Rivarolo (sempre nell’ambito del potenziamento del Nodo genovese): anche questo intervento, da almeno un anno subisce continui ritardi, dovuti a ripetute interruzioni dei lavori. Oggi è tutto nuovamente fermo ed è visibile solo uno scheletro perennemente circondato dai ponteggi. L’intenzione è quella di realizzare una stazione unica dei carabinieri per Rivarolo, Pontedecimo e Bolzaneto. Con la conseguente perdita dei presidi territoriali nei singoli quartieri.
Gli abitanti ricordano che, quando l’intervento è partito «Le Ferrovie ci avevano fornito delle garanzie – spiega Traverso – Anche le istituzioni, tramite la creazione dell’Osservatorio sui lavori del Nodo, voluto dall’ex presidente del Municipio Val Polcevera, Gianni Crivello, ci avevano rassicurato».
L’Osservatorio, però, si è rivelato una vera e propria beffa (come è successo con il suo omologo sulla Gronda): «Ci siamo riuniti una volta soltanto e mai più», sottolinea Traverso.
Da alcuni mesi la comunicazione con le Ferrovie si è interrotta. E pure il dialogo con il Municipio è diventato difficile. «Una volta a Fegino c’era la sede del Pci e sapevi di poter contare sull’ascolto di qualcuno – conclude Traverso – Oggi per avere un colloquio con l’attuale presidente del Municipio Val Polcevera, Iole Murruni, abbiamo dovuto mandare una raccomandata. E ancora attendiamo risposta».
Matteo Quadrone
[Foto dell’autore]