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Rischio sfratto per 200 famiglie nella casa-albergo di via Linneo a Genova

L'edificio è di proprietà di EGI (Poste Italiane), ex scuola della polizia postale, oggi è una casa albergo fatiscente che rischia di lasciare per strada 200 famiglie


1 Maggio 2011Inchieste

Begato, la diga di via MaritanoIl residence di periferia mette alla porta i suoi ospiti. Accade a Genova al civico 130 di via Linneo, un casermone fatiscente di 15000 metri quadrati che ricorda in versione ridotta la famosa “diga” di via Maritano sull’opposto versante collinare di Begato, proprietà di Europa Gestioni Immobiliari, società partecipata interamente da Poste Italiane.

Già da qualche anno l’intenzione di Poste italiane è quella di disfarsi di tutte le proprietà immobiliari sparse sulla penisola. EGI ha infatti a disposizione una serie di strutture in diverse città come Genova, Bologna, Firenze, Venezia, Milano, Torino. Proprio in quest’ultimo caso è stata raggiunta un’intesa con il Comune che ha realizzato un bando aperto ai soggetti intenzionati a rilevare l’immobile per trasformarlo in alloggi sociali ad uso di studenti fuori sede, lavoratori trasferisti e famiglie di persone ospedalizzate.

“L’operazione ha avuto un enorme successo – racconta Bruno Pastorino, Assessore alle politiche della casa del Comune di Genova – L’edificio è stato infatti rilevato da una società, appartenente al mondo delle Onlus, che si occupa di edilizia sociale. Il progetto è stato premiato alla rassegna Eire 2010 di Milano come il miglior progetto di social housing”.>Ma tornando a Genova, come si è sviluppata la vicenda che riguarda la casa-albergo di via Linneo? “Nel 2009 l’amministrazione chiese informazioni sulla valutazione dell’immobile – spiega Pastorino – la reazione di Poste italiane fu di indisponibilità nei confronti di un dialogo costruttivo. Il prezzo di 7 milioni di euro (e almeno altrettanti sono necessari per la ristrutturazione) è decisamente eccessivo. La nostra proposta prevede una soluzione sul modello di Torino”.

Per l’amministrazione sarebbe corretto che questa struttura, appartenente a una società pubblica, svolgesse anche una funzione di pubblica utilità. “Il Comune potrebbe agire come facilitatore in una dialettica fra Poste italiane e soggetti terzi, preferibilmente provenienti dal mondo della cooperazione e specializzati in edilizia sociale, per realizzare a Begato un progetto di social housing che includa anche servizi sociali di tipo sanitario, ad esempio consultori e poliambulatori per gli abitanti del quartiere”, conclude Pastorino.

La gestione di circa metà dell’immobile, 73 unità abitative di 50 metri quadrati che ospitano più di 200 inquilini fra i quali molti stranieri ma anche cittadini italiani, è affidata dal 2001 a una società di Trevignano (Tv), Gest.a srl, che ha trasformato il complesso in una cosiddetta  casa-albergo. Vale a dire una struttura che dovrebbe garantire, il condizionale è d’obbligo, determinati servizi di tipo alberghiero, come ad esempio la lavanderia, un’adeguata pulizia degli spazi comuni e il rispetto di tutte le norme di sicurezza. Per quel che concerne il rapporto con i suoi ospiti, la società stipula dei contratti di carattere transitorio, rinnovabili ma senza trasformarsi in permanenze stanziali.

“Dopo la dismissione dei dipendenti di Poste italiane – spiega Stefano Salvetti, Sicet (Sindacato Inquilini Casa e Territorio) – in questi bilocali si sono inserite persone in situazioni di disagio e che di fatto si arrangiano, viste le condizioni abitative per nulla consone al modello di casa-albergo”. E in effetti parlando con la signora che sta dietro il bancone della reception di via Linneo, la quale spiega come negli alloggi sia vietato l’uso di lavatrici e stufette perché c’è un unico generatore di corrente, mentre per quanto riguarda l’area cottura ogni alloggio ha a disposizione due piastre elettriche, si comprende bene cosa intende Salvetti. Tutti gli inquilini hanno installato le lavatrici perché evidentemente la lavanderia non funziona a dovere. E anche la pulizia, soprattutto degli spazi esterni accessibili dal palazzo, lascia a desiderare, ma la causa primaria è l’inciviltà degli stessi ospiti che qui abitualmente abbandonano l’immondizia. Per non parlare delle precarie condizioni, visibili a occhio nudo, in cui versa l’edificio che necessita di urgenti interventi di ristrutturazione perché rispetti almeno gli standard minimi di sicurezza.

“Noi consideriamo i contratti annuali applicati da Gest.a, come simulati – accusa Salvetti – Infatti in base alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, si configurano come locazioni abitative, insomma come prime case. La Sicet è quindi in procinto di muoversi per vie legali”. La difficoltà, come spiega il sindacalista, sta nel comunicare con queste persone, spesso extracomunitari che non conoscono a sufficienza la lingua o persone problematiche e difficili da intercettare, all’oscuro dei propri diritti. “Noi premiamo affinché la struttura venga recuperata e resa disponibile sotto forma di edilizia pubblica di cui c’è una grande carenza nel nostro paese – aggiunge Salvetti – In Italia infatti sono solo 700.000 gli alloggi E.r.p. in confronto ai 3 milioni dell’Inghilterra o ai 4 milioni della Francia. A Genova sono 12.000 e ne mancano almeno altri 8.000”.

Sul finire di gennaio Gest.a ha inviato una missiva a 140 inquilini del residence, invitandoli a liberare gli alloggi entro il 3 febbraio. “L’amministrazione ha scritto a Gest.a, EGI e al Prefetto, per impedire che 140 persone si trovassero da un giorno all’altro in mezzo alla strada – afferma Pastorino – per il momento gli sfratti non sono stati eseguiti ma EGI continua nella sua azione di persuasione nei confronti dei singoli nuclei famigliari per cercare di liberarsene senza dare troppo nell’occhio e senza colpi di mano”.

Nonostante Gest.a si affretti a ribadire di aver notificato gli sfratti solo ai soggetti morosi, è innegabile che dietro le quinte la pressione di Poste italiane, smaniosa di svuotare l’immobile, si faccia sentire. “Proprio qualche giorno fa ho incontrato due sorelle che sono residenti nel civico 130 da ben 8 anni – racconta Pastorino – a fronte di alcune morosità non eccessive e dovute alla perdita del lavoro, queste persone hanno ricevuto la notifica di sfratto esecutivo a partire dal 25 aprile”.

Inoltre, ad aggravare le difficoltà di Poste italiane, c’è un’altra questione non secondaria: il 50% dei volumi dell’immobile insistono su un’area, quella che fino al 2006 ospitava la scuola di polizia postale, espressamente destinata ai servizi. Quindi dove non sono permessi insediamenti residenziali. Ed è anche per questo che, nonostante siano almeno 2 anni che la proprietà manifesta la volontà di cedere l’edificio, ancora oggi non sono giunte offerte concrete.

Matteo Quadrone


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