Il cantiere per la realizzazione dell'autorimessa che tanto preoccupa gli abitanti è fermo da 6 mesi; ripercorriamo le tappe di un intervento edilizio che insiste su un'area fortemente urbanizzata
Un cantiere fermo da circa 6 mesi, un’area di 1200 metri quadrati che con l’arrivo delle prime piogge si è già trasformata in un acquitrino, il tutto circondato da palazzi, alcuni dei quali ultra centenari. Siamo nel cuore di Sampierdarena, in via Armirotti, una traversa di via Carlo Rolando, dove la costruzione di un’autorimessa su due piani interrati per complessivi 68 posti auto e di alcuni spazi in superficie destinati a verde attrezzato e parcheggio di uso pubblico, ha suscitato e continua a suscitare la preoccupazione degli abitanti visto che gli scavi insistono proprio sopra alla falda acquifera.
I lavori e la conseguente alterazione della falda rischiano di compromettere la stabilità degli edifici di via Armirotti ma non solo, ad essere coinvolte sono anche le abitazioni che sorgono in via Currò, parte di via Rolando, via Agnese e via Storace. Un dedalo di strade che si snodano in una zona già ampiamente cementificata.
Un cantiere sbucato dal nulla nell’ottobre 2011, come ricorda Angelo Olani, residente in un palazzo di via Armirotti che si affaccia sull’area «Di punto in bianco ci siamo trovati di fronte gli operai. Non sapevamo nulla del progetto approvato, nessuno si era premurato di informarci. Ne siamo venuti a conoscenza grazie ai cartelli di divieto di sosta affissi lungo la via una mattina di ottobre dell’anno scorso. E per i volantini che pubblicizzavano la vendita dei futuri box».
Parliamo di un’area dismessa da almeno 20 anni. Un tempo qui sorgeva una carpenteria. In seguito, la parte che ospitava l’officina, è stata trasformata in box. La parte esterna, invece, dove si trovava un capannone, è rimasta abbandonata fino a quando non è stata acquistata dalla società Garaventa Spa, la quale alcuni anni fa ha presentato il progetto originario per la costruzione dell’autorimessa.
Ma nel 2011 Garaventa Spa decide di abbandonare l’operazione. La proprietà ed il progetto vengono rilevati dalla Armirotti Park Srl, società con sede in via Ippolito D’Aste, costituitasi appositamente per realizzare l’intervento. I lavori partono il 17 ottobre 2011 con permesso di costruire n. 39 del 18 gennaio 2011 e dovrebbero concludersi il 17 ottobre 2014. La ditta esecutrice è la Gl Costruzioni Sas con sede a Montoggio. Da maggio 2012, però, gli operai non si sono più visti.
«Siamo preoccupati perché sappiamo che nel sottosuolo passa acqua dappertutto – racconta Olani – Le memorie storiche del quartiere parlano chiaro: in questa zona, che ospitava orti e serre, a fine ‘800 scorreva un rivo incanalato che da via Currò scendeva fino alla piana di via Armirotti. Ed erano presenti anche due vasche per l’allevamento dei pesci».
La vicina via Rolando si trova a 5 metri e poco più sul livello del mare. L’acqua, dunque, è una presenza costante nel quartiere e la falda acquifera è molto vicina al terreno.
Negli anni ’60 c’è stato un inquietante precedente, come ricordano nitidamente alcuni anziani: per la forza dell’acqua è saltato addirittura il tetto di falda con il conseguente allagamento di via Armirotti. Occorre sottolineare che gli scavi prevedono di andare in profondità per almeno 7-8 metri.
Le stesse relazioni idrogeologiche che accompagnano il progetto lasciano adito a qualche dubbio rispetto ai rischi che si possono riscontrare scavando nel sottosuolo di via Armirotti. Anche il progetto è tecnicamente complesso, proprio perché esiste la consapevolezza di dover fronteggiare una forte pressione dell’acqua.
«Si parla di uno sbancamento di circa 15 mila metri cubi di terra da asportare, ovvero 700-800 camion che dovranno transitare per via Armirotti – spiega Olani – Una strada stretta a doppio senso e senza uscita. Inoltre bisogna considerare l’impatto ambientale sulle vie Armirotti, Currò, Rolando, Agnese, Storace, a causa di rumore, vibrazioni e polveri dei camion e betoniere». La paura è dovuta soprattutto allo sbancamento che sconvolgerebbe la naturale falda acquifera, oltre a creare una depressione nel sotto strada e alle fondamenta dei palazzi confinanti.
Gli abitanti nell’ottobre 2011, appena avviati i lavori, si riuniscono in un comitato, raccolgono centinaia di firme e presentano un esposto al Municipio Centro-Ovest affinché verifichi il concreto impatto della prevista costruzione.
A metà novembre si svolge un incontro al Matitone alla presenza dell’allora assessore all’Edilizia Privata, Giovanni Vassallo, del dottor Paolo Berio, dirigente della Direzione Sviluppo Urbanistico e Grandi Progetti del Comune, del Presidente di Municipio, Franco Marenco e di alcuni esponenti del comitato. Nell’occasione viene decisa l’attivazione di una commissione geologica di verifica del progetto.
A dicembre il cantiere comincia le palificazioni ma la commissione dei geologi ancora non si è fatta sentire. Grazie alle pressioni del comitato, il 22 dicembre, il consiglio municipale approva all’unanimità un documento che chiede al Sindaco e agli assessori Vassallo e Farello, di rispondere alle istanze dei cittadini.
«Il 19 ottobre abbiamo presentato formale richiesta all’ufficio Edilizia Privata del Comune per poter visionare tutta la documentazione relativa al progetto dell’autorimessa – ricorda Olani – La prima parte della documentazione ci è stata consegnata dopo oltre 2 mesi dalla richiesta, il 3 gennaio 2012. Ci siamo accorti, però, che mancavano le relazioni ed i monitoraggi più recenti».
Eppure, da informazioni ricevute, prima dell’avvio dei lavori dovevano essere eseguiti ulteriori approfondimenti. «La seconda parte, quella più importante che comprende le ultime verifiche (relazione idrogeologica-geologica, relazione monitoraggio e percussioni, relazione salvaguardia strutture contenimento) è giunta nelle nostre mani solo il 10 gennaio 2012, un giorno prima dell’ultima riunione – continua Olani – Ma le carte erano intonse, come se nessuno si fosse preso la briga di leggerle. Per gli uffici comunali ormai la pratica era archiviata e l’intervento approvato. Il Comune fa sempre meno accertamenti, non dispone di un numero adeguato di tecnici in grado di seguire simili interventi, il suo ruolo è diventato quello di archivista, punto e basta».
L’11 gennaio gli abitanti del quartiere partecipano all’ultimo incontro pubblico con Vassallo, il dirigente Berio, i geologi del Comune, il presidente del Municipio e alcuni consiglieri. «I geologi hanno minimizzato i nostri dubbi – ricorda Olani – rovesciando la lettura piezometriche del monitoraggio esistente sulla falda, cercando di dimostrare la scarsa pressione del terreno e dell’acqua, non tenendo conto in minima considerazione le memorie storiche. L’assessore Vassallo ci ha invitato a dimostrare il contrario con una nostra perizia tecnica. Abbiamo interpellato un ingegnere ed un geologo ma poi, per ragioni economiche, non siamo riusciti a realizzare una contro perizia».
E così nel dicembre 2011 partono le palificazioni «In pratica è come se le avessero messe nel burro – ribadisce Olani – Infatti nel sottosuolo, per almeno 17-20 metri ci sono solo sabbia e ghiaia. Il terreno compatto si trova dopo i 20 metri di profondità. Per realizzare i box andranno sotto di circa 7-8 metri. Qui dovrebbero creare una base di drenaggio per contenere la nuova struttura. Noi come comitato abbiamo proposto una soluzione ragionevole con un intervento più contenuto: 1 piano interrato e 1 piano in superficie, in maniera tale da creare meno problemi. Ma la nostra proposta è caduta nel vuoto».
«Hanno infilato i pali per le letture piezometriche nel terreno, scendendo ripettivamente fino a circa 20 metri e 24 metri di profondità – racconta Olani – Quando si sono stabilizzati a 5 metri, a livello della falda, hanno azionato una pompa che aspira circa 0.8 litri d’acqua al secondo per vedere in quanto tempo riuscivano a svuotare un tot di metri. Quando hanno fermato la pompa l’acqua si è alzata di 2 metri e mezzo in un solo minuto: questo fa comprendere quanta pressione ci sia nel terreno».
La relazione geologica a corredo del progetto, datata da timbro comunale agosto 2011, in merito all’inquadramento geomorfologico ed idrogeologico, afferma «Il settore, pienamente inserito nel tessuto cittadino, risulta fortemente antropizzato tanto che l’intensa urbanizzazione ha di fatto completamente alterato quelli che erano i lineamenti morfologici originari».
Per quanto riguarda la circolazione idrica sottosuperficiale «la presenza di depositi alluvionali (argille e limi, con presenza di lenti sabbioso-ghiaiose) interdigitali a depositi eluvio-colluviali provenienti dai versanti sovrastanti (anch’essi a matrice fine ma con variabili quantità di scheletro), poggianti entrambi su di un substrato dotato di una scarsa permeabilità secondaria per fatturazione, condiziona significativamente l’andamento della circolazione idrica sottosuperficiale».
Poi la relazione aggiunge «Si può pertanto ipotizzare la presenza di una modesta circolazione idrica dovuta a contrasto di permeabilità sia all’interno dei depositi alluvionali e delle coltri di copertura, sia che a maggior profondità, tra quest’ultimi ed il substrato roccioso».
Tesi confermata dalle letture del livello freatico nei piezometri installati nei fori di sondaggio «Le prove di pompaggio hanno evidenziato tempi di risposta nella variazione del livello piezometrico all’abbattimento mediante pompaggio e alla ricarica piuttosto brevi: 2-3 minuti per un primo abbassamento significativo di circa 5 metri – sottolinea la relazione – Mentre per abbattere il livello piezometrico di ulteriori 5 metri i tempi si dilatano fino a circa due ore a pompaggio costante (0.83 l/s). Tali informazioni connesse con i valori di permeabilità di detti terreni medio bassi consentono di ipotizzare una circolazione idrica sottosuperficiale profonda».
Quindi i risultati evidenziano un repentino abbattimento del livello piezometrico di 5 metri in pochi minuti «Anche la fase di risalita del livello, interrotto il pompaggio, ricalca lo stesso modello – continua la relazione – una risalita repentina nei primi 3 minuti di circa 4,5 metri e di circa 6,5 metri».
Quali sono le tappe che hanno portato all’approvazione del contestato progetto di via Armirotti?
Il 4 maggio 2005 la parte privata (all’epoca Garaventa Spa) ha presentato istanza presso il Settore Edilizia Privata del Comune di Genova volta ad ottenere il permesso di costruire un autorimessa interrata per 67 posti auto.
Il Settore Urbanistica e Parcheggi in data 20 settembre 2005, 2 ottobre 2007 e 13 ottobre 2008, ha espresso pareri favorevoli al progetto presentato in quanto coerente con la disciplina urbanistica di riferimento, evidenziando che la realizzazione dell’intervento sarà subordinata alla stipula di un’idonea convenzione con la Civica Amministrazione volta a disciplinare le modalità di realizzazione, gestione e fruizione dell’area destinata a verde pubblico attrezzato e parcheggio uso pubblico, nonché sull’istanza di recupero della superficie agibile.
Il Settore Edilizia Privata-Ufficio Geologico il 10 novembre 2006 si è espresso con parere favorevole con prescrizioni attinenti sia all’inizio lavori sia alla fase esecutiva.
Il 5 novembre 2009 con provvedimento di Giunta comunale n. 402, il Comune ha accettato l’atto di impegno sottoscritto il 5 maggio 2009 ed ha approvato la bozza di convenzione da stipularsi fra le parti.
La Convenzione tra Comune di Genova e Garaventa Spa, volta alla realizzazione di un parcheggio e di verde attrezzato in servitù di uso pubblico, viene sottoscritta il 2 febbraio 2010.
Gli interventi necessari alla realizzazione di verde e parcheggio sulla superficie di copertura della nuova costruzione dovranno essere realizzati dalla parte privata contestualmente all’autorimessa.
«La parte privata si impegna a garantire la costante e gratuita fruizione pubblica indifferenziata delle menzionate aree destinate a verde pubblico attrezzato e a parcheggio di uso pubblico – sottolinea la convenzione del 2010 – e ad assumere tutti gli oneri di gestione nonché di manutenzione ordinaria e straordinaria».
Ma in seguito aggiunge «Previa autorizzazione del Comune potrà essere consentito alla parte privata gestire il parcheggio pubblico mediante forme di fruizione pubblica indifferenziata a titolo oneroso qualora la Civica Amministrazione ritenesse tale forma di gestione più consona al soddisfacimento del pubblico interesse perseguito. Le tariffe massime per tale forma di gestione del parcheggio non potranno comunque eccedere i limiti massimi delle corrispondenti tariffe per l’utilizzo degli impianti di proprietà o gestiti dal Comune di Genova, ovvero per conto di esso».
«In zona indubbiamente c’è necessità di parcheggi – conferma Lucia Gaglianese, abitante del quartiere e consigliere Pdl del Municipio Centro-Ovest – Ma questa non è una risposta adeguata. In sede di Municipio, l’amministrazione comunale ha ventilato l’ipotesi di destinare ai residenti, a titolo gratuito, i circa 12-14 posti auto previsti sulla superficie di copertura dell’autorimessa, però non esiste ancora un impegno ufficiale. Una nuova costruzione così impattante, comunque, non era necessaria. Sarebbe stato più ragionevole accogliere la proposta di riduzione del comitato. Inoltre, l’intervento che ha portato alla pedonalizzazione di via Rolando, doveva essere intrinsecamente legato alla demolizione della rimessa Amt di via Reti che avrebbe lasciato spazio a numerosi posti auto. Un’operazione di cui si parla spesso ma finora mai avviata».
A destare preoccupazione è anche la futura apertura dell’area verde attrezzata «È solo un “contentino” per far tacere le contestazioni – sottolinea Olani – Chi si preoccuperà della cura e del controllo di questi spazi? Già oggi il quartiere, soprattutto di notte, vive i suoi problemi a causa della presenza di un circolo che crea disagio per gli schiamazzi e l’ubriachezza molesta dei frequentatori. Chi garantirà la sicurezza dei nuovi giardini?».
Senza contare che allo stato attuale nel cantiere non si muove una foglia ed il rischio concreto è quello di ritrovarsi con un vero e proprio buco nero al centro della delegazione, chissà per quanto tempo.
«Il gruppo di minoranza in Municipio Centro-Ovest (Pdl, Lega Nord, Lista Musso) a breve presenterà un documento per chiedere lumi sulla vicenda – conclude Gaglianese – Vogliamo capire quali sono le intenzioni dell’amministrazione».
«Siamo fermi da aprile-maggio – conferma il direttore tecnico di cantiere, il geometra Mario Pullara – il problema è il ritardo nei pagamenti da parte del committente (Armirotti Park, ndr). Siamo in arretrato di almeno 2-3 mesi di stipendi. Il cantiere sicuramente non è ben visto dai residenti. In effetti, si tratta di una struttura impegnativa dal punto di vista tecnico. Andiamo a toccare una falda acquifera. Comunque c’è stato un attento monitoraggio sia precedente, sia in fase di esecuzione dei lavori. Capisco la preoccupazione delle persone ma in casi come questi è necessario provare a convivere e trovare la soluzione migliore per la ditta impegnata nei lavori e per gli abitanti. Non sono più in contatto con il committente ma da notizie ufficiose l’intenzione è quella di rescindere il contratto con la Gl Costruzioni Sas ed affidarsi ad altre ditte».
Matteo Quadrone