La sua bellezza nordica e glaciale può erroneamente portare a pensarla una donna fredda e austera, ma basta sedersi con lei in qualche bel locale dei vicoli, davanti a un buon prosecco, per capire quanto questa donna sia speciale. E' Anna Chieregato la protagonista della seconda puntata della rubrica "Con quella faccia un po' così..." interamente curata da Veronica Onofri
Tutti a Genova conoscono Anna Chieregato, che per molti anni ha raccontato la nostra città: è stata, infatti, una delle giornaliste più apprezzate di Primocanale per diversi anni e la voce di Radio Babboleo.
La sua bellezza nordica e glaciale può erroneamente portare a pensarla una donna fredda e austera, ma basta sedersi con lei in qualche bel locale dei vicoli, davanti a un buon prosecco, per capire quanto questa donna sia speciale. Anna è indubbiamente dotata di una personalità molto forte ma è allo stesso tempo molto dolce e passionale, oltre che un ottima padrona di casa.
Questo foto l’ho scattata nella sua casa di Nervi dopo un pranzo a base di pesce, cucinato interamente da lei, che credo avrebbe fatto invidia ai più grandi chef del pianeta.
Quando eri una bambina, quali erano i tuoi sogni “da grande”? E quanti ne hai conquistati cammin facendo?
«Essere una scrittrice. Una scenografa. Una chef. Ed essere felice. Non esattamente in questo ordine. Forse. Da “grande”, ma sono già grande? Continuo a inseguire i sogni che avevo da bambina, raggiunti solo in parte: sono diventata una giornalista – mestiere ben lontano da quello di scrittrice, ci tengo a precisarlo anche se il concetto è chiarissimo – e sono quasi felice. Perché questo “quasi”? Perché non sono scrittrice, né scenografa, né chef. Sul resto ho la consapevolezza di essere privilegiata».
Che cosa ami e che cosa odi di Genova?
«Non sono genovese. Le mie origini appartengono a una città nel passato rivale a Genova: Venezia. Forse lo è ancora, tant’è che non esiste un treno diretto o un volo che le colleghi. E questa è una prima critica, ma non vale, è di parte. Ho un cuore gitano: amo e odio con la stessa intensità . Di Genova, Amo il labirinto dei suoi vicoli, il mare nel suo fondersi con il cielo, la luce e quel “cambiamento di umore” che ne modifica i colori: Genova grigia con la pioggia, Genova dorata quando è illuminata dal sole. Odio come i genovesi hanno smesso di amare Genova, maltrattandola. Vantandosi di doversene andare per realizzare altrove i propri sogni. Questo è vero, ma è la conseguenza del mugugno e dell’avere smesso di amare questa città , da cui si parte senza in fondo potersene andare. Perché poi è qui che un genovese torna sempre. L’ho fatto anch’io, che non sono genovese: andata nel 2004 e ritorno nel 2005».
Se non vivessi a Genova dove saresti e a fare cosa?
«Che domanda. Se non vivessi a Genova vivrei a Venezia. E sarei senz’altro chef! Chef e scrittrice. Bello. Un’ipotesi di vita altrove: bisogna sempre avere un piano B, e questo è il mio».
Esiste un luogo comune sulla “Superba” che ritieni falso?
«No. (ride). Dico sul serio, non scherzo (ride di nuovo)».
Oltre a essere una bravissima giornalista, sei anche un ottima cuoca: il tuo piatto genovese preferito?
«Piatto preferito? Non so scegliere, sono un’eterna indecisa…facciamo cappon magro vs trofie al pesto».
Se una persona per te molto importante venisse a trovarti per la prima volta a Genova dove la porteresti?
«Nei vicoli…abitudine veneziana, solo che qui mancano i famosi baccari, ma per fortuna avete importato lo spritz. A visitare qualche chiesa-gioiello come quella di San Luca. Mercato Orientale…il mio regno per la spesa. Passeggiata di Nervi, per sperimentare la sensazione di infinito, dove la linea dell’orizzonte scompare nella luce o nel buio lunare. A cena da Gian Paolo Belloni, che dal ristorante Zeffirino di via XX Settembre si è spostato a Pieve Alta. O da Cavo, in vico Falamonica, nel cuore del centro storico, con la bellezza del suo salone affrescato. Se la serata e la persona sono speciali, allora diventa inevitabile una cena al Marin , il ristorantino dentro Eataly. Per la vista mozzafiato sul Porto Antico, le luci accese nella notte come su un palco dove lo spettacolo è un concerto dal battito antico: la “musica” delle crocette suonate dal vento sulle barche a vela».
Veronica Onofri