Questa tecnica permette di realizzare “sculture” vegetali, coni, sfere, spirali, piramidi, infinite forme complesse, “muri” verdi e divisori, siepi di separazione tra i viottoli e persino intricati e suggestivi labirinti
L’“ars topiaria” rappresenta una tecnica di potatura e modellazione delle piante tramite la quale queste ultime vengono trasformate in vere e proprie “sculture” vegetali e, nel caso di “muri” verdi e divisori, importanti elementi costruttivi che contribuiscono a delineare l’ossatura di un giardino.
Tramite questa modalità di potatura è infatti possibile realizzare tanto coni, sfere, spirali, piramidi ed altri volumi quanto siepi verdi di separazione tra i viottoli, infinite forme complesse e persino intricati e suggestivi labirinti (spesso realizzati, specie in epoca barocca, in Belgio, Francia, Italia e Regno Unito, dove sono noti con il termine di “maze”).
Il tipo di vegetale utilizzato varierà in base alle intenzioni ed alle specifiche finalità del progettista. In generale, si impiegano frequentemente: bosso, tasso, ligustro, carpino… ma anche, come vedremo, agrifoglio e, specie nelle aree a clima mediterraneo, tutti quei vegetali che ben “sopportano” le potature periodiche.
Entrando nello specifico delle singole piante, il bosso è un sempreverde dalle lucide foglie coriacee, ne esistono differenti varietà, caratterizzate da foglie più o meno appuntite e da uno sviluppo vegetativo variabile.
Anche il tasso presenta una vegetazione di colore verde profondo e sottili foglie disposte a spina di pesce sugli esili rametti. La pianta produce anche delle particolari bacche rossastre, dalla consistenza gelatinosa.
Il ligustro è, invece, caratterizzato da uno sviluppo meno regolare, presenta poi foglie molli, verdi chiaro. Le opere realizzate con tale vegetale risultano, a mio avviso, di minore impatto estetico e meno “disciplinate”, a causa della tipologia di crescita, rispetto, ad esempio, a quelle scolpite nel bosso.
Come il ligustro ed a differenza del bosso e del tasso, anche il carpino è una caducifoglia, dalle foglie dal profilo dentellato, di colore verde medio e dai rami piuttosto sottili.
Come vedremo, l’impiego di una essenza vegetale rispetto ad un’altra, non è affatto secondario ed incide, invece, profondamente sull’impatto estetico finale. Il risultato concreto che si intende raggiungere varierà infatti completamente. Il differente tono di verde, l’incidenza della luce sulle foglie della pianta e la stessa maggiore o minore “compattezza” dell’opera, producono, nello spettatore e nel giardino, un effetto molto differente, alleggerendo, appesantendo, scurendo o schiarendo l’insieme.
Va inoltre aggiunto che l’optare per l’impiego, nella tecnica di potatura in esame, di una caducifoglia risulterà spesso decisivo. Infatti, al variare delle stagioni, la pianta si spoglierà o meno della chioma verde. L’opera di “ars topiaria” diverrà quindi, nel primo caso, quasi “trasparente” per lo spettatore, così permettendo di cogliere, attraverso un intricato e suggestivo diaframma di rami, il paesaggio retrostante. Nella seconda ipotesi, il volume resterà, invece, sostanzialmente invariato, assumendo la pianta un colore verde scuro o marrone brunito.
Una particolare menzione merita poi l’utilizzo, nell’“ars topiaria”, del carpino. A differenza della stragrande maggioranza delle altre essenze vegetali, quest’ultima non perde totalmente, a partire dall’autunno, le foglie. Esse non si separano dalla pianta, cadendo a terra, ma rimangono sull’albero fino alla primavera, quando i nuovi getti scalzano le foglie secche e marrone scuro, ancora presenti sui rami.
L’effetto di un muro divisorio o di un volume verticale, realizzato con questa pianta, risulterà, nella stagione invernale, davvero stupefacente, garantendo un risultato, a priori, difficilmente immaginabile.
In caso di neve o di brine mattutine, queste ultime ricoprono infatti gli esili rami e le foglie secche, creando una sottile crosta ghiacciata che garantisce un effetto particolare e di grande suggestione estetica nell’insieme del giardino.
L’impatto risulta poi massimamente accentuato quando la luce invernale diventa fredda, incerta e tremula e la bruma ricopre, sospesa a mezz’aria, le superfici d’acqua, di pietra consumata dal tempo ed i prati di parchi e giardini storici, spesso caratterizzati da articolate siepi in carpino. I progettisti utilizzano quindi, in particolari contesti e scientemente, questa varietà di pianta al fine specifico di ottenere, nel corso della stagione autunnale o invernale, risultati molto suggestivi e vere e proprie quinte “teatrali”.
Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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