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I Figli di Eracle, l’analisi psicologica dello sport da combattimento per prevenire la violenza

Un progetto che nasce da due psicologi e un esperto di discipline da combattimento per sfatare lo stereotipo che questi sport siano una manifestazione. Tutt'altro. Chi sfoga la rabbia in un percorso sportivo di crescita personale aiuta a prevenire la violenza sociale...e magari può diventare un campione olimpico come il judoka Fabio Basile o il fiorettista Daniele Garozzo


8 Agosto 2016Notizie

basile-garozzo“I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall’interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una volontà, una visione”. Firmato Muhammad Ali, alias Cassius Clay. Quale miglior modo per festeggiare le medaglie d’oro numero 200 e 201 della storia delle Olimpiadi estive italiane, arrivate da Rio 2016 nella sera di domenica 7 agosto dagli ippon di Fabio Basile e dal fioretto di Daniele Garozzo?

Ma che cos’hanno in Comune uno dei più grandi pugili della storia e i due giovani campioni italiani? Semplice: boxe, judo e scherma, assieme a molti altri, sono tre sport da combattimento. E che cosa c’entra tutto questo con Genova ed Era Superba? Scopriamolo insieme.

I figli di Eracle, lo sport da combattimento per prevenire la violenza

imageAll’ombra della Lanterna, nel 2015, grazie alla passione e all’intuizione di tre amici, nasce I Figli di Eracle un progetto per diffondere la cultura dello sport da combattimento e per prevenire atteggiamenti violenti e antisociali, attraverso l’analisi psicologica delle discipline da combattimento. Un’idea che fa del motto di Muhammad Ali il proprio modus vivendi.

L’idea nasce dall’interesse per la psicologia analitica degli sport da combattimento e le risonanze che queste attività possono avere sull’individuo e sul mondo sociale. Secondo i fondatori del progetto, gli atleti quando combattono, lottano contro i propri limiti – nell’intervista post medaglia, Fabio Basile ha dichiarato di aver imparato il «piacere di soffrire» – entrano nei “ring”, sui tatami e sulle  pedane dove l’altro è uno specchio di se stessi. Il coraggio, il dolore, il sacrificio, la determinazione raccontano la storia di un atleta e di uno sport e, allo stesso tempo, parlano della possibilità dell’ uomo di andare oltre i propri limiti e oltre le proprie paure per diventare simbolo di un uomo migliore.

«In nostro obiettivo è quello di dare una giusta visione degli sport da combattimento come attività che possa aiutare l’atleta ad acquisire consapevolezza di sé e dei propri limiti» racconta a “Era Superba” Mario Ganz, psicologo clinico, esperto in psicologia dello sport e uno dei fondatori dell’iniziativa. «Attraverso queste discipline – prosegue –  lo sportivo tira fuori quella rabbia che è insita in ognuno di noi. Chi lascia uscire e sfoga questa rabbia, non corre il rischio di diventare elemento violento nella società». Secondo gli ideatori dei Figli di Eracle, attraverso queste discipline sportive è possibile prevenire la violenza. Il progetto vuole abbattere lo stereotipo dello sport da combattimento come manifestazione di violenza ma identificarlo come aiuto di crescita personale dell’atleta. «Con i Figli di Eracle vogliamo creare una cultura dello sport da combattimento, offrire formazione psicologica a tutti gli atleti e amatori di queste discipline e diffondere consulenza psicologica nello sport» conclude Ganz.

Perché il nome “I Figli di Eracle”

i figli di eracle«La nostra società oggi più che mai ha bisogno di esempi positivi, di persone autentiche che rappresentino la voglia di cambiare, la voglia di farcela». E’ quanto sostengono i fondatori del progetto, una teoria che non vale solo per gli atleti ma per ognuno di noi e che, del resto, riprende uno dei pensieri della mitolgia greca. Il nome “I Figli di Eracle” infatti, non nasce dal caso: «Se l’atleta si muove sulle orme di Ercole, sarà più di un semplice sportivo, sarà un esempio, un modello di successo e di forza psicologica e fisica. Se inserito in un contesto sociale dove può esprimere la propria capacità per aiutare qualcun’altro a vincere le sfide quotidiane, non sarà solo un atleta, ma un eroe come lo fu Eracle». Fino a oggi, secondo gli ideatori del progetto, al fianco dei tanti “atleti da combattimento” si vedono solo preparatori atletici o motivatori, mai una figura psicologica che possa accompagnare gli sportivi in un percorso di crescita personale. «Cerchiamo di capire il perché esista un interesse verso questi sport – ci raccontano gli ideatori – se sia un bisogno psicologico di tornare a conflitti leali ed espliciti dove lo scontro diventa un incontro reale con regole precise o se si voglia mettere in atto un duello contro se stessi e conoscere i propri limiti».

Obiettivi raggiunti e da raggiungere

I Figli di Eracle nasce nel 2015 da tre amici, Andrea Vianello, psicoterapeuta di Mestre, Marco Rigon, appassionato e esperto di sport da ring, e Mario Ganz, psicologo clinico genovese, esperto in psicologia dello sport che collabora con lo staff medico del team Leone Petrosyan, fondato dal chirurgo genovese Loris Pegoli. «Il progetto è nato da un interesse comune, un’idea condivisa. Il tutto si è concretizzato dopo avere incontrato Alessio Sakara e Samuele Sanna, due grandi atleti negli sport da combattimento. Grazie a loro ci siamo convinti a fondare il progetto e andare avanti».

Dai Figli di Eracle, lo scorso hanno in Veneto è nata una conferenza durante la quale sono intervenute tre atlete – Jleana Valentino, campionessa europea di Muay Thai, Imane Kaabour, ex pugile Gleason’s Gym di New York, insegnante di Boxe presso la palestra KBC a Genova e Adriana Riccio, campionessa europea di Taekwondo e istruttrice e coach della nazionale italiana – che hanno rappresentato l’essenza del progetto: hanno raccontato la loro esperienza di atlete e di donne in sport che spesso vengono declinati al maschile, hanno detto al pubblico di come hanno raggiunto traguardi internazionali e di come la disciplina sportiva abbia forgiato la loro esperienza di vita e una crescita interiore. «Ci piacerebbe organizzare l’incontro fatto a Mestre anche in Liguria – dice il nostro interlocutore – non solo perché sono genovese, ma anche perché la nostra è una regione che sta avendo ottimi successi nel mondo del fighting». Per ora, Genova e la Liguria in generale, secondo i fondatori del progetto, hanno risposto positivamente all’iniziativa di I figli di Eracle. Il primo successo è stato la collaborazione con la palestra di boxe americana KBC nel centro storico genovese, «ora siamo in contatto per le prossime stagioni con alcuni team liguri che hanno dimostrato molto interesse: andremo avanti con determinazine».

 Elisabetta Cantalini


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