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Fuori Formato apre le danze, tra luci, suggestioni e tanto pubblico. Il racconto della prima serata

In una cornice composta da una scenografia urbana unica e tanto pubblico, la kermesse ha il suo inizio. Una prima serata ricca di suggestioni visive ed emotive, che dimostra come la città sia "affamata" di eventi di questa dimensione


29 Giugno 2016Notizie > Fuori Formato
Tra_passato_remoto

Tra_passato_remoto

Il pubblico numeroso che vediamo salire da piazza della Meridiana verso il cancello d’ingresso che porta al giardino di Palazzo Bianco, con carrozzine e bimbi in braccio, oltre agli spettatori affezionati della danza urbana, ci conferma un desiderio sempre più allargato di serate come questa. Fuori Formato è stato pensato anche per questo.

Gli alberi, la ghiaia, sedersi a terra per vedere, spostarsi per vedere meglio. Il cielo è ancora chiaro, sono le nove di sera e il palco su cui troviamo Rocco Colonnetta, Serena Loprevite e Alice Montagna si affaccia sui muri del Palazzo di Giustizia. Un grigiore di finestre che, come sempre accade quando la danza avviene in luoghi pubblici, diventa una scenografia che dialoga con il lavoro degli artisti.

A confrontarsi in Tra_Passato_Remoto, il pezzo proposto da Koinè Genova, sono in tre personaggi, e si sa che, quando si è in tre, la relazione a due può essere sempre osservata dall’altro. Crea competizione, muove una difesa e talvolta conduce alla resa. Un palco che sembra un ring per i tre danzatori, una rincorsa che ogni tanto trova un ostacolo, un gioco di gelosie per le due donne a contendersi un uomo, un guardare in alto e cercare una direzione, che poi coincide con un gabbiano che per caso è appena volato sopra la scena, non previsto. I performer ricercano equilibri impossibili, come cita il testo che Colonetta scandisce, con dita piene di possibilità, per pensieri del mattino o pensieri virgolettati. A guardarli viene in mente un tetto di NYC, un rooftop immerso nell’urbanità, nell’atmosfera dejeuner sur l’herbe del pubblico che, pian piano, inizia ad allungare le gambe e a mettersi a proprio agio.




Solo pochissimi minuti di intervallo tra gli applausi per Koinè Genova ed ecco l’ingresso di Roberto Orlacchio nel suo Un canto costante. Un uomo con la testa di un volatile, una mente pappagallo, in costante conflitto tra mente e corpo. Una testa pesante quella di Orlacchio, che danza per la maggioranza del suo pezzo senza mai levarsi la maschera, per cercare un’intimità che permette al pubblico di concentrarsi sul solo corpo e sui suoi volteggi nel tentativo frustrato di indossare una giacca. Passa da varie esperienze il corpo di Orlacchio, in una tecnica impeccabile che sottende un dialogo con se stesso, come se dentro quella testa di volatile ci fosse uno schermo che passa in rassegna il bilancio di una vita, i desideri, i rimpianti e i sensi di colpa per ciò che si poteva fare e non è stato fatto. Poi la resa, e la maschera cade, diventando persona.

Per vedere l’ultimo pezzo della serata, Soggezione di Sara Due Torri e Guendalina Di Marco, con la stessa Di Marco in scena assieme a Alessandra Caviglia, il pubblico si sposta idealmente in un’altra stanza: mentre per alcuni minuti la scena è vuota, da lontano arrivano due donne che presto scompariranno di nuovo. Ci hanno aperto le porte di casa loro, una casa al femminile, con tutti i moniti e i vezzi del pettegolezzo, delle dicerie, dei luoghi comuni, di un’ilarità mal celata e di un pudore che, nascosto dietro a un vestito, mostra il nudo della pelle. Continuano le voci scandite da una sveglia che richiama continuamente all’ordine, tanto che alla conclusione la durata della performance sembra sfuggire a un conteggio esatto: quarantacinque minuti come ci informava la Di Marco? Quindici minuti come da programma? Forse venti? Il tempo è dissolto e, intanto, la prima serata è conclusa.

Erano in 6 stasera in scena ma il pubblico non si contava e noi tutti, Rete Danzacontempoligure, Teatro Akropolis e Augenblick, eravamo soddisfatti. Fuori Formato è appena incominciato.

Marina Giardina


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