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Cronaca di un pomeriggio “nero”

Ci siamo presi qualche ora per riflettere sulla restituzione di questa esperienza, perchè riteniamo sia necessario documentare anche il "nero". Il racconto del convegno nazionalista organizzato da Forza Nuova


13 febbraio 2017Editoriali > Notizie > tema caldo

IMG_8617Sono quasi le 18 quando esco a rivedere le stelle. Sono frastornato, parlo con i colleghi, si scherza e fa freddo: la giornata “più calda” dell’anno è scivolata via senza intoppi e drammi. Nella testa, però, si fa strada un disagio, un dubbio, un’incertezza: quello che ho appena visto è derubricabile come una commedia triste oppure deve essere considerata una deriva della realtà da non sottovalutare? Ho bisogno di staccare e far decantare il cervello. 
Prima di scrivere, quindi, mi sono preso qualche ora per riflettere: riflettere e mettere in ordine le idee e le priorità. Questo perché ho dovuto affrontare una “criticità” che non avevo considerato, quando, nel raggiungere Sturla, ho preso la decisione di seguire l’altra piazza, quella “nera”.

Come gestire la restituzione di questa esperienza? Negargli spazio e tempo, o provare a raccontare una realtà con il rischio inevitabile di accrescerne la visibilità? Dovere di cronaca, curiosità e necessità di capire sono le suggestioni che abbozza la mia coscienza, mentre mi accodo all’ingresso della sede di Forza Nuova, in attesa che facciano entrare i giornalisti per assistere al convegno internazionale “Per l’Europa delle Patrie”. Nelle ore precedenti, con un occhio a piazza Sturla, dove si stava svolgendo la contromanifestazione, e uno in via Orlando, sede locale di Forza Nuova e del convegno, ho osservato la spicciolata di persone che ha raggiunto il posto, in attesa dei leader; una cinquantina, mal contati, tra genovesi, qualche torinese e una manciata di francesi e rumeni. Il servizio d’ordine è composto da una decina di ragazzi, giovani ed emozionati, un po’ a disagio nell’interfacciarsi con giornalisti e telecamere. Altri, evidentemente più navigati, sembrano essere in confidenza con lo schieramento di forze dell’ordine che osserva la scena. Quando arriva Roberto Fiore, scatta il parapiglia: l’assalto di giornalisti e fotografi è contenuto da un cordone di militanti; nella confusione, un paio di carabinieri danno una mano, subito richiamati dai superiori: «Levatevi da lì, c’è la loro sicurezza». Con Fiore arrivano anche Nick Griffin, ex presidente del Partito Nazionale Britannico, e Udo Voigt, segretario del Partito Nazional Democratico di Germania, attualmente europarlamentare. Entrano nella sede e, poco dopo, anche i giornalisti.

Una volta nel portone, scendiamo di un piano, per entrare in un appartamento, il cui ingresso è stracolmo di persone. Siamo una quindicina tra giornalisti, fotografi e cameraman, mentre una trentina sono i militanti che riescono a prendere posto; per tutti gli altri è stato attrezzato il giardino, con casse acustiche e ristoro. Una parete ospita, in caratteri cubitali, una frase di Mussolini pronunciata nel 1938 a De Ferrari, in cui sprona Genova a “compiere un poderoso balzo verso il suo più grande futuro“. Un discorso che i genovesi avrebbero preso alla lettera, il 25 aprile 1945.

Il convegno

roberto-fioreLe prime parole sono di ringraziamento per la sezione genovese di Forza Nuova, che, come ricorderà anche Fiore, sta prendendo spazio in una «piazza critica» come quella del capoluogo ligure, e si sta distinguendo per il lavoro di propaganda nelle scuole e di assistenza a quegli italiani colpiti dalla crisi economica e dalla disoccupazione. Il primo a prendere la parola è Yvan Benedetti, militante storico della ultra-destra d’oltralpe, che attacca le istituzioni e i partiti francesi per la gestione migranti e ricorda la crisi demografica della nazione francese. Un tema questo che sarà focale in tutti gli interventi che seguiranno. Dopo di lui è il turno della delegazione rumena, che tratteggia il clima di sfiducia e rabbia che assedia i palazzi del potere di Bucarest, ricordando come i «compagni, ehm scusate, i camerati nazionalisti locali» stiano facendo «un gran lavoro» per cogliere e alimentare questo vento di cambiamento.

Segue Nick Griffin, ultranazionalista inglese, che tra le altre cose ha fondato l’azienda Easy London (un portale che aiuta i giovani “europei” a trasferirsi a Londra, trovandogli casa e lavoro, e i cui ricavi vengono utilizzati per finanziare anche iniziative politiche), e che incentra il suo intervento sulla lotta demografica: secondo il britannico, infatti, ogni nazionalista ha il dovere politico di mettere al mondo più figli possibile, per evitare il «genocidio delle nostre nazioni». Ed è proprio su questo terreno che «bisogna distinguersi dai quei movimenti di destra che scendono a compromessi su tematiche come l’aborto». Entra nello specifico parlando di Trump, il cui operato potrebbe essere inficiato da esponenti dell’Alt-Right (che sta per Alternative Right, un movimento fondato sul nazionalismo bianco, considerato dalle destre ultra-conservatrici troppo riformista) mentre «noi siamo l’Eternal Right, ovvero la Giustizia eterna» conclude Griffin tra l’entusiasmo dei militanti.

Ecco poi l’intervento di Udo Voigt che, tra gli applausi, ricorda come nelle settimane scorse la Corte costituzionale tedesca abbia respinto la messa al bando del suo partito, il NPD: «Se difendere la nazione germanica, le sue tradizioni e i suoi valori vuol dire essere nazisti, allora sì, siamo nazisti». Segue un attacco al capitalismo globale e ai burocrati che hanno tradito l’idea di un’Europa fondata sulle identità e le tradizioni delle nazioni.

Nel frattempo la calca nella stanza è aumentata: sono fatte portar via le sedie, per permettere a più persone di assistere, «tranne quelle per le nostre donne», come suggerito al microfono. Ed è proprio dalle donne che incomincia l’atteso discorso di Roberto Fiore: «Noi italiani lo sappiamo bene, le nostre donne sono il fulcro nella nostra nazione, e per questo dobbiamo difenderle – spiega – come dobbiamo difendere l’importanza dell’unione tra un uomo e una donna». Il leader-fondatore di Forza Nuova porta Putin e Trump come esempi da seguire per il loro impegno nazionalistico. In particolare, viene ricordata la lotta contro l’aborto messa in atto dal presidente russo, paradossalmente già anticipata da Stalin, ma interrotta da Chruscev: «Dal 1953 in Russia sono stati praticati circa 230 milioni di aborti, un vero genocidio per la grande nazione russa». Dopo la digressione storica, Fiore arriva al presente, interpretando alcuni segni congiunturali come un’inequivocabile evidenza del «vento che sta cambiando»: dalla crisi economica alla crisi migratoria, contesti in cui i nazionalisti «porteranno avanti la loro rivoluzione» i cui semi sono già in circolazione, anche se spesso in maniera inconsapevole e non riconosciuta. Porta un esempio: l’icona di Anonymous, la maschera ispirata a Guy Fawkes, che, secondo Fiore, è una figura-simbolo del nazionalismo britannico che agì in difesa dei valori della patria, e che negli ultimi anni è presenza fissa nelle grandi manifestazioni di piazza anti-sistema.

Disagio

Un dettaglio, questo, che attira la mia attenzione, innescando una serie di considerazioni che porteranno al disagio di cui sopra. Quali sono, quanti sono e quanto sono diffuse idee e simboli, magari sdoganati inconsapevolmente, che rappresentano i prodomi di ideologie come il fascismo? Quanto terreno è stato perso nell’ambito della cultura dei diritti dell’uomo e dei popoli? Quanto sono diventati quotidiani e massificati i germogli del razzismo, della xenofobia, dell’odio, del sessismo e dell’iniquità sociale? Banale è dire che nei periodi di crisi, i populismi germinino, ma preoccupante è non avere un riferimento vero e solido che li sappia arginare. Forza Nuova è solo un esempio, con il suo processo di “ripulitura” in corso da anni: durante il convegno non si è visto un saluto romano e nessun diretto revisionismo e “nostalgicismo”. Ma quanto di quello sentito in questa conferenza lo si può sentire, anche in parte, in contesti ben più mainstream? «Quelli qua fuori (riferendosi alla contro-manifestazione, ndr) dicono che le nostre idee sono da temere – conclude Fiore – ma non sanno che sono questi combattenti (riferendosi ai militanti, ndr) che sono da temere». Una frase che funziona meglio capovolta, senza dubbio.

 

Esco, il contro-corteo si è sciolto da un po’ e la polizia sta smantellando la “zona rossa”, riportando Genova alla sua normalità. I dubbi e il disagio, dopo qualche ora si placheranno: anche raccontare e documentare il nero può avere un significato, perché l’indifferenza è il primo passo della resa, e il terreno dei diritti, della giustizia e dell’equità sociale deve continuare ad essere presidiato, per riconoscere e disinnescare mistificazioni pericolose. Ed è per questo che l’antifascismo rimane un valore imprescindibile, oggi come ieri.

Nicola Giordanella


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