A.L.C.E. rilancia la Zona Franca nel porto, un progetto già legge dal 1991, ma mai messo in atto. Un'idea per utilizzare l'area che verrà liberata dalla centrale Enel sotto la Lanterna, e che potrebbe rilanciare tutta l'economia della città
Una zona franca nel porto di Genova per fare decollare l’economia della Liguria, magari proprio al posto della centrale Enel, in via di smantellamento. E’ la proposta rilanciata da A.L.C.E – Associazione Ligure Commercio Estero, il 22 giugno scorso durante la 71esima assemblea annuale. «Se ci fosse la volontà si potrebbe istituire la zona franca entro fine anno – dice il presidente di A.L.C.E, Riccardo Braggio – abbiamo il via libera dalla Unione Europea, l’approvazione della Regione, il consenso dall’Agenzia delle Dogane. Addirittura venticinque anni fa è stata emanata una legge per mettere in atto questo progetto, che però è sempre stato ostacolato». Le carte in regola ci sono tutte, a confermarlo è l’articolo 2 della legge 202 del lontano 1991 che prevede la possibilità di istituire una zona franca nel ponente del porto genovese, oltre Calata Sanità. Una legge che potrebbe cambiare le sorti dell’economia del capoluogo ligure e di tutta la regione, ma che nonostante abbia superato il quarto di secolo, non è mai stata messa in atto.
«Il porto per definizione ha effetti positivi sul territorio – continua Braggio – genera occupazione e crea ricchezza, ma ad oggi in Liguria solo una parte di questa ricchezza rimane all’interno della regione. I porti rappresentano una grande opportunità di crescita per il territorio solo se vengono attuati piani di sviluppo».
Genova dal 2014 ha perso il primato nazionale in termini di merci movimentate, sorpassata da Trieste che è l’unico porto in Italia a possedere una zona franca. «L’iniziativa porta benefici, lo dimostrano le città che hanno già sviluppato questo progetto – aggiunge Braggio – Con la semplificazione burocratica e la sospensione da dazi e Iva, la zona franca a Genova aumenterebbe il traffico delle merci e agirebbe da traino per lo sviluppo della Liguria e di tutto il Nord Ovest, coniugando le attività del porto con quelle produttive maggiormente capaci di creare occupazione».
Cos’è la zona Franca, benefici e svantaggi
La zona franca è un’area del porto delimitata e videosorvegliata nella quale arrivano le merci dall’estero, prima di essere smistate per il commercio. In questa area vigono benefici sia di tipo amministrativo come la semplificazione burocratica, sia di tipo fiscale come la sospensione da dazi e dall’Iva. «Significa semplificazione legislativa e agevolazioni economiche – aggiunge Braggio – fattori che incrementano il traffico regionale e di conseguenza portano occupazione». Nella zona franca le merci che arrivano in una prima fase vengono trasformate (applicazione delle agevolazioni economiche e delle semplificazione legislativa) e poi trasferite fuori dal territorio regionale. In un porto commerciale come quello di Genova oggi (senza zona franca), le navi scaricano le merci che, una volta caricate sui camion, lasciano subito il territorio e poi vengono trasformate senza godere dei benefici fiscali e legislativi.
Secondo il presidente di A.L.C.E. portare a termine il progetto in Liguria potrebbe dire anche canalizzare a Genova il traffico cinese per l’Europa: «la nostra città potrebbe condizionare positivamente il traffico cinese per l’Europa, come è successo ad Amburgo che da quando è stata creata una zona franca è diventata la città preferenziale per i cinesi. Addirittura nel porto tedesco, per facilitare l’importazione cinese, è stato istituito un ufficio che si occupa dell’etichettatura delle merci. Un passaggio che evita le problematiche della lingua che ci sarebbero se l’etichettatura avvenisse in Cina e velocizza le procedure burocratiche d’importazione».
Zona franca diffusa, tempi e costi
«Se ci fosse la volontà si potrebbe già istituire una zona franca nel porto di Genova, la legge c’è e lo spazio pure. Non costerebbe niente a nessuno. Basterebbe delimitare alcune aree senza costruire muri o recinsione e renderle videosorvegliate per controllare l’ingresso e l’uscita della merce. Abbiamo l’appoggio anche dell’Unione Europea e dell’Agenzia delle Dogane, ma non della città – dice Braggio – Se volessimo entro dicembre potremmo già essere operativi».
Oggi la proposta di A.L.C.E. è di istituire una zona franca diffusa, ovvero non un’unica area ma diverse zone delimitate e videosorvegliate nelle quali applicare benefici di dazi e burocratici. «In questo modo non si toglierebbe spazio e nessuno, tanto meno ai terminalisti. – dice Braggio – Si stanno liberando alcune aree del porto che potrebbero benissimo essere riadattate per la zona franca, come l’area della centrale elettrica di Enel». La legge 202 non pone nessun limite né sulla grandezza della zona franca, né su come deve essere suddivisa, specifica solamente che deve essere creata a ponente di Calata Sanità. All’idea non sono del tutto convinti i terminalisti che alla proposta di A.L.C.E. antepongono progetti considerati più urgenti da realizzare, come la messa a punto della Gronda. «Una cosa non esclude l’altra. Vorrei avere modo di poter spiegare ai terminalisti i dettagli del nostro progetto». Dice Braggio. Manca ancora il benestare dell’autorità portuale, che ha un ruolo fondamentale per mettere in atto la legge, peccato, però, che non esista ancora il nome definitivo del responsabile dell’Autorità Portuale. «Non abbiamo ancora coinvolto l’ammiraglio Pettorino, oggi commissario straordinario dell’Autorità Portuale – conclude Braggio – Bisognerebbe prima ricordare al governo che sulla cartina dell’Italia esiste anche quel piccolo puntino che si chiama Genova. Non possiamo rimanere ancora a lungo senza un responsabile definitivo dell’Autorità Portuale».
Le proposte di zona franca a Genova negli ultimi 50 anni
L’idea di una zona franca nel porto di Genova non è certo una novità, piuttosto è un tema molto caldo, dibattuto da più di cinquant’anni nel capoluogo ligure. Una proposta lanciata per la prima volta nel dopoguerra dal giurista e avvocato Victor Uckmar, fermata dall’allora ministro delle Finanze Bruno Visentini per paura che le industrie del Nord Italia si delocalizzassero a Genova. «La prima proposta – racconta il presidente di A.L.C.E. – non è passata forse anche perché comprendeva sia i benefici doganali e sia quelli fiscali in maniera totale, ovvero si voleva creare un luogo in cui non veniva applicata alcuna tassa». La tenacia dell’avvocato non si è fermata e per una seconda volta rilancia la proposta. Fonda la società Zona Franca Spa, di cui lui era Presidente e nel 1991 riesce a far approvare la legge n 202 che prevede la nascita di una zona franca a ponente del porto genovese. Una norma però che non è mai stata messa in atto perché senza il benestare dell’Autorità Portuale né di Confindustria. Il risultato è che in 25 anni non è ancora stato fatto niente, salvo lamentarsi della crisi del porto e della città.
Elisabetta Cantalini