Entro 30 giorni il Comune potrebbe sancire il definitivo passaggio delle quote di maggioranza di Amiu ad Iren. Ma Doria smentisce che sia già stato deciso tutto a tavolino. Antonio Bruno: “Rischio turbativa d’asta”
«Il nostro obiettivo è avere entro la fine di luglio a nostra disposizione un’offerta vincolante» per la definizione del partner industriale di Amiu. Lo ha detto ieri mattina in Commissione comunale il direttore generale dell’azienda interamente partecipata dal Comune di Genova per la gestione del ciclo dei rifiuti, Franco Giampaoletti. Il primo passo di questo percorso sarà la pubblicazione «nel più breve tempo possibile» di un bando per la manifestazione di interesse all’ingresso di un nuovo partner «all’interno di un perimetro pubblico, con la definizione delle condizioni affinché l’offerta possa essere accettabile e con la totale sicurezza del Comune di mantenere la capacità di gestione della società in futuro». Nel caso arrivasse più di una manifestazione di interesse, dovrà iniziare un percorso di valutazione per scegliere il soggetto migliore; se, invece, l’offerta fosse solo una e fosse ritenuta coerente, si passerebbe direttamente alla negoziazione di dettaglio tra le parti per concludere l’accordo.
Una risposta, certamente e celermente, arriverà da Iren con cui Giampaoletti non nasconde essere già iniziato un percorso di confronto «finalizzato all’analisi di elementi di sinergia nei rispettivi piani industriali». Tanto che il prossimo 4 luglio è previsto un incontro tra azienda e sindacati. Tra un mese, dunque, si dovrebbe finalmente celebrare il tanto chiacchierato matrimonio tra Iren e Amiu. D’altronde, anche l’assessore all’Ambiente, Italo Porcile, qualche settimana fa aveva risposto per iscritto a un’interrogazione di Antonio Bruno, capogruppo di Federazione della Sinistra, confermando che “il Comune di Genova ha dato mandato ad Amiu di avviare un dialogo con Iren su base tecnica finalizzato alla verifica di elementi di potenziale sinergia fra i rispettivi piani industriali. Conseguentemente Amiu ha attivato un tavolo tecnico con Iren nel quale sono tuttora in corso discussioni finalizzate ad un esame dei reciproci programmi di sviluppo”.
Eppure, il sindaco Marco Doria prova, non senza imbarazzi piuttosto evidenti e con risultati poco convincenti, a smentire che tutto sia, di fatto, già scritto. «Dell’interesse di Iren sappiamo soprattutto dai giornali – sostiene il primo cittadino – ma noi dovremo andare a vedere chi risponderà alla manifestazione di interesse e procedere con una comparazione pubblica e trasparente: non c’è già un soggetto designato». Un percorso che per il sindaco deve essere compiuto rapidamente «per evitare situazioni disastrose per tutti come quella di Livorno in cui un’azienda totalmente comunale è in procedura pre-fallimentare». Doria sottolinea ancora una volta che il Comune «non può avere preferenze che influenzino la procedura in cui siamo chiamati a scegliere un soggetto qualificato, non il primo che capita, perché in questo settore le presenze inquietanti sono numerose». I soggetti interessati «dovranno dare piena attuazione al piano industriale che l’azienda ha elaborato, per dare all’azienda stessa e alla città impianti che oggi Amiu non ha e non è in condizioni di farsi da sola».
Duro l’attacco proprio di Antonio Bruno che, un tempo, faceva parte di quella maggioranza che aveva portato all’elezione di Doria: «Rimane il forte sospetto di una possibile turbativa d’asta», tuona il capogruppo di Federazione della Sinistra.
Il sindaco fissa poi i paletti di questa aggregazione pubblico-privato, affermando che «l’azienda dovrà continuare a chiamarsi Amiu, dovrà continuare a essere genovese, con il comune azionista e in grado di dire la propria sulle scelte essenziali della vita dell’impresa».
Già, ma con quale percentuale il Comune di Genova resterà dentro Amiu? Il sindaco non si sbilancia, anche se dalle sue parole risulta ormai evidente che il nuovo socio privato rileverà la maggioranza dell’azienda, con buona pace di chi vorrebbe mantenere il controllo di pubblico di quella che attualmente è un’azienda di proprietà al 100% di Palazzo Tursi.
Doria sostiene che la percentuale di ingresso di un partner privato in Amiu non possa essere predeterminata a tavolino e la nuova suddivisione delle quote tra pubblico e privato dipenderà dal valore di Amiu, in base all’eventuale prolungamento del contratto di servizio attualmente in scadenza nel 2020 e da quanto il soggetto privato, la cui manifestazione di interesse sarà ritenuta più convincente, sarà disposto a investire economicamente e in nuovi impianti per realizzare il piano industriale dell’azienda. Sarà «la combinazione di questi due fattori – ribadisce il primo cittadino – a dare il valore delle quote di chi entrerà e di quelle che resteranno al Comune. Ma, indipendentemente dalle quote, il Comune azionista dovrà rimanere in grado di dire la propria sulle scelte essenziali e strategiche della vita dell’azienda».
Anche in questo caso la teoria del sindaco non appare del tutto convincente. Com’è possibile che sia il privato a decidere quanto capitale rilevare della società pubblica in base alle disponibilità di investimento? In base a questo criterio, iperbolicamente, Amiu potrebbe allora teoricamente anche essere venduta al 100%.
Più sicuro, invece, il sindaco sulla tutela dei lavoratori in questo processo di aggregazione. «Non ci dovranno essere licenziamenti e dovrà essere garantita la piena occupazione» sottolinea Doria. Il tutto sarà suggellato da uno statuto che detterà le regole interne e assicurerà il mantenimento della “genovesità” dell’azienda.