Alcune indiscrezioni parlano di una prestigiosa collezione pronta per essere donata al Comune di Genova, che diventerebbe riferimento nazionale sulla materia, in linea con la sua Storia. L'inchiesta di Antonio Musarra
La notizia è recente. Ed è di quelle in grado di suscitare clamore. Tanto che se n’è parlato, l’11 maggio, al Workshop “Circulation of people, objects and knowledge across South Eastern Europe and the Mediterranean (16th-19th centuries)”, tenutosi presso l’European University Institut, a Firenze, alla presenza d’illustri islamisti e ottomanisti (oltre che a quella, ben più modesta, del sottoscritto). Genova potrebbe ospitare il più grande museo d’arte islamica e ottomana d’Italia.
È proprio così! Tutti ricordiamo il doppio appuntamento di qualche anno fa promosso dalla Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica (“Arte Ottomana, 1450-1600. Natura e Astrazione: uno sguardo sulla Sublime Porta”) e dal comune di Genova (“Turcherie. Suggestioni dell’Arte Ottomana a Genova”). Ho ancora impressa nella mente la visione del corano appartenuto a Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli (il catalogo della cui biblioteca, peraltro, è stato recentemente rinvenuto in Ungheria: pare contenesse oltre 6000 volumi!). Ebbene: secondo certi “rumors”, l’improbabile stia per diventare possibile. A quanto pare, la Fondazione sta per donare l’intera collezione al comune di Genova affinché sia collocata in maniera permanente in un museo pubblico; verosimilmente Sant’Agostino, che diventerebbe, pertanto, il maggiore polo italiano dedicato all’argomento. Permettendo, dunque, percorsi inusitati di ricerca all’insegna del connubio tra Oriente e Occidente, tra rapporti commerciali e interazioni storiche e artistiche, tra arte islamica e arte cristiana.
La notizia, dunque, è di quelle capaci di rivoluzionare l’apporto culturale a una città, tanto più che la collezione Bruschettini è davvero strabiliante (garantisco: i colleghi islamisti e ottomanisti ne sono perfettamente a conoscenza). Tanto più che un’iniziativa del genere andrebbe nella direzione di quanto, da tempo, vado proponendo: la creazione d’un Museo della Storia della Città, i cui rapporti con l’Oriente (senza per questo trascurare l’Occidente: Colombo insegna) risalgono a tempi antichissimi. Intendiamoci: un’iniziativa di questo genere gioverebbe, senza dubbio, al turismo culturale, che sta vivendo oggi la sua stagione più felice grazie alla valorizzazione del patrimonio UNESCO; ma immaginiamo le possibilità derivanti dall’attirare a Genova i migliori esperti di tutto il mondo sull’argomento, e, dunque, dall’organizzazione di convegni e dibattiti su un tema che, dopotutto, ci riguarda da vicino e che Genova ha sempre affrontato egregiamente anche in termini d’integrazione: il rapporto tra mondi diversi eppure profondamente interconnessi. D’altra parte, gli abitanti di questa città non sono forse “Arabi convertiti al Cristianesimo, discendenti di Jabala b. al-Ayham al-Ghassānī, che divenne cristiano in Siria”? O, almeno, è così che la pensava il geografo arabo Abū ‘Abdallāh Muḥammad b. Abī Bakr al-Zuhrī, vissuto in pieno XII secolo, secondo il quale
questa gente non assomiglia ai Rūm [i Romani: i bizantini e, per estensione, i Latini] in fisionomia. Mentre i Rūm sono in genere biondi, questi sono bruni, con occhi neri e nasi aquilini. È per questo che si dice che siano di origine araba. Sono mercanti [che viaggiano] per mare dalla Siria alla Spagna e sono potenti sul mare
Insomma, i rapporti tra Genova il mondo arabo-islamico e ottomano hanno informato di sé gran parte della nostra storia. Ecco, dunque, la proposta. Perché non inserire un percorso di questo genere – giustamente da valorizzare in maniera autonoma – all’interno d’un complesso più vasto dedicato alla Storia della Città? Quel che mi piacerebbe che si realizzasse, in sostanza, è un grande cantiere della storia genovese che non è altro, poi, che storia mediterranea nuda e cruda: un Museo capace di rivolgersi a un pubblico vasto e variegato, in maniera scientificamente accurata ma anche squisitamente divertente (‘ché le due cose non vanno affatto in direzioni ostinate e contrarie); un Museo che sappia parlare ai Genovesi (“vel qui pro Ianuensibus distringuntur seu appellantur”, come nel mio caso) delle innumerevoli interazioni di cui Genova fu protagonista nel corso della propria storia, valorizzando i contatti profondi con le opposte sponde del Mediterraneo; un Museo che abbia come obiettivo quello di condurre una città che s’affaccia timidamente sul palcoscenico globale verso il posto che merita.
Insomma, caro sindaco entrante, “cogli la rosa quando è il momento…”
Antonio Musarra