Siglato accordo fra azienda, enti pubblici e sindacati per il futuro di Amiu. Non ci sono riferimenti all'ingresso di capitali privati, ma la strada in tal senso sembrerebbe già segnata. I conti dell’azienda sarebbero molto vicini al collasso e difficilmente si potrà andare avanti solo con le casse pubbliche. Intanto la Regione ha siglato un nuovo accordo con il Piemonte per il conferimento di 149 mila tonnellate di rifiuti della provincia di Genova
Scongiurato lo sciopero Amiu. Il servizio di raccolta dei rifiuti sarà regolare anche lunedì 4 e martedì 5 maggio, evitando così il replicarsi di spiacevoli accumuli di spazzatura a ridosso del ponte del primo maggio, come accaduto invece durante le vacanze natalizie. La sospensione dell’agitazione è stata confermata oggi pomeriggio, dopo la sigla dell’accordo tra Regione, Città Metropolitana, Comune, azienda e organizzazioni sindacali sul futuro di Amiu.
Come ampiamente circolato già a partire dalla serata di ieri, l’accordo prevede che entro fine 2015 la raccolta differenziata raggiunga il 42% e il 50% a fine 2016. Comune e Amiu dovranno individuare entro la fine di giugno l’area che ospiterà il biodigestore (in ballottaggio ci sono gli spazi ex Colisa ed ex Ilva), il cui progetto preliminare dovrà essere pronto entro fine anno e approvato dalla Città Metropolitana entro giugno 2016. A riguardo, inoltre, la Regione si impegna a trasferire risorse economiche europee derivanti dai fondi FESR. Inoltre, la Città Metropolitana si impegna ad approvare il piano relativo all’impiantistica del ciclo dei rifiuti entro luglio, mentre un mese prima dovrà essere siglato l’accordo tra tutti gli enti pubblici locali per la gestione del percolato di Scarpino indentificandone la migliore soluzione impiantistica e i relativi finanziamenti, attraverso l’impegno della Regione e il coinvolgimento dei Ministeri competenti. Infine, mentre Amiu si impegna a espletare tutte le procedure per la riapertura di Scarpino, la Regione ha siglato un nuovo accordo con il Piemonte per il conferimento di 149 mila tonnellate di rifiuti della provincia di Genova.
In allegato all’accordo siglato questo pomeriggio, che conferma la condizione fondamentale del mantenimento dei livelli occupazionali e la salvaguardia delle attuali condizioni contrattuali di lavoro in Amiu, viene inserito uno schema programmatico (consultabile qui) per riassumere impegni e responsabilità che ogni ente pubblico si è assunto riguardo le diverse aree di criticità dell’azienda. Stralciato, invece, ogni riferimento all’ingresso di capitali privati in Amiu, anche se questa strada sembra sempre più ineluttabile per il mantenimento in vita della società.
A seguito della contrattazione è stata aggiornata la commissione comunale odierna dedicata all’approfondimento della delibera sul riordino delle partecipazioni del Comune di Genova in altre società. I sindacati, infatti, non sono riusciti a raggiungere Tursi creando, tuttavia, l’ennesimo intoppo istituzionale: nell’ordine del giorno del prossimo Consiglio comunale, previsto martedì 5 maggio, era già in calendario la discussione e la votazione sulla stessa delibera che, tuttavia, l’aggiornamento della Commissione odierna ha impedito di licenziare. Tutto rinviato quantomeno di una settimana.
Non ha però torto l’assessore Miceli a ricordare che «quella in esame non è una delibera su Amiu perché le società partecipate dal Comune di Genova sono decine. Dalla discussione che è sorta sembra che si tratti della delibera che decide i destini di Amiu ma, in realtà, su questa azienda ci si limita solamente a ribadire quanto già affermato a novembre 2013. E cioè che Amiu necessita di un partner industriale. Tutte le altre discussioni anticipano una discussione che dovrà essere fatta successivamente».
Sul tema è già stata convocata un’apposita riunione di Commissione comunale per venerdì prossimo, nel corso della quale si dovrebbe anche fare luce sulle modifiche del piano industriale di Amiu in seguito all’approvazione del piano regionale dei rifiuti.
Il nodo più importante da sciogliere resta quello legato ai soldi: chi e soprattutto come pagherà la messa in sicurezza di Scarpino 1 e le innovazioni tecnologiche previste dal nuovo piano industriale? E ancora: come verranno coperti i maggiori costi dell’azienda che, dalla chiusura della discarica sestrese, spende circa 2,5 milioni di euro al mese per lo smaltimento? Qualcosa in più sicuramente si inizierà a capire dopo il consiglio di amministrazione di Amiu in corso in queste ore, in cui dovrebbero finalmente essere fatti i conti nero su bianco. Le ultime indiscrezioni sembrerebbero confermare l’assoluta necessità di un’iniezione di denaro fresco: i conti dell’azienda sarebbero molto vicini al collasso e difficilmente si potrà andare avanti solo con le casse pubbliche. In proposito, si fa sempre più concreta la voce di un interessamento di Iren.
Ma non tutte le forze politiche sarebbero d’accordo. Se, infatti, il Pd spinge sull’acceleratore per la vendita, le sinistre di Tursi non sono dello stesso avviso. «In questo momento – commenta il consigliere di Lista Doria, Luciovalerio Padovani – Amiu è certamente in forte sofferenza e mi chiedo, quindi, se sia opportuno procedere alla “valorizzazione” dell’azienda con l’ingresso di capitali privati o se non ci si esponga al rischio che la società possa essere svenduta piuttosto che valorizzata. Lascerei una porta aperta a diverse soluzioni che non comportino l’obbligo di cedere quote e di condividere il controllo dell’azienda con altri. Ad esempio, si potrebbe identificare un socio finanziario (non necessariamente industriale) oppure la partnership potrebbe limitarsi ad aggregazioni di scopo con la finalità di gestire insieme gli impianti. Almeno sulla carta, la possibilità di accesso a finanziamenti (cassa depositi e prestiti?) potrebbe darci il vantaggio di realizzare gli investimenti necessari, di mantenere il controllo dell’azienda più vicino a noi, senza necessariamente cedere quote di proprietà. In sostanza, quando si parla di partner industriale, si parla di Iren che è sì una società a controllo pubblico ma, come abbiamo visto, nel momento in cui la gestione strategica si allontana dal territorio, c’è il rischio di una riduzione sostanziale della capacità di governo dei processi e delle scelte da parte dell’azionista di riferimento». La discussione pubblica in Sala Rossa e privata in maggioranza si annuncia molto più che accesa.
Simone D’Ambrosio