Fino al 9 gennaio è presente in piazza Matteotti l'installazione "Pausa 1797-2011" del giovane artista di Procida NeAL: leggi l'intervista
Ancora pochi giorni per vedere la terza e ultima installazione vincitrice del bando Basamenti: l’opera Pausa 1797-2011 sarà allestita presso l’entrata di Palazzo Ducale (lato piazza Matteotti) fino a lunedì 9 gennaio 2012.
Di seguito l’intervista a NeAL (Neal Peruffo), giovane artista di Procida e autore dell’installazione.
1) Pausa 1797 – 2011: come è nata l’idea per questa installazione?
Da molto tempo volevo realizzare questa installazione, ma non sono mai riuscito a trovare il contesto adeguato nel quale collocarla.
Generalmente uso gli elementi che compongono “Pausa 1979-2011” (parallelepipedi di plexiglas opalino illuminati all’interno) come dispositivi percettivi e d’interazione: ostacoli che impediscono la percezione d’informazioni sensoriali, così come le distrazioni sono ostacoli che impediscono di immagazzinare informazioni nella memoria (ciclo “Distrazioni e Pause”). Affiancando due parallelepipedi, questi assumono un ruolo simbolico, in quanto riprendono visivamente il ben noto segno dalla pausa, presente su numerosi congegni elettronici.
Quando ho letto il bando di “Basamenti” mi sono reso conto che era il contesto perfetto per far dialogare l’opera “Pausa” con l’ambiente, poiché rimanda al periodo di inutilizzo, di pausa appunto, dal 1797 al 2011, delle basi che ospitavano le statue di Andrea e Gio-Andrea Doria e che furono abbattute dal popolo.
Ho scelto di mettere le due “pause” in posizioni differenti per permettere la visione corretta di almeno una delle due in qualunque visuale. Per giocare sul senso di pausa e, indirettamente, anche del tempo, ho scelto un tipo d’illuminazione che cambia ogni quarto d’ora, ispirandomi agli orologi delle chiese.
Per me realizzare questa installazione è stato un sogno che si è avverato: è la prima volta che riesco a rendere concreta una delle mie installazioni ambientali, che fino a “Basamenti” sono state realizzate solo virtualmente; alcune di queste opere virtuali partecipano all’opera-azione “A onE project”, di cui sono anche l’autore.
2) Da non genovese, cosa hai percepito del modo in cui la nostra città vive l’arte?
Purtroppo non ho avuto molto tempo per visitare la città, sono stato impegnato tutto il tempo a lavorare all’installazione e non mi sono allontanato troppo da Palazzo Ducale. Non sono riuscito neanche a fare il mio consueto giro per gallerie d’arte contemporanea.
Devo dire, però, che stando a contatto con i responsabili di Sala Dogana ho percepito un forte entusiasmo, voglia di fare e di promuovere l’arte contemporanea, non ancora pienamente apprezzata dai cittadini.
3) Ci racconti qualcosa del tuo progetto web Art on earth?
“A onE project” è un opera-azione web multipiattaforma che sfrutta le enormi possibilità offerte da Google Earth: qui gli artisti hanno la possibilità di collocare nel “paesaggio” le proprie installazioni ambientali in realtà inesistenti.
L’intento di “A onE project” è di mantenere la fruizione di queste opere nell’ambito cui appartengono, quello virtuale appunto. Le immagini degli interventi potenziali di land art, che possono essere fotomontaggi o modelli 3D (SketchUp), sono caricate su Google Earth e posizionate nei luoghi per cui sono state pensate.
Il titolo delle immagini, presenti sul globo virtuale, riporta il nome dell’operazione artistica, (A onE project), il sito di riferimento (www.aoneproject.com), il nome dell’artista e il titolo dell’opera raffigurata. Il sito, sul quale non sono presenti immagini, permetterà di recuperare informazioni riguardanti le opere inserite in Google Earth.
Ciò che ritengo più interessante è la possibilità di “pescare” i propri fruitori dagli abituali utenti del programma, che vi si possono imbattere casualmente e decidere di iniziare quest’avventura artistica sparsa per il mondo.
4) Pensi sia possibile trasformare il talento e la passione per l’arte in una professione?
Assolutamente sì! Sono fortemente convinto di questo ma sono anche convinto che i percorsi convenzionali siano saturi. Bisogna essere creativi anche nel crearsi un lavoro.
Certo, tutti vorremmo fare gli artisti, i curatori, i galleristi o i giornalisti ma molto spesso non è possibile, bisogna considerare anche altre strade. Io per esempio mi occupo anche di laboratori didattici per bambini, mentre una mia amica curatrice (Diana Gianquitto) si occupa di corsi d’avvicinamento all’arte contemporanea per i non addetti ai lavori. Questi sono solo alcuni esempi
di come si possa inventare un lavoro con la propria passione per l’arte.
5) A Genova l’Accademia di Belle Arti si trova in una situazione difficile, con il rischio addirittura di chiudere. Tu che sei diplomato in un istituto analogo, pensi sia importante per un artista avere una formazione accademica, o che ci si possa anche formare da autodidatti? Quali consigli ti senti di dare a chi vuole tentare questa strada?
Non credo si possa diventare artisti, dei bravi artisti, se non ci si ciba d’arte. Un buon artista può essere tranquillamente autodidatta, ma al tempo stesso necessita di un ambiente adeguato: pieno di fermento, di scambi, confronti, contaminazioni, dove si sperimenta e si viene a contatto con personalità interessanti.
L‘Accademia offre questo tipo d’ambiente che credo sia importante quanto, se non di più, delle nozioni tecniche o teoriche che lì vi si insegnano. Il problema delle Accademie è che spesso si fossilizzano e si chiudono in loro stesse, da queste escono artisti che non sono in grado di dialogare con il mondo che li circonda. Le Accademie devono fare rete con le altre istituzioni e le altre realtà del settore, mantenere una loro identità storica ma anche proiettarsi nel futuro, con corsi sperimentali come “nuove tecnologie
dell’arte” e così via.
Marta Traverso