Cuba è un mondo distante dove non esiste lo spreco, ma gli stipendi dello stato sono bassi, la gente spesso è scontenta e cerca illegalmente un secondo lavoro
Il taxi sfreccia fra le vie cubane, riesco a scorgere grandi murales che inneggiano alla rivoluzione e all’attuale dittatura; arrivo al Vedado, quartiere costruito dagli americani all’epoca di Batista, grandi casermoni che si affacciano sul mare, pochi chilometri di fronte a me c’e’ la Florida… cosi’ vicina, ma cosi’ lontana per Cuba! Mangiamo qualcosa nel ristorante sotto casa, l’atmosfera e’ fantastica…
L’indomani inizia il nostro viaggio: visita al Parque Lennon, foto di rito vicino alla statua di John e poi dirette alla Plaza de la Revolucion, immensa spianata che si allarga sotto lo sguardo vigile del Comandante Che Guevara, quello che per tutti i cubani e’ ancora “Il Comandante”.
Per trascorrere la prima serata ci spostiamo in centro a L’Avana Vieja; spostarsi nella capitale e’ difficile ma curioso: sfrecciano per la strada taxi, cocotaxi (taxi gialli come le nostre api ma con l’autista munito di caschetto!), carrozze trainate da cavalli, riscio’, sidecar e fantastiche cadillac anni 50 che rendono l’ambiente incredibilmente romantico… sembra di aver fatto un tuffo nel passato!
Anche i negozi richiamano l’Italia del dopoguerra: vetrine spoglie, spazi grandi con poche merci, mercatini e uomini che girano con carretti e trasportano pulcini! Ad ogni angolo della strada c’e’ qualcuno che ripara qualcosa: chi orologi, chi scarpe, chi borse… A Cuba nessuno butta via nulla, tutto e’ utile e ogni cosa puo’ essere riparata, mentalita’ assai lontana dal nostro usa e getta! Non esiste lo spreco, e il mio pensiero va ai quintali di cibo buttati in pattumiera da noi “fortunati” abitanti del mondo evoluto!
Con i miei pensieri continuo a camminare per il centro della citta’, respiro, osservo, ascolto… gia’ ascolto, perche’ da ogni finestra e da ogni negozio arriva musica a gran volume! In ogni locale c’e’ un gruppo di musicisti che suona classici cubani, e poi, reggaeton in ogni dove. Passo la serata al Monserrat, un piccolo localino dove imparo (provo forse e’ meglio!) a ballar la salsa, degusto il mio mojito e osservo quanti turisti, soprattutto uomini in cerca di sesso facile, affollano questa citta’… Torno a casa presto, domani si parte per Vinales!
A Vinales mi sistemo in una casetta deliziosa con il pollaio e l’orticello accanto e il pomeriggio sono pronta per un’escursione a cavallo; cinque ore sotto il sole cocente in mezzo ai campi di tabacco. La mia guida “Negrito” mi porta dentro una grotta scavata nella montagna, e, dopo un tuffo nella piscina sotterranea, si parte alla volta del campesino Omar, una fabbrica di sigari dove ho degustato un delizioso cocktail con rum e cocco. Quando ci rimettiamo in sella e’ quasi buio; alzo gli occhi, il cielo con le sue stelle e’ incredibilmente vicino a me, non mi scordero’ mai quel panorama. Trascorriamo la sera al patio, un localino a cielo aperto con un buon cuba libre (attenzione rum chiaro, lo scuro a Cuba non si usa per il cocktail) e musica, musica e ancora musica. L’indomani bisogna alzarsi presto per andare a prendere un autobus che ci portera’ alla fermata del traghetto per Cayo Levisa; dopo trenta minuti sono in paradiso! Chilometri di spiaggia bianca, mare cristallino, palme e tanto bel sole… E’ il 29 gennaio, il mio pensiero va ai miei amici genovesi… loro al lavoro! Al nostro ritorno troviamo una buona paella ad aspettarci, ceniamo e di nuovo per le vie di Vinales, piu’ piccola e forse meno ”cubana” di Avana, ma molto deliziosa; una cittadina di campagna ordinata e silenziosa.
L’indomani si riparte per Avana, ci sono ancora molte cose da vedere! Giunta nuovamente nella capitale noto che la temperatura si e’ un po’ abbassata; Alvaro e Hilda, i padroni della “casa particular” dove alloggiamo (simile come idea ai nostri bed and breakfast…) ci raccontano che era da molto tempo che non si toccavano tali temperature a Cuba. Ma i 15 gradi serali sono sicuramente piu’ piacevoli degli zero che ho lasciato a Genova quando sono partita. Visitiamo il museo de la revolucion… una vera delusione! E’ il piu’ classico dei monumenti al leader maximo, nessuna traccia dei valori che coinvolsero un intero popolo nella lotta per un sogno di liberta’. Mangiamo una pizzetta al volo in calle San Rafael, buonissime, costano 6 pesos, pari a 20 centesimi di euro. Ci incamminiamo per il centro storico, andiamo al museo dell’Havana club; un’ atmosfera molto carina all’ingresso, si odono le note di Chan Chan di Compay Segundo e si degusta dell’ottimo Havana 7, ma la visita all’interno del museo e’ veloce e non mi lascia granche’! Arriviamo in Plaza de la Catedral, un angolino stupendo dall’atmosfera mozzafiato… artisti di strada e ballerini si muovono sulla piazza, e la musica rende il tutto incredibilmente romantico! A due passi c e’ la famosa Boteguida del Medio, la taverna dove Hemingway trascorreva le sue giornate: musica, mojitos, e tanti tanti turisti… Intorno a me vedo sempre piu’ uomini occidentali in cerca di donne cubane a dir poco disponibili.
Ultimi giorni nell’isola grande… Ci spostiamo al sud, a Trinidad, cittadina coloniale bellissima, ora che scrivo di lei mi rendo conto che e’ proprio la’ che ho lasciato il cuore! I padroni della “casa particular” dove alloggio a Trinidad sono persone fantastiche, mi hanno trattato come una figlia, con dolcezza e amore, pur essendo io niente piu’ di una semplice estranea. Un giorno al mare, il giorno seguente in visita al centro della citta’. La sera andiamo alla cuevas, una discoteca all’interno di una grotta. La mattina seguente lasciamo Trinidad e non trattengo le lacrime: mi mancheranno gli occhi pieni d’amore che ho visto in questa magnifica terra, mi manchera’ la gente che mi sorride… Sempre, anche davanti ad una realta’ quotidiana non sempre facile e fortunata.
Ultimo giorno nella capitale, ultimo giro intorno al Parque Central dove il sabato gli artisti espongono le proprie opere lungo la strada. La dittatura imporrebbe loro di limitarsi all’esposizione, per non trarre guadagno alcuno dalla propria arte, in realta’ un po’ come accade da noi con gli spacciatori di droga, le vendite sono all’ordine del giorno, negli angoli un po’ meno in vista. Non si puo’ non rimanere colpiti dalla vitalita’ e dall’amore verso la vita di questa gente, gente costretta a non abbandonare la propria terra, divisa fra la passione e l’orgoglio per cio’ che ha saputo costruire cinquant’anni fa e la curiosita’ di conoscerti e capirti, per avere finalmente un’idea sempre piu’ chiara del mondo che li circonda. Un’idea che affascina non poco i cubani, perche’ fatta di capi firmati, occhiali alla moda, denaro… ma soprattutto mistero. Probabilmente tutto cio’ che ruota intorno a queste apparenze loro non riescono neanche ad immaginarlo, perche’ se un giorno ci riuscissero il caro occidente perderebbe non poco il suo fascino.
I problemi a Cuba esistono e si comprendono all’istante, ad occhio nudo, molti ingranaggi nella politica di Fidel Castro non hanno funzionato, ogni cubano oggi cerca secondi lavori, chiaramente illegali, per incrementare il sussidio mensile garantito dallo Stato. La gente sotto sotto e’ convinta che nel resto del mondo si viva meglio. Eppure a Cuba nessuno corre per andare al lavoro, il sorriso e’ all’ordine del giorno, come la cordialita’, la voglia di parlare, di ridere… Se solo qualcuno riuscisse a far loro capire quanto e’ raro tutto cio’ dalle nostre parti! Sentire persone che ti salutano se condividono con te l’ascensore o ti chiedono scusa quando ti calpestano i piedi… Insomma, quello che per loro e’ normalita’ per noi e’ chimera, e viceversa. Che strano il mondo…
Un taxi abusivo ci porta in aeroporto, addio Cuba… anzi, arrivederci!
Valentina Sciutti