Proseguono gli espropri nelle zone interessate dai cantieri del Terzo Valico. Negli ultimi giorni ha fatto discutere il caso del signor Calvini a Trasta, ripreso anche ieri in Consiglio comunale dal Movimento 5 Stelle. Dura la replica del vicesindaco Bernini
Non è stato il primo e non sarà nemmeno l’ultimo. L’esproprio dei terreni del signor Vittorio Calvini per far spazio ai lavori del Terzo Valico in via Ceresole, a Trasta, ha occupato le pagine dei quotidiani locali la scorsa settimana ma è tornato a far parlare di sé ieri pomeriggio in Consiglio comunale, attraverso un articolo 54 del Movimento 5 Stelle che mirava a fare chiarezza sulle modalità con cui il Cociv si è introdotto con i propri mezzi su quello che fino alla sera prima era un terreno coltivato.
«Ci sono quantomeno dei dubbi sulle modalità e la tempistica della consegna dell’atto espropriativo» ha detto il capogruppo grillino in Sala Rossa, Paolo Putti. «Non è possibile che l’esproprio avvenga il giorno successivo al recepimento della notifica, facendo sbaraccare i contadini senza neppure avvertirli. Immaginatevi un uomo di 70/75 anni con la moglie che si vede arrivare ruspe e quant’altro in un terreno in cui il giorno prima era lì a zappare. Sapete che cosa ha detto? “Potevate almeno lasciarmi raccogliere le fave”. Questa è la distanza che c’è tra la vita degli uomini e quella di chi sta nelle posizioni di comando e se ne frega».
Dura la replica del vicesindaco Bernini che ha ricordato come dopo una prima fase non proprio ortodossa degli espropri, l’amministrazione comunale abbia avviato un percorso fruttuoso tra gli interferiti e il Cociv offrendo compensi per gli espropri di molto superiori al valore di mercato dei terreni. «Il Cociv– sostiene il vicensindaco – pagherebbe anche un indennizzo all’affittuario, come nel caso del signor Calvini e dell’usufruttuario del suo terreno, se il rapporto fosse dimostrato almeno da un comodato gratuito. Ma il signor Calvini – prosegue Bernini – ci ha scritto che non aveva nessuna intenzione di essere aiutato nel rapporto con Cociv e che avremmo dovuto cambiare mestiere perché il Terzo Valico è un’opera inutile. Invece, avrebbe forse avuto il tempo utile per avvisare l’affittuario di non piantare le fave»
«La colpa è del Cociv è che non mi ha dato i dieci giorni di tempo prima dell’esproprio come previsto dalla legge» risponde indirettamente il proprietario del terreno. «Certo forse il giorno stesso avrei potuto avvertire il contadino ma per me, in quel momento, l’esproprio era un’operazione illegittima. Quello del Cociv è stato un atteggiamento molto arrogante: se uno si oppone non deve per forza essere trattato male».
«La parte terribile di questa storia – prosegue il signor Calvini – è che loro si fanno forti di poter comprare la disperazione della gente sfruttando le enormi disponibilità economiche che queste grandi opere hanno dietro. Ma in realtà non esiste una cifra che potete darmi per ripagarmi di quello che vado a perdere».
Il signor Calvini sembra avere ragione anche dal punto di vista legale, come ci spiega l’avvocato Alessandro Gorla che, seppur penalista, è diventato un punto di riferimento imprescindibile per il movimento no Tav, grazie a quella che lui stesso definisce “vicinanza politica e affettiva e anche perché se no non se ne sarebbe occupato nessuno”: «Formalmente – spiega l’avvocato – l’avviso è stato inviato da Cociv a febbraio, quindi nei termini corretti. Il problema riguarda però la notifica che è avvenuta il giorno prima della presa in possesso quando di legge dovrebbe esserci una settimana di tempo. L’altra mattina avevamo una rivendicazione giusta e legale. Tra l’altro il giorno prima avevamo diffidato il Cociv via fax dicendo che non c’erano i termini legali per l’esproprio ma non siamo stati ascoltati. Quando mi sono rivolto alle forze dell’ordine chiedendo spiegazioni, mi sarei aspettato che dicessero : “ok, impacchettiamo tutto e andiamo a casa”. Invece, hanno risposto che non avevano competenza per decidere e che se mai avremmo potuto fare ricorso. Piccolo particolare: il ricorso costa solo che di bolli 2 mila euro. Avrebbero potuto sospendere in attesa di chiarimenti. Per carità uno il ricorso lo fa anche ma il terreno ormai è stato dissodato».
Nei giorni scorsi lo stesso Calvini ci racconta di aver scritto una mail alle caselle istituzionali di sindaco e vicesindaco ma di non aver ricevuto ancora nessuna risposta: «Nel messaggio – spiega il proprietario del terreno espropriato – chiedevo al vicesindaco una spiegazione concreta sul perché si debba realizzare un’opera che consenta di potare su un treno dei camion che a loro volta trasportano container. Non voglio una risposta generica tipo “l’ha deciso l’Europa” o “quando ci sarà l’opera senz’altro servirà”. Voglio una valutazione costi benefici. Al sindaco, poi, ricordavo come lo stesso don Gallo – che ha sostenuto la sua candidatura – avesse esplicitamente richiesto la presenza della No Tav sulla sua bara».
Alla valutazione costi benefici fa riferimento anche il capogruppo del Movimento 5 stelle in Consiglio comunale, Paolo Putti: «È chiaro che più vanno avanti i giochi più è difficile che accada qualcosa di clamoroso, anche se siamo in Italia e abbiamo visto che tanti lavori partono giusto per far avviare i cantieri. Il problema è che nel frattempo il contesto è completamente mutato, con lo stesso Moretti (a.d. di Trenitalia, n.d.r.) che ha più volte ribadito come quest’opera non sia rilevante e che ci si renderà conto solo dopo di quanto in realtà non serva. Una situazione, peraltro, che si sta verificando a Genova su tutte le grandi opere che si vogliono “fare tanto per fare”. Ma questo “fare” non porta neppure lavoro in città, salvo qualche pasto in trattoria nelle zone di cantiere».
È vero che probabilmente lo stesso Calvini, pur non avendo aderito alla trattativa privata con il Cociv attraverso la mediazione del Comune, riceverà l’indennizzo base previsto per la realizzazione dell’infrastruttura, ma la sua è più che altro un’opposizione all’opera in sé. «Io non sono di per sé contrario agli espropri per opere pubbliche che sono una cosa legale e sacrosanta. Ma sacrosanta è anche l’opposizione a scelte politiche sbagliate. Se mi viene dimostrato che l’opera è indispensabili allora non dovrebbe neanche esserci bisogno della mediazione del Comune per avere più soldi, a meno che non si presupponga che quelli del Cociv vogliano fregare la gente. Io rivendico il diritto di oppormi a una scelta politica sbagliata».
C’è un altro elemento che nelle ultime ore va ad intricare la situazione di questo terreno espropriato e conteso. Secondo alcune testimonianze provenienti direttamente da Trasta, ma non confermate dal Cociv che nella serata di ieri si è negato al telefono, i cantieri sarebbero stati bloccati per il ritrovamento di un tubo dell’Iplom. «Il progettista della Cociv lo sapeva benissimo» sostiene Calvini. «Tra l’altro ce n’è pure un altro dell’Eni».
«Non mi è ancora giunta questa notizia – diceva ieri pomeriggio in aula il vicesindaco Bernini – ma posso dire che la presenza di oleodotti o gasdotti nel sottosuolo deve essere appositamente segnalata da paletti. Se ciò non è avvenuto, la responsabilità è del proprietario della tubatura».
Fin qui il problema degli espropriati. Ma c’è anche chi, durante i lavori e ad opera realizzata, resterà a vivere in queste zone interferite dal Terzo Valico. «Di fatto – spiega il proprietario dei terreni di Trasta – chi cede la proprietà esce da questa situazione. Alcuni vicini sono stati anche ben contenti di dare il terreno perché hanno case senza accesso diretto alla strada e hanno ottenuto in cambio la promessa di poter sfruttare in futuro quella costruita per il cantiere. Vedremo, per ora restano solo promesse».
«D’altronde – chiosa l’avvocato Gorla – questi hanno pagato fantastiliardi per case diroccate solo per non avere problemi di opposizione e quant’altro». Ma c’è chi, come il signor Calvini, non è disposto ad ammainare la propria bandiera, seppure qualche euro in più farebbe molto comodo.
Simone D’Ambrosio