Da piazza De Ferrari attraversando tutto il centro medievale si incontrano le antiche dimore delle nobili famiglie genovesi che, per volere delle autorità, furono costrette a ospitare gli illustri visitatori (papi, reali e politici) applicando dei rotoli di carta alle loro finestre...
I Rolli di Genova, un incontro imperdibile, un viaggio a ritroso nel tempo per immergersi negli antichi splendori di una città che, per la sua gloriosa storia, vanta a buon diritto l’appellativo di Superba, una riscoperta di quelle antiche dimore genovesi, sobrie all’esterno, ma che ammagliano per lo sfarzo che si può ammirare all’interno, seguendo con occhi abbagliati, i sapienti stucchi, gli affreschi magistrali, le preziose dorature, i capolavori d’arte e il luccichio dei marmi di Carrara.
Siamo lontani dalle povere case in legno che fino al 200 il Cintraco andava ad ispezionare nei giorni di quel “vento d’Aquilone” che tanto si temeva in caso di incendi, siamo tra i palazzi che sorsero sempre più alti, ricoperti di preziosa pietra nera di Liguria, l’ardesia, siamo tra le nobili abitazioni che si affacciano sul percorso delle Strade Nuove che si snodano da piazza De Ferrari, attraversando tutto il centro medievale, fino al Palazzo de Principe, Andrea Doria, valente Ammiraglio ed abile politico, unico Principe di Genova, di fatto se non di diritto.
Due secoli di continui rinnovamenti a partire dall’antica via Montalbano, da cui le “signorine” furono sfrattate per far posto ad una strada, larga 7 metri, via Aurea (odierna via Garibaldi), fatta con l’argento e l’oro proveniente dal nuovo mondo, allestita per ospitare le residenze di prestigio delle nobili famiglie genovesi che volevano allontanarsi dalle anguste case della Ripa Maris, troppo vicine ai moli e ai mercati.
Spianata la collina di Castelletto, tra il 1551 e il 1558, ed allontanato il postribolo, l’arteria si presentava con un unico ingresso da piazza Fontane Marose perché dall’altro lato, oggi piazza della Meridiana, era chiusa dai giardini di Palazzo Ducale. Gli edifici che individuiamo col nome altisonante dei loro antichi padroni, i Pallavicini, gli Spinola, i Grimaldi, i Lomellini , i Lercari, i Cattaneo-Adorno, i Brignole-Sale, ammaliano per gli immensi atrii, gli imponenti scaloni, le volte a crociera, i loggiati aggettanti su splendidi giardini che, per quelli a monte, giungevano fino a Castelletto, architetture talmente imponenti che indussero Pietro Paolo Rubens a disegnare i palazzi della via e di tutta la città perché diventassero un modello per i costruttori di Anversa (tavole pubblicate nel 1662).
Spicca tra gli altri il cosiddetto Palazzo delle Torrette, posizionato di fronte a Palazzo Tursi, che l’architetto Giacomo Viano volle più arretrato rispetto agli altri per dare maggior luce al “più nobile” dirimpettaio ma, soprattutto, per nascondergli la vista, poco decorosa, degli edifici del sestiere della Maddalena in cui si era spostato il meretricio.
Tra il 1602 e il 1613 (completato nel 1655), un secondo percorso viene delineato per diventare la strada residenziale di un’altra potentissima famiglia genovese, i Balbi, che realizzano La Grande Strada del Vastato. Ai lati sorgono palazzi “degni del congresso di un re” come li aveva definiti Madame de Stael e infatti si sono fregiati della presenza, persino, della regina Elisabetta di Inghilterra.
Logge, scalee, colonnati, saloni affrescati e tanto marmo che la Repubblica concedeva di utilizzare solo alle famiglie che avevano operato “qualche fatto egregio in utilità della Patria”, sono il denominatore comune di queste dimore che raggiungono il più alto grado di magnificenza nel Palazzo Reale, divenuto dal 1823, residenza ufficiale di casa Savoia. Il cortile con tre arcate che da accesso al giardino da cui si gode una magnifica vista sul porto, la sua loggia, i suoi saloni che accolgono più di 200 dipinti e mobili originali genovesi, piemontesi, francesi della metà del XVII secolo fino all’inizio del XX secolo, la superba Sala del trono, le volte affrescate, sembrano quasi scomparire davanti alla mirabile bellezza settecentesca della Galleria degli Specchi dove si ha la sensazione di perdersi in un mondo di luce.
La Strada Nuovissima (via Cairoli) fu completata alla fine del ‘700, dopo monumentali opere di sbancamento atte ad unire la via Aurea a via Balbi, lungo il cui tracciato si possono ammirare le antiche dimore di Gio Carlo Brignole, di Antoniotto Cattaneo, di Nicolò Lomellini e di Cristoforo Spinola.
Ma i palazzi dei Rolli non sono solo questi, se ne annoverano, infatti, 83 di cui 42, dal 13 luglio 2006, sono consacrati, dall’Unesco, come Patrimonio dell’Umanità. Potete trovarli scendendo nel cuore della città medievale lungo quell’antica valle di Luccoli che vide gli insediamenti dei Doria, dei De Mari, degli Spinola, rispettivamente a San Matteo, a Banchi e a San Luca. Nascosti in oscuri vicoli o in anguste piazzette incontriamo le dimore degli Imperiali, dei De Marini, dei Durazzo, di Domenico Grillo (sede della Fondazione De André), dei Della Rovere, dei Salvago, dei Saulli, dei Senarega, solo per citare alcuni tra i nomi non ancora menzionati, ognuno con la sua storia ma tutti insieme per raccontare le gesta gloriose di Genova.
Un incontro da non perdere, come dicevo, percorrendo un dedalo di viuzze, talora mai esplorate, alla ricerca di quelli che, come cita il biografo di Cola di Rienzo “erano maravigliosamente belli i palazzi di Genova, che specchiano le fronti di niveo marmo nel nostro mar glauco”, in compagnia di un curioso interrogativo: perché si dicono palazzi dei Rolli?
Nel 1500 non esistevano gli equivalenti dei nostri alberghi o la disponibilità di strutture pubbliche atte ad accogliere ospiti di riguardo. Si poneva, dunque, il problema di dove trovare un alloggio decoroso per i visitatori stranieri. Fedeli al loro spirito parsimonioso, i nobili ben si guardavano di aprire le loro dimore a questi illustri personaggi, per cui, le autorità si videro costrette ad imporre una forzosa accoglienza. Si censirono, dunque, 150 dimore nobiliari, classificandole in 3 distinte categorie in base alla raffinatezza degli arredi, all’ubicazione, al confort abitativo ed ad altri requisiti che sono ben specificati in 5 editti risalenti al 1576. Ad ognuna di esse, poi, fu assegnata una certa tipologia di ospiti, Papa, Cardinali, Principi, notabili o semplici turisti di rango. Gli edifici prescelti venivano contrassegnati da un “rollo” (rotolo di carta) che veniva inserito in un bussolotto da cui, in una specie di estrazione del Lotto, si “pescava” quello “fortunato”, il cui padrone, giocoforza, era obbligato a prendersi cura del forestiero.
Come si può desumere facilmente, soprattutto perché parliamo dei proverbiali avari genovesi, nessuno si dimostrava entusiasta di tale oneroso incarico, come testimoniano le numerose lamentele che giungevano al Doge, sia per l’esborso di vil denaro sia per i comportamenti, talora, esuberanti di quei, non voluti, coinquilini. La visita ai Rolli è un’occasione unica, dunque, per scoprire, come dice Edoardo Grendi, “una città bellissima ma che, per una ragione o per l’altra, non si scopre mai”.
Adriana Morando
foto di Daniele Orlandi