Una delle piazze più centrali di Genova, caratterizzata da un nome particolare ricco di fascino e mistero: che cosa significa Fontane Marose?
Tra la ragnatela di “caruggi” che disegnano il centro storico di Genova cerchiamo di ripercorrere i tempi in cui le signorine di strada, le Amorose, scesero in campo, incredibile dictu, per condizionare la storia di un toponimo. Andiamo indietro nel tempo e fermiamoci in quel luogo oggi noto come piazza Fontane Marose, antico centro cittadino dominato dai palazzi della famiglia Spinola costruiti tra il ‘400 e il ‘500 e dichiarati patrimonio dell’umanità.
Palazzo Spinola dei Marmi e il suo convicino Palazzo Spinola Luccoli-Balestrino, aggettano su un piazza priva da tempo (come ricordano tre lapidi su un lato di viale Interiano verso piazza Portello) del suo monumento più caratteristico: un’imponente fontana a tre arcate.
Nella “valle Bacheria”, oggi via Caffaro, sgorgavano delle sorgenti tumultuose che, confluendo in un rio, raggiungevano il mare attraverso la zona di Soziglia; nel 1206 iniziarono i lavori di ristrutturazione che portarono alla costruzione della fontana. Si giustifica, così, la prima parte del nome, ma da dove scaturisce l’aggettivo “marose”?
La fantasia ha spiegato le sue ali più capaci per cercare di risolvere il misterioso arcano. Uno studioso genovese, Giulio Miscosi, attribuisce l’origine del nome a “maros” località famosa per un furto al tempio di Nettuno. Per trasposizione sarebbe derivato l’aggettivo “maroso” ad indicare monumenti, quali le fontane, attinenti le acque. Ma il termine si potrebbe, semplicemente, riferire al mare che, a quei tempi, stante un’urbanistica diversa, si poteva osservare facilmente dalla piazza. Quest’ultimo accostamento sembra un po’ forzoso anche se, la turbolenza delle acque sorgive, potrebbe avere evocato l’agitarsi di un mare in burrasca, con l’ovvia conseguenza.
Un aneddoto popolare e di folklore è quello riportato da un altro dotto, Giuseppe Marcenaro: le figlie di tal “stea mou rousu” (Stefano il rissoso), affittavolo dei marchesi Spinola, continuando il lavoro del padre, aprirono un’osteria nei pressi della piazza portandosi dietro un nome tanto ingombrante che, a poco a poco, si trasformò in “de moe rouse”, poi in Mauruse ed infine in Maruse.
Che dire, poi, del cavaliere teutonico Van Rosen, giunto a Genova per andare in Terra Santa e, invece, trasformatosi in un mastro birraio di via Luccoli? Estrapolare dal suo nome “Marose” sembra un gioco da ragazzi.
Tra le molte citazioni e leggende popolari, senza alcuna certezza storica, ci piace, però, avvalorarne una su tutte: quella che il nome originario fosse “Fontane Amorose”, intendendo che qui, durante il giorno, si riunissero delle fanciulle spensierate e tra ciarle e risate sciacquassero i loro panni; le stesse fanciulle che, alla sera, ritornavano nello stesso luogo per mercificare il loro amore.
Con l’avvento del perbenismo, un tale ricordo offendeva il pudore dei benpensanti che trasformarono il nome, prima in Morose e definitamente in Marose. E col nome se ne è andata anche la fontana, che fu demolita a metà dell’800, proprio per permettere l’apertura di Viale Interiano, la cui vasca è tutt’ora interrata sotto al livello del suolo e sulla quale vegliano i monumentali palazzi Spinola, rimasti unici testimoni di quei tempi.
Adriana Morando
Video di Daniele Orlandi