«La motivazione è sempre quella di lasciare traccia documentale di un luogo che non sarà mai più». Il lavoro della fotografa genovese Federica De Angeli sugli spazi della Caserma Gavoglio è in mostra a Palazzo Ducale e rientra in un percorso più ampio fra i tanti luoghi urbani della nostra città in stato di abbandono e in attesa di riqualificazione
Fino al 4 aprile è possibile visitare, presso lo Spazio 46 Rosso di Palazzo Ducale, la mostra fotografica di Federica De Angeli sulla caserma Gavoglio al Lagaccio. L’esposizione fornisce un’eccellente panoramica su quest’enorme area urbana le cui sorti hanno sempre suscitato particolare interesse e preoccupazione nei residenti (qui l’ approfondimento di Era Superba).
Le associazioni di quartiere, che si sono prestate attivamente alla creazione del comitato “Voglio la Gavoglio” per il recupero della zona e per la sua restituzione alla collettività, hanno finalmente visto un punto di svolta il 20 marzo con la cessione a titolo gratuito, da parte del Demanio al Comune, di un primo lotto degli oltre 60.000 metri quadrati dell’area (qui maggiori informazioni), precisamente della parte più antica, tra l’altro sottoposta a vincolo dalla Soprintendenza in quanto bene culturale.
A latere si è tenuta, sempre a Palazzo Ducale, una conferenza sul tema, dal momento che l’area – se riconvertita e recuperata – potrebbe essere la chiave di volta per la riqualificazione di un quartiere penalizzato da decenni di edilizia selvaggia, da una viabilità pessima e dalla mancanza di servizi essenziali.
La Gavoglio è solo un tassello del grande mosaico genovese di luoghi abbandonati da restituire alla comunità: il lavoro fotografico documentario di Federica De Angeli sta progressivamente mettendo insieme le numerose tessere di questo mosaico (la scorsa tappa è stata la mostra fotografica su Valletta Carbonara presso l’Albergo dei Poveri, ndr). Le tappe «sono state tante in questi anni: il mercato di Corso Sardegna, il Parco dell’Acquasola, Ponte Parodi, Calata Gadda, gli Erzelli, ma uno dei più importanti è il progetto che si è concluso dopo tre anni di lavoro sulla bonifica dell’area di Cornigliano dal titolo Ilva Cornigliano 2006-2008 con una mostra a Palazzo Rosso nel marzo 2012 e un catalogo a testimonianza. Il lavoro l’ho condiviso con Ivo Saglietti, grande maestro dell’immagine» racconta Federica.
A volte il lavoro viene portato avanti a quattro mani dunque, altre volte sono stati messi insieme gruppi di lavoro più numerosi che hanno fornito diversi punti di vista, questa volta invece la fotografa ha lavorato da sola: una macchina fotografica e 60.000 metri quadri da percorrere in lungo e in largo alla ricerca dell’inquadratura giusta. «Sono curiosa, da tanto tempo pensavo a quell’area semiabbandonata, inaccessibile e proibita alla gran parte della popolazione. Per anni ho cercato di avere i permessi per fotografare, finalmente l’anno scorso qualcosa si è mosso e ho ottenuto l’autorizzazione. La motivazione è sempre quella di lasciare traccia documentale di un luogo che non sarà mai più».
Per questo tipo di lavori la fotografa parte sempre «da un progetto personale, dall’individuazione di aree che possano essere di interesse pubblico e faccio una ricerca. Nessuna commissione da parte di enti, di associazioni e comitati. Devo essere libera di testimoniare con il mio punto di vista. Il taglio è rigoroso, lavoro con il cavalletto, in pellicola BN proprio per evidenziare il lavoro documentaristico. Chiaro che racconto come vedo, non faccio cronaca ma racconto attraverso il mio punto di vista».
L’intenzione di dare un taglio prettamente documentaristico non impedisce comunque a molte di queste immagini di essere anche evocative e poetiche, come per esempio l’istantanea di una stanza abbandonata con tanto di scrivania vuota, telefono impolverato e sedia. A tal proposito impressiona particolarmente l’aspetto di “interruzione” che emerge da questi luoghi abbandonati: nonostante i locali siano per lo più vuoti, alcune stanze è come se fossero state lasciate all’improvviso – invece che per un processo di dismissione – e le loro soglie mai più varcate: «Sì, è vero, ho avuto la sensazione di una fuga più che un abbandono. Infatti speravo ingenuamente di trovare all’interno della caserma tracce “militari”, invece non ho trovato nulla che mi riportasse alla vita di caserma, di officina militare. Tutto ripulito meticolosamente, tranne qualche rara traccia negli alloggi degli ufficiali o come lo chiamo io: “il monumento al proiettile” che spicca appena varcato il primo cancello, a memoria, a perenne ricordo».
Per eseguire il lavoro Federica ha percorso meticolosamente corpi di fabbrica, cortili, giardini e viali: «Nelle immagini della mostra sono ripresi tutti i luoghi “fotografabili”, ho dovuto lasciare fuori gli edifici dove ancora risiedono la Marina Militare e il deposito della Guardia di Finanza, inaccessibili per divieto militare e un deposito della Croce Rossa Italiana. Alcuni di questi edifici sono ristrutturati (quelli occupati), altri in stato di abbandono e degrado».
Formato 6×6 e bianco e nero conferiscono all’insieme omogeneità e rigore, a tutto vantaggio della funzione documentale. La fotografa ci spiega il suo modus operandi: «Lavoro anche in digitale ma prediligo la pellicola soprattutto per i lavori di documentazione, è una sorta di valenza in più. Lavoro con l’Hasselblad e il banco ottico (in questo caso con Hasselblad), mi “gusto” l’inquadratura con molta cura, la foto che viene stampata la ri-conosco da subito. In pratica la scelta delle immagini è a monte, in fase di ripresa e non in fase di stampa o di lettura del provino. Le fotografie di questa mostra sono stampate a mano ai sali d’argento su carta baritata, mi sono avvalsa della preziosa professionalità del laboratorio De Stefanis di Milano».
La mostra permette a tutti perciò di conoscere per immagini una realtà cittadina preziosa e ricca di possibilità per la comunità. Finanziata dall’Ordine degli Architetti di Genova, rimarrà presso la loro sede una volta terminato l’allestimento a Palazzo Ducale ma – aggiunge Federica – potrebbe essere esposta in occasione di altri eventi.
Claudia Baghino