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Sicurezza sul lavoro, dati preoccupanti in Liguria. Pochi tecnici per i controlli, futuro incerto

La Liguria compare in testa alle classifiche nazionali relative agli indici infortunistici sui luoghi di lavoro. Il servizio dell'Asl per il controllo sicurezza tocca ogni anno solo poco più del 5% delle aziende, gli addetti sono solo 30 per oltre 40000 aziende


7 Gennaio 2015Inchieste > EraSuperba57
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Foto di Diego Arbore

Mentre in Italia l’occupazione continua a calare e gli impieghi sono sempre più precari, neppure ai margini del dibattito politico compare un aspetto fondamentale, a maggior ragione in tempi di crisi e di attacco alle residue tutele dei lavoratori: la sicurezza sul lavoro.
I controlli in materia di sicurezza del lavoro, prevenzione infortuni ed igiene sono attribuiti in via generale alle Aziende Sanitarie Locali (ASL), che li esercitano attraverso i servizi Psal – Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro. Di alcune specifiche attribuzioni sono invece titolari i servizi ispettivi delle Direzioni Provinciali del Lavoro (controllo e verifica del rispetto delle normative che regolano i rapporti di lavoro) e le rappresentanze sindacali. Per la tutela della salute dei lavoratori, le ASL sono dotate di particolari poteri, tra i quali rientrano la prescrizione ad adempiere in caso di accertamento di contravvenzioni, ed il potere di accesso e di disposizione, cioè il potere, rispettivamente, di visitare in ogni parte ed in qualunque ora del giorno aziende, cantieri, opifici, laboratori, ecc., nonché i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti, e di imporre al datore di lavoro un determinato comportamento, al fine di colmare eventuali vuoti normativi. Anche i lavoratori, attraverso le loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
In tutta Italia sono meno di 2000 i tecnici della prevenzione dei servizi Psal – operatori della sicurezza sul lavoro, così come definito dal D.Lgs 758/94 (Organo di Vigilanza con qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria) – che dovrebbero garantire i controlli per la sicurezza sul lavoro nei confronti di una platea complessiva di circa 3-4 milioni di aziende. Troppo pochi per svolgere adeguatamente un compito così delicato, mentre l’importanza del loro ruolo spesso non viene riconosciuta sia all’interno delle Aziende Sanitarie Locali sia nella pianificazione regionale, come vedremo nel dettaglio per quanto concerne la Regione Liguria.

L’inchiesta integrale è pubblicata sul numero 57 di Era Superba (dove trovare la rivista). Sostenendo Era Superba puoi ricevere ogni uscita direttamente a casa o sulla tua email (qui maggiori informazioni).

L’unico vero organo di vigilanza in tema di sicurezza negli ambienti/luoghi di lavoro, come detto, sono i tecnici della prevenzione delle Asl, deputati a controllare aziende e cantieri tramite visite ispettive, comminare sanzioni in caso di inadempienze, comunque agendo sempre in via prioritaria a fini preventivi, piuttosto che repressivi. Agli operatori Psal è attribuita la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria.

Il servizio Psal dell’Asl genovese denota gravi carenze di personale e di organizzazione del lavoro. «Quest’anno siamo arrivati addirittura allo sciopero del 3 aprile scorso (ma la vertenza sindacale va avanti da almeno 7 anni, nda) – spiega Vincenzo Cenzuales, tecnico della prevenzione Psal-Asl 3 di Genova, delegato del sindacato autonomo Fials) – penso che il nostro sia l’unico caso in Italia». Nel 2008 l’organico Psal contava 35 tecnici e 13 dirigenti. All’inizio del 2014 il numero dei tecnici è sceso a 29, quello dei dirigenti a 9. La Regione Liguria tra 2008 e 2009 aveva sottoscritto degli accordi con le organizzazioni sindacali (Protocollo 4 Luglio 2008, recepito dalla Delibera di Giunta 97/08; Protocollo 6 Maggio 2009, recepito dalla delibera di Giunta 722/09), assumendo dei precisi impegni in direzione del “…rafforzamento delle strutture regionali deputate allo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo sia con l’incremento degli organici, sia con iniziative continue di aggiornamento e formazione, sia con la valorizzazione delle figure professionali…”, impegni rimasti tuttora disattesi. Nel frattempo l’Asl 3 genovese ha chiesto alla Regione delle “deroghe” al blocco assunzioni, una delle quali è stata finalmente concessa nel corso del 2014 (dopo lo sciopero e l’arrivo della Costa Concordia per le operazioni di demolizione), mentre nel prossimo futuro i tecnici della prevenzione Psal dovrebbero raggiungere nuovamente quota 35 (rispetto alla richiesta dei sindacati di una dotazione organica minima pari a 40 operatori).

Il LEA (Livello Assistenziale di Assistenza stabilito quale obiettivo dalla Regione) prevede per il servizio Psal l’obbligo di visitare almeno il 5% delle aziende presenti su territorio (parliamo di un accesso per ogni azienda). «Se da una parte il numero di infortuni e di ditte da visitare sono diminuiti a causa della crisi economica – spiega Cenzuales – dall’altra sono aumentati i cantieri da ispezionare (secondo indicazioni regionali), e ci sono state attribuite nuove competenze sulla vigilanza delle cave e sul Reach (regolamento sulle sostanze chimiche). A ciò si aggiunge la mole di lavoro per la trattazione delle comunicazioni sugli infortuni gravi che ci arrivano direttamente dall’Inail, a seguito della sottoscrizione del Protocollo Infortuni per iniziativa della Procura della Repubblica».

La Liguria, terra di industrie pesanti, cantieri navali, porti, edilizia e agricoltura (tutte attività considerate ad alto rischio), compare in testa alle classifiche nazionali relative agli indici infortunistici sui luoghi di lavoro. Secondo i dati che siamo riusciti a visionare – numeri non ufficiali, va detto, ma risultato di comunicazioni pervenute al servizio Psal-Asl 3 da vari enti, di conseguenza sottostimati – a Genova nel 2012 gli infortuni sul lavoro denunciati sarebbero stati circa 7.000, di cui circa 2.000 gravi (ovvero con più di 40 giorni di prognosi e perciò procedibili d’ufficio). Nel 2013 il servizio Psal genovese avrebbe ispezionato circa 700 cantieri temporanei mobili (edilizia), e visitato circa 2.000 aziende, poco più del 5% di quelle presenti. La Legge prevede che, in caso di infortuni con prognosi superiore ai 40 giorni, il procedimento parta d’ufficio. Considerando come abbastanza indicativo il rapporto 2000 infortuni gravi su 7000 complessivi in un anno – dai quali vanno sottratti gli infortuni avvenuti in itinere (tragitto casa-lavoro), quelli stradali, gli infortuni che riguardano i titolari, ed altri casi limitati, in pratica poco meno del 50% – gli appena trenta tecnici della prevenzione Psal-Asl 3 dovrebbero eseguire indagini per accertare l’esistenza di eventuali responsabilità relative a circa un migliaio di casi procedibili all’anno. È del tutto evidente come ciò sia impossibile.

I fondi provenienti dalla sanzioni non investiti per migliorare l’attività di prevenzione

erzelli-progetti-edilizia-lavoro-sicurezza-cantiere-d7I servizi che si occupano di sicurezza sul lavoro comminano sanzioni amministrative secondo il meccanismo previsto dal D.Lgs 758/94. Gli introiti di tali sanzioni sono rimasti a disposizione delle varie ASL – senza chiari e definiti vincoli di spesa – fino all’entrata in vigore del D.Lgs 81/08. Il comma 6 dell’articolo 13 del Decreto 81, infatti, recita: “L’importo delle somme che l’ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare, integra l’apposito capitolo regionale per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai Dipartimenti di Prevenzione delle ASL”.
In Liguria fino al 2010 la norma è stata ignorata, e le somme sono state totalmente incamerate dalle Asl. Eppure la Regione con la già citata delibera di Giunta 722/2009 aveva dato alcune indicazioni per promuovere l’utilizzo delle risorse da sanzioni irrogate dagli Psal quali fonti incentivanti agli operatori per svolgere attività preventive.  La delibera, secondo il sindacato Fials, contiene numerosi elementi di criticità, in primis l’indicazione: “…è altresì possibile destinare parte delle risorse al personale interno dell’ente, purché ciò… non costituisca frazione rilevante dell’ammontare del progetto”. I progetti della Asl 3, inoltre, sono criticabili perché non contengono, se non in misura modesta, indicatori di risultato. L’unico obbligo previsto è quello di effettuare le attività come prestazioni aggiuntive. «Nel concreto i progetti si riducono ad un finanziamento sostitutivo dello straordinario – sottolinea Cenzuales – Altro aspetto critico riguarda il fatto che il resto dei soldi viene investito in attrezzature (software, automobili, hardware, fonometri, ecc.) per lo più non “integranti” ma “fondanti” le normali attività. Le risorse economiche vengono così usate per comprare arredi (sedie, armadi e scrivanie) e persino indumenti e DPI (dispositivi di protezione individuale!)». In parole povere, gli addetti ai controlli se non fosse per i proventi delle multe entrerebbero loro per primi nei cantieri senza protezione…

Per capire di quali cifre stiamo parlando ecco alcuni dati relativi all’azienda sanitaria locale genovese: nel 2011 l’Asl 3 ha versato 436.127 € e ottenuto 372.000 (di cui 144.000 per il personale interno); nel 2012 ha versato 281.882 € ottenendo 140.000 (di cui max 70.000 per il personale); nel 2013 ha versato 338.134 € e la Regione esprime la volontà di trattenere per altre incombenze le somme nel frattempo versate per l’anno 2012, mentre a novembre ai lavoratori viene addirittura ventilata la possibilità di un blocco per quattro annualità dello stanziamento dei fondi.

 

Matteo Quadrone

L’inchiesta integrale su Era Superba #57


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