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Gli abitanti in rivolta contro la chiusura dell'unico supermercato del quartiere. L'associazione Pianacci e Carlo Besana hanno raccolto oltre trecento firme
Una nuova sfida per il Cep, il popoloso quartiere collinare genovese, alle spalle di Voltri e Prà, questa volta è pronto a mobilitarsi per il suo supermercato. Infatti da 4 mesi, era la fine del dicembre scorso, il punto vendita del gruppo francese Carrefour, ha chiuso i battenti e da allora gli abitanti sono stati privati di un servizio utile soprattutto per chi, come anziani e persone con problemi di deambulazione, è oggi costretto a scendere a valle per fare la spesa.
L’elemento paradossale della vicenda è che Carrefour sta continuando a onorare il contratto d’affitto con Arte (Azienda regionale territoriale per l’edilizia) concordato fino al prossimo novembre. Inoltre la società ha chiesto e ottenuto dal Comune la sospensione della licenza e ora si considera legittimata a mantenere i locali vuoti. Le logiche del mercato spesso sfuggono all’uomo comune ma evidentemente è più conveniente continuare a pagare piuttosto che spalancare la porta alla concorrenza. Anche se si gioca sulla pelle dei cittadini. E nonostante ci siano già tre differenti operatori commerciali che scalpitano, pronti ad insediarsi non appena sarà possibile.
“In soli due giorni abbiamo raccolto oltre 300 firme che mettiamo a disposizione del Comune per mettere maggiore pressione a Carrefour e ottenere il rilascio dei locali – spiega Carlo Besana, anima dell’Associazione Pianacci – Se la situazione non dovesse sbloccarsi agiremo secondo il nostro stile con proteste spiazzanti e fantasiose”. Si parla di azioni legittime che punteranno a contrastare la normale attività dei punti vendita Carrefour sparsi in città.
Il Comune, sollecitato da abitanti e Municipio, tramite l’Assessore al Commercio Giovanni Vassallo, sta provando ad instaurare un dialogo con Carrefour affinché la questione si risolva nel più breve tempo possibile. Nel frattempo si prepara la mobilitazione, così come successe due anni fa, quando la minaccia di chiudere l’ufficio postale del quartiere portò i cittadini ad inventarsi “l’operazione tartaruga”, allo scopo di rallentare il lavoro negli altri uffici genovesi. Fu un successo che costrinse Poste italiane a cambiare repentinamente idea.
Ma negli ultimi anni sono stati numerosi gli obiettivi raggiunti dalle realtà associative del Cep: in principio fu il centro sociale, nell’unica antica casa ligure sopravvissuta al diluvio di cemento degli alloggi popolari, poi vennero il campo da calcio in erba sintetica e i campi da bocce, il centro culturale islamico e i corsi d’italiano per stranieri, le attività motorie per gli anziani e infine il Palacep, come è stato soprannominato, con una pista di pattinaggio unica a Genova e tremila posti a disposizione per l’organizzazione di concerti e spettacoli dal vivo. Una comunità che è stata in grado di autodeterminarsi e costruirsi un’identità collettiva partendo dalle mille storie di disagio ed emarginazione confluite nel quartiere.
Una piccola città di oltre 7000 anime che rappresentava fino a poco tempo fa una realtà altra nata dal nulla, oggi il Cep è diventato un simbolo del possibile riscatto sociale e un modello, studiato oltre i confini genovesi, da chi si trova ad operare in contesti simili ogni giorno. Eppure le difficoltà continuano a non mancare e Carlo Besana, nonostante l’organizzazione avesse tutte le carte in regola, è stato recentemente denunciato per disturbo alla quiete pubblica a causa della rassegna di spettacoli “Che estate alla Pianacci”, capace di portare al Cep ogni anno, circa 8000 spettatori.
Matteo Quadrone